L’Istat stima che in Italia la popolazione residente scenderà a 59 milioni nel 2045 e a 54,1 milioni nel 2065. Un’analisi che prevede che il Mezzogiorno perderebbe popolazione per tutto il periodo mentre nel Centro-nord, dopo i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo, si avrebbe un progressivo declino della popolazione soltanto dal 2045 in avanti.
L’Istat ha diffuso questa mattina il report “Il futuro demografico del paese” con le previsioni regionali della popolazione residente al 2065. È previsto negli anni a venire uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del paese. Nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale.
Sulla base dello scenario mediano, spiega l’Istat, la prospettiva di un pur parziale recupero della fecondità (da 1,34 figli per donna nel 2017 a 1,59 entro il 2065) non basterà a determinare un numero di nati che risulti, anno dopo anno, sufficiente a compensare l’aumentato numero di morti. Fino al 2040 le nascite dovrebbero mantenersi costantemente in un intorno di 460-465 mila unità annue. Parallelamente i decessi tendono a salire in misura progressiva da 646 mila nell’anno base a 736 mila nel 2040.
Negli anni successivi le nascite tendono ulteriormente a contrarsi, fino a un minimo di 422 mila unità nel 2059, anno dopo il quale la situazione si stabilizza intorno a un valore finale di 424 mila nel 2065. Nel medesimo periodo i decessi, sotto la spinta del progressivo invecchiamento della popolazione, continuerebbero ad aumentare fino a un massimo di 854 mila unità nel 2058. Dopo tale anno, via via che andranno a estinguersi le generazioni del baby boom nazionale, il numero di decessi diminuirebbe fino a 825 mila entro il 2065.