La crisi economica e la crescita della disoccupazione hanno avuto evidenti conseguenze sui consumi e sullo stile di vita degli italiani, ma questa ricaduta incide anche sulla salute? La risposta è sì
secondo lo studio “Impatto della crisi economica sulla prevenzione cardiovascolare”, coordinato da Gaetano Crepaldi dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova (In-Cnr) e da Maria Grazia Modena dell’Università di Modena-Reggio Emilia. Dal documento, nel confronto tra i dati del periodo precedente la crisi (1998-2002), e quelli del 2008-2012, emerge un aumento di condizioni a rischio, in quanto salute e buone abitudini appaiono correlate con reddito e scolarità.
“Tra le persone con minor scolarizzazione a soffrire di diabete nel primo periodo era il 16,3% degli uomini e l`11,6% delle donne, che nel periodo di crisi passano rispettivamente a 17,7% e 13,2%. L’obesità colpiva tra 1998 e 2002 il 21% degli uomini e il 28 delle donne, che nel secondo periodo sono diventati rispettivamente il 29,1 e il 35,5%. L’ipercolesterolemia è cresciuta dal 21,3% dei maschi e 28 delle femmine, rispettivamente al 40 e al 45,6%”, sottolinea il ricercatore dell`In-Cnr. “Solo nell’abitudine al fumo di sigaretta si registra un calo: negli uomini si passa dal 32,6% al 25,2% e nelle donne dal 19,4% al 18%”.
Lo stesso confronto è stato effettuato sul gruppo di popolazione a più alta scolarizzazione, sempre mettendo a confronto il 1998-2008 con il 2008-2012: in questo caso si registra una situazione più variegata. “La percentuale dei maschi affetti da diabete si riduce dal 9,9% all`8,6% e delle donne dal 4 al 3,7%; l’obesità è invece in crescita sia tra gli uomini, dal 13,4 al 21,8%, che tra le donne dall`11,7 al 17,2%; l’ipercolesterolemia è in calo tra i primi (dal 43,7 il 31,7%) ma in aumento tra le le seconde (dal 22,1% al 32,4%). In calo anche l’abitudine al fumo, che passa negli uomini dal 29,3% al 20,6% e nelle donne dal 26,7% al 21,3%, quest’ultimo è anche l’unico dato in controtendenza nel confronto con le meno scolarizzate, dove fuma il 18%”, aggiunge Maria Grazia Modena.
Queste differenze si allineano a quanto evidenziato dai dati Istat, che correlano reddito e scolarizzazione nel definire lo stato di benessere. “Gli stili di vita meno salutari, quali scarso esercizio fisico e un’alimentazione poco sana, spesso appaiono legati a minore reddito e scolarità – continua Modena – “I dati relativi al 2013 indicano che, tra i più informati a livello nutrizionale, il 35,3% seguela Dieta mediterranea e l’obesità colpisce il 25%, contro il 31% di seguaci di questo tipo di alimentazione e il 41,5% di obesi riscontrati tra i meno informati”, conferma Crepaldi. “La Dieta mediterranea aiuta a prevenire malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore, permette una maggiore disponibilità e utilizzo di micronutrienti e antiossidanti e si dimostra utile al mantenimento di un buono stato di salute”.