La riforma del terzo settore è legge ora la palla passa ai decreti attuativi su cui hanno aspettative sia i sindacati dei lavoratori che le imprese che operano nel settore. Il governo ha dichiarato che “la riforma del terzo settore è un’altra sfida vinta.”
“Un percorso ad ostacoli durato circa due anni e fatto di dialogo, audizioni, coinvolgimento, integrazioni, ma che credo raccolga le istanze che in questi anni le associazioni, le cooperative, le imprese sociali, gli enti e i giovani ci hanno trasmesso”. Ha dichiarato l’On. Luigi Bobba, Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, a conclusione dei lavori d’Aula che hanno visto la riforma concludere l’iter legislativo.
“Le novità -aggiunge Bobba- sono davvero tante, penso alla riforma dei Centri di Servizio per il Volontariato, oppure all’ introduzione di misure agevolative volte a favorire gli investimenti delle imprese e delle cooperative sociali, all’ istituzione del Servizio Civile Universale, alla revisione dei criteri di accesso all’istituto del 5 per mille, alla nascita della Fondazione Italia Sociale. La decisione del Governo di investire in questo ambito è tangibile, anche in termini economici, se si pensa non solo agli stanziamenti nella Legge di Stabilità, (140 milioni nel 2016, 190 per il 2017 e il 2018), ma anche al Fondo per sostenere i progetti delle associazioni delle organizzazioni di volontariato”.
“Con questa riforma, e con i successivi decreti legislativi – conclude il Sottosegretario – si dà piena attuazione a quanto previsto dall’ articolo 118 della Carta Costituzionale, ovvero l’impegno programmatico delle istituzioni della Repubblica nel favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale”.
Anche il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti si dichiara soddisfatto in quanto “Il social act fa un altro importante passo in avanti: con la riforma del Terzo Settore, che realizza un impegno assunto dal governo, si costruisce un tassello essenziale delle nuove politiche sociali del nostro paese”.
“Con la riforma -sottolinea Poletti- si definiscono misure per favorire la partecipazione attiva e responsabile delle persone, con importanti elementi di novità per tutto il mondo dell’associazionismo, compresa l’impresa sociale; senza dimenticare l’introduzione del Servizio civile universale, cioè aperto a tutti e su base volontaria, per offrire ai giovani tra i 18 ed i 28 anni l’opportunità di realizzare esperienze di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva il cui valore formativo possa essere riconosciuto in ambito universitario e nel lavoro”.
“Con questo intervento -aggiunge il Ministro- si dà un importante sostegno alla costruzione di un buon futuro dell’Italia fondato su una società inclusiva, capace di coinvolgere a pieno le energie e le potenzialità di cui il nostro paese dispone in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, di far agire insieme le istituzioni e le organizzazioni sociali per aiutare le persone più svantaggiate ad uscire dalla loro condizione di emarginazione e di difficoltà”.
“È questa l’essenza – conclude Poletti – di quello che definisco il ‘social act’, ovvero un complesso di azioni che il governo sta promuovendo che parte dalla riforma del Terzo Settore e passa per il Piano nazionale e la legge delega per la lotta contro la povertà e per l’inclusione sociale, per la legge ‘dopo di noi’ e per tutte quelle politiche attive finalizzate a promuovere opportunità per le fasce più deboli della popolazione”.
Non sono dello stesso parere i sindacati che soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento delle parti e delle cittadinanza hanno qualcosa da ridire. “Quella approvata è una riforma senz’anima: manca un disegno complessivo e il testo, pur avendo accolto alcune osservazioni unitarie di Cgil, Cisl e Uil che ne hanno attenuato la deriva commerciale, mantiene contraddizioni e criticità. Si arriva alla legge dopo un confronto insufficiente, ora chiediamo che se ne avvii uno serio sui decreti attuativi”. Questo il giudizio di Stefano Cecconi, Responsabile Politiche della Salute, Non Autosufficienza, Terzo Settore e Dipendenze della Cgil nazionale, sulla legge di riforma del Terzo settore approvata in via definitiva.
“Il testo licenziato dalla Camera – continua Cecconi – mantiene contraddizioni e criticità, come la nascita della Fondazione Italia Sociale, che rischia di incentivare un welfare filantropico senza diritti sociali esigibili, non essendo accompagnata dalla definizione del pilastro principale delle politiche sociali, cioè i Livelli Essenziali delle prestazioni adeguatamente finanziati”.
Il dirigente sindacale sottolinea che “tuttavia, sono state accolte alcune osservazioni unitarie di Cgil, Cisl e Uil, con le quali avevamo espresso forti preoccupazioni sulla ‘deriva commerciale’ impressa al Terzo settore. In particolare – spiega – sulla disciplina sull’impresa sociale e sul rischio conseguente che logiche di mercato irrompano nei servizi del welfare, già duramente colpiti dai tagli alla spesa per la protezione sociale”.
“Ma, soprattutto, quella che è stata approvata è una ‘riforma senz’anima'”, ribadisce Cecconi, secondo cui “manca un disegno più complessivo in cui inserire la riforma: sullo sviluppo dell’economia sociale e del volontariato, su come questa contribuisca all’evoluzione del welfare in senso più universalista e più equo e sugli effettivi strumenti di partecipazione democratica dei corpi intermedi (associazioni, sindacati, cittadinanza)”.
“Il confronto sulla legge è stato insufficiente, ora ci auguriamo che si apra davvero con le associazioni e il sindacato sui decreti attuativi – conclude Cecconi – visto che il settore svolge attività sociali ed economiche per milioni di cittadini, occupa quasi 1 milione di dipendenti (direttamente quasi 700mila addetti, più 300mila lavoratori esterni) e vede operare oltre 4 milioni e mezzo di volontari”.
Giuseppe Guerini presidente di Federsolidarietà – Confcooperative ha dichiarato che il testo della riforma è “migliore sotto molti aspetti quello presentato dal Governo per la legge delega sulla riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale”. Per questo motivo si augura che questa riforma “sia il preludio a una stagione d’innovazione sociale e istituzionale e rimaniamo in attesa dei decreti legislativi sperando che non deludano le aspettative – spiega Guerini –. Il nuovo testo accoglie le richieste avanzate dalle organizzazioni del Terzo settore, dalle cooperative sociali e dalle imprese sociali riguardo la modifica del Codice civile per la parte che riguarda associazioni e fondazioni, rimasta tale e quale da 74 anni: dal 1942; i cambiamenti alla disciplina dell’impresa sociale, che in 10 anni non ha dato i risultati auspicati, e infine la riforma del servizio civile, che potrà essere una leva importante per l’impegno dei giovani, anche stranieri”.
“Le modifiche del codice civile sono il vero banco di prova per raggiungere quella distinzione tra soggetti e attività meritevoli dei benefici fiscali e delle tutele riconosciute alle attività di vera utilità sociale, da quelle che invece, pur dignitose e legittime, rispondono a obiettivi e interessi circoscritti – aggiunge –. Ci attendiamo anche passi avanti per aumentare il livello di trasparenza, la semplicità e l’efficacia dei controlli, la coerenza tra scopi statutari e modelli organizzativi delle varie forme in cui si articolano gli enti del Terzo settore e le strutture di supporto, tutela e servizio, non ultimi i CSV, ai quali la delega si propone di dare una nuova regolamentazione.”
“Importante inoltre la possibilità di assegnare alle organizzazioni di Terzo settore e alle imprese sociali immobili pubblici e beni culturali e ambientali inutilizzati. Una novità che permetterà di sviluppare il potenziale dei territori, specie quelli a vocazione turistica, e di valorizzare i beni abbandonati dal pubblico o confiscati alla criminalità organizzata” ha concluso Guerini.