Nasce una nuova associazione di rappresentanza delle famiglie con non autosufficienti a carico. Professione in Famiglia ha come scopo la partecipazione ai negoziati e alla stipula del nuovo contratto nazionale di lavoro del lavoro domestico.
Il presidente dell’associazione, Aldo Amoretti, ex sindacalista della Filcams Cgil, spiega al diario del lavoro che il progetto “è nato dopo che ci si era resi conto che mancava un’associazione che rappresentasse le famiglie di media borghesia o più povere che necessitano di assistenza nella gestione di persone non autosufficienti”.
Il contratto vigente, prosegue, “è ispirato alla tipologia del lavoro industriale e non è corrispondente alle esigenze di chi lavora nell’assistenza domestica. Serve una semplificazione dell’impianto contrattuale e una sua riconversione all’idea di un lavoro fondato sulla collaborazione tra le part. Noi pensiamo che bisognerebbe ragionare su un’articolazione territoriale del sistema delle relazioni tra le parti e della bilateralità. Ciò potrebbe riguardare soprattutto gli strumenti della conciliazione e della formazione”. Professione in famiglia, sottolinea Amoretti, e’ aperta sia alla partecipazione delle persone sia a quelle di altre associazioni che vogliano collaborare. Tra le piu’ recenti adesioni, la Mutua Cesare Pozzo, che ha più di 3mila iscritti. Inoltre, sono in corso molti altri contatti con associazioni interessate.
Amoretti ricorda che “la società dell’invecchiamento, fondata su modelli assistenziali sempre più complessi e su misura centrati sulla domiciliarità, richiede personale formato con adeguate competenze”. Dunque, l’associazione propone, per esempio, corsi di formazione per gli immigrati sulla conoscenza della lingua italiana, sulla costituzione e legislazione. Ancora, devono essere formati sulle attività di prevenzione, cura e riabilitazione dell’assistito nonché dei servizi socio sanitari del territorio.
Un altro obiettivo è la totale deduzione dal reddito della spesa per il badante nel caso di persona non autosufficiente. Amoretti, per abbattere i costi, propone una regolarizzazione delle molte badanti ancora a nero: “serve una politica civile per l’immigrazione che affronti non solo il problema pensioni, ma tutta la gestione del fenomeno. I profili dell’illegalità sono tantissimi. Si va da condizioni di irregolarità del lavoro costituite dalla non corretta applicazione dei diritti contrattuali, alla omissione parziale o totale del versamento dei contributi previdenziali fino alle condizioni di nero più barbaro e perfino al commercio di persone anche destinate alla prostituzione”.
“L’intreccio perverso – aggiunge Amoretti- nasce dalle necessità delle famiglie che si incrociano con la condizione di clandestinità di molte donne immigrate. Spesso non c’è una preferenza di chi assume per il nero, ma sono le condizioni ambientali che lo impongono perché è l’unica offerta che si riesce a incontrare.” . “Siamo stati facili profeti – ricorda – nel ritenere che avesse scarse possibilità di successo la sanatoria prevista dal Decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109”. Ma non e’ tutto. Amoretti intravede anche nella riforma Fornero delle pensioni un effetto negativo: “finira’ col diffondere tra le lavoratori ancora di più l’idea che i soldi versati all’Inps siano buttati. L’effetto sarà quello di ridurre al minimo necessario, giusto per conservare il permesso di soggiorno, le ore denunciate e per il resto incassare più nero possibile”.
Per questo, sostiene, “occorre negoziare convenzioni con i paesi dai quali proviene l’immigrazione, analogamente a quanto si è fatto nel tempo per gli emigranti italiani, di modo che possano trasferire i contributi versati all’Inps presso gli istituti dei loro paesi”.
Il presidente di Professione Famiglia ricorda poi come l’abolizione del servizio di leva militare obbligatorio abbia indebolito anche il servizio civile. Per questo, sostiene, “sarebbe positivo rendere obbligatorio per tutti i giovani alcuni mesi di impegno civile. Due mesi potrebbero essere di formazione, anche semplicemente finalizzata a nozioni di pronto soccorso e assistenza geriatrica.
Nel resto del periodo si dovrebbero fare lavori utili, compresa l’assistenza a soggetti non autosufficienti. Sarebbe un aiuto concreto alle famiglie. Il finanziamento dell’operazione potrebbe realizzarsi con una tassa a carico di chi intendesse sottrarsi al servizio”.
Amoretti ricorda poi come vi siano molte persone anziane con la pensione bassa, ma con proprietà di unità abitative sovradimensionate alle loro esigenze e inadeguate ai loro bisogni. Per esempio, anziani che vivono in un appartamento a piani alti senza ascensore. In alcuni casi, “in buone condizioni di mercato sarebbe utile favorire la vendita della nuda proprietà. E’ una soluzione che assicura risorse, ma solo in parte risolve i problemi delle persone interessate”.
Da documenti sindacali, aggiunge, “si ricava che oltre un milione e 200 mila persone di oltre 65 anni vivono sole disponendo di abitazione con 4 e più vani. In queste situazioni si potrebbe intervenire favorendo, per esempio, il trasferimento in un’abitazione più piccola, in affitto o di proprietà, ma dotata di tutto il necessario per l’assistenza; la creazione di un vitalizio; la stipula di una polizza assicurativa che intervenga in caso di non autosufficienza o un prestito vitalizio garantito da ipoteca da saldare con gli eredi. Per ogni soggetto si potrebbe adottare una combinazione tra diverse soluzioni”.
Una tale problematica, conclude, “potrebbe essere gestita da agenzie che mettano insieme le competenze della banca, della compagnia di assicurazione, della agenzia immobiliare in una relazione giusta e di controllo con gli Enti locali, sindacati e associazioni in funzione di promozione, organizzazione e controllo”.
Luca Fortis