“Ancora una volta piangiamo decine di vittime: donne, uomini e bambini partiti su un barcone alla ricerca di una vita migliore, o semplicemente alla ricerca di una possibilità di sopravvivenza. Ma piangere non basta. La prima causa di queste stragi va rintracciata nelle politiche sbagliate”. Lo affermano, in una nota, Cgil nazionale e Cgil Calabria. “Le politiche europee e del nostro Paese, che insistono sulla esternalizzazione delle frontiere, sulla perseguibilità di chi soccorre e non di chi sfrutta, sulla chiusura dei porti, sono la prima causa di queste tragedie. Non si tratta di speculare, si tratta di dire le cose come stanno e assumersi le proprie responsabilità”.
Per la Cgil nazionale e la Cgil Calabria “occorre favorire politiche di coesione e di sviluppo delle aree più povere del mondo, fermare le guerre, garantire la libera circolazione delle persone, favorire una diversa distribuzione delle ricchezze. Occorre – aggiungono – istituire corridoi umanitari, superare gli accordi di esternalizzazione delle frontiere, rivedere il Trattato di Dublino e il Memorandum con la Libia, impegnarsi per politiche di accoglienza per rifugiati e profughi. Le stragi continueranno – conclude la Cgil – finché non ci sarà un cambio radicale delle politiche che considerino l`immigrazione un fenomeno strutturale e non un problema di sicurezza”.
Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra,”la terribile tragedia dei migranti sulle coste del crotonese ci lascia sgomenti. L`Europa deve fare molto di più per coordinare i soccorsi, bloccare il traffico di vite umane, evitare che il Mediterraneo diventi un ‘freddo cimitero senza lapidi’ come ha detto Papa Francesco”.
Proprio tre giorni prima del naufragio, il 23 febbraio, il Senato aveva approvato una legge in merito ai socorsi in mare, criticata dalla segretaria nazionale della Uil Ivana Veronese: “limita fortemente i soccorsi in mare delle ONG.”
Per Veronese il decreto, “ormai legge, sembra voler ignorare che la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 impone agli Stati rivieraschi l’obbligo di predisporre un servizio di ricerca e soccorso “adeguato ed effettivo” delle persone in pericolo in mare lungo le loro coste. In assenza di un’attività esaustiva di search&rescue da parte delle autorità preposte, impedire alle ONG di operare soccorsi multipli si tradurrebbe in un tragico aumento dei naufragi e dei morti in mare.”
“Il dispositivo, già in vigore da inizio anno, contiene disposizioni che non potranno far cessare né i gravi motivi che inducono le persone a fuggire in mare dallo Stato di origine o di transito, né la necessità di operazioni di soccorso umanitario imposto dal diritto internazionale. Il numero dei migranti sbarcati a decorrere dal 1° gennaio ad oggi, comparato con i dati riferiti allo stesso periodo del 2022, risulta essere triplicato: segno evidente che l’immigrazione non si arresta con una legge che “annega” i diritti umani. Per la Uil, in assenza di uno sforzo di pattugliamento e soccorso statale italiano ed europeo nel Mar Mediterraneo, l’allontanamento forzato delle navi di soccorso delle Ong aumenta il rischio di perdita di vite umane in mare.”
E.G.