L’orrore ha colpito ancora una volta. La tragedia di Parigi, l’efferato assassinio dell’intera redazione del giornale satirico CharlieHebdo, una delle più brillanti del mondo editoriale, è destinata a sconvolgere il mondo. Per l’alto numero di vite stroncate e, ancora di più, per le tremende conseguenze che questo attacco avrà. La convivenza è sempre più difficile in questo mondo impazzito dove sembrano farla da padroni i fondamentalismi, e ancora più lo sarà nel prossimo futuro per le ripercussioni a catena che si proporranno. Servirà tutta la possibile saggezza per non lasciarsi trascinare i nuovi gorghi di furore.
Un anno cominciato proprio male da tutti i punti di vista. Sul fronte del lavoro ci ha pensato l’Istat a darci la conferma dei malanni di cui soffriamo. La disoccupazione non accenna a regredire, i record negativi si affollano. Soprattutto quelli sulla disoccupazione giovanile spaventano, perché ci sono intere generazioni che rischiano di non arrivare mai al lavoro, a un lavoro dignitoso, che dia qualche garanzia, che permetta un’evoluzione della condizioni di vita. Una volta funzionava l’ascensore sociale, adesso sembra si sia in caduta libera.
C’è da dire, per attenuare la crudezza delle cifre dell’Istat, che forse qualcosa potrebbe migliorare nel breve periodo. La legge di stabilità ha disposto la decontribuzione per tre anni per i nuovi contratti a tempo indeterminato e questa è una misura importante, che può fare la differenza, può davvero spingere le imprese ad assumere. Lo sgravio è in vigore dall’inizio dell’anno, quindi sarà necessario attendere ancora qualche mese perché se ne possa rilevare la portata. Che non sarà comunque particolarmente significativa, appena un’inversione di tendenza. Per avere una vera ripresa dell’occupazione infatti deve ripartire l’economia, ma non sembra che ci sia aria di ripresa in giro.
Non cresce l’Europa e comunque non cresce il nostro paese. E sarebbe difficile il contrario considerando che vere misure per la crescita non ci sono state. Manca ancora qualsiasi accenno di politica industriale e invece è proprio questa che servirebbe: l’economia cresce se ci sono gli investimenti, ma questi vengono nel momento in cui si ha qualche certezza sui possibili ritorni, quando si sa quali sono i settori che saranno aiutati, quali campi cresceranno. In Italia non si fa vera politica industriale da decenni, da molti decenni, le conseguenze sono quelle che abbiamo sotto gli occhi. Ed è velleitario pensare che una operazione pur giusta, come l’ingresso dello Stato nell’Ilva deciso dal consiglio dei ministri del 24 dicembre, possa, da sola, colmare il gap accumulato in decenni.
Del resto, prima dell’inizio della crisi il nostro paese era già tra i più svantaggiati in Europa, a causa dei molti errori fatti e delle tante riforme mancate: il problema è che da allora non è cambiato nulla. Per cui adesso che il vento della crisi mondiale comincia a farsi meno forte, gli altri paesi hanno recuperato o stanno recuperando quanto avevano perso, noi siamo ancora al palo.
Il governo si è impegnato a fare le riforme, ma per il momento nemmeno quella importantissima del lavoro può dirsi ultimata. Il consiglio dei ministri il 24 dicembre ha approvato i primi due decreti attuativi del Jobs Act, ma ne restano altri da fare ed è evidente che finché non sarà chiaro il quadro complessivo le scelte delle imprese non potranno che essere rallentate se non rinviate. Nessuno può permettersi passi avventati senza sapere bene a cosa va incontro e le sorprese nel nostro paese non mancano mai. Anche la delega fiscale, varata dal consiglio dei ministri nella stessa seduta della vigilia di Natale, è in alto mare. Sulla spinta della polemica sui favori fatti o non fatti a Berlusconi, si è impantanata in attesa della metà di febbraio, quando, tra l’altro, i termini per esercitare la delega saranno quasi esauriti. E’ un continuo rinviare, non definire, lasciare in sospeso, che rappresenta il vero freno agli investimenti.
Le relazioni industriali potrebbero forse fare qualcosa per chiarire le cose, il potere delle parti sociali di regolare i loro rapporti è sempre forte, ma anche in questo campo, a parte le divisioni che spuntano di continuo e che oggettivamente frenano le spinte a fare, c’è da notare che non è possibile nemmeno dare per acquisito l’assetto della contrattazione emerso dall’accordo del gennaio dello scorso anno: la Confindustria ha rimesso la questione sul tavolo e sarà necessario quanto meno un chiarimento. Gli industriali chiedono infatti maggior libertà di manovra, ampia possibilità di derogare il dettato dei contratti nazionali, ma i sindacati non ne vogliono sentir parlare. Il rischio che, in questa situazione di stallo, anche la contrattazione si blocchi non è per nulla peregrina. Ma sarebbe l’ennesimo rinvio, a tutto danno di chi aspetta la ripresa dell’economia e una seppur lenta risalita dell’occupazione.
Su tutto incombe poi la successione al Quirinale: col discorso di Capodanno Giorgio Napoletano ha confermato le sue dimissioni, presumibilmente a metà gennaio, ed è scontato che sarà su questo tema, e non sull’economia, che si concentreranno le attenzioni della politica nelle prossime settimane. Sperando, tra l’altro, che la corsa al Colle non si trasformi in una guerra per il Colle: sarebbe il colpo di grazia per un paese che ha disperatamente bisogno di stabilità ed equilibrio.
Contrattazione
Poco prima della fine dell’anno, il 30 dicembre, è stato firmato da Confindustria e Federmanager l’accordo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dirigenti di aziende industriali. Al ministero dello Sviluppo economico è stato invece firmato il terzo accordo di programma per Porto Marghera, programma da 153 milioni di euro, di cui la maggior parte frutto dei rimborsi effettuati dalla società Alcoa, che mira a favorire nuovi investimenti per la riconversione industriale dello stabilimento di Fusina. Un altro investimento, per oltre 25 milioni di euro, riguarda poi il settore metalmeccanico: i sindacati hanno firmato con la Continental Savona un protocollo d’intesa finalizzato ad agevolare l’assegnazione di lavorazioni al sito di Cairo Montenotte.
Buone notizie anche dal fronte dei trasporti: il consorzio palermitano Sis ha infatti assunto, con contratti a tempo indeterminato, 29 operai con contratto in scadenza il 15 gennaio; mentre in Veneto sono stati firmati sette protocolli “anti-molestie”, i primi siglati in Italia, che prevedono forme di vigilanza, controllo, tutela, formazione e informazione, allo scopo di individuare, prevenire e gestire eventuali casi di harrasment.
A Firenze è stato infine siglato l’accordo con il quale, dal 1 gennaio 2015, la Cooplat subentra a Siram nella gestione degli impianti tecnologici e climatici dei vari presidi Ospedalieri della Asl 10 di Firenze. L’accordo, oltre a garantire il passaggio dei dipendenti alla nuova ditta, mantiene i trattamenti economici che i lavoratori hanno maturato in oltre 20 anni di esperienza in questo servizio.
Rimane incerta, invece, la situazione di Meridiana, con i suoi 1.345 posti di lavoro a rischio. Dopo l’accordo sull’esodo incentivato firmato il 27 dicembre da 289 dipendenti, infatti, è saltato l’appuntamento previsto per oggi al ministero dello Sviluppo economico, che doveva dare il via alla seconda fase della trattativa.
Documentazione
Questa settimana, sul Diario del Lavoro, è possibile consultare il conto trimestrale dell’Istat sulle pubbliche amministrazioni, il rapporto Istat su occupazione e disoccupazione, e quello, sempre dell’Istat, sul risparmio delle famiglie. È inoltre possibile leggere il rapporto di Unioncamere sull’artigianato 2011-2014 e la Quarterly Review del dicembre 2014 stilata dalla commissione Lavoro dell’Ue.