Nel corso del Jobless Society Forum 2017 organizzato a Milano dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha affrontato il tema dell’innovazione tecnologica sul lavoro sostenendo che il governo non è “né entusiasta né catastrofista”.
Secondo Poletti, “l’impatto delle tecnologie vede da un lato i catastrofisti che temono la cancellazione di posti di lavoro e dall’altro gli entusiasti, che credono in una crescita dei posti di lavoro”.
Il governo, per parte propria, non ha posizioni a riguardo, “ma constatiamo che le imprese che hanno innovato hanno creato nuova occupazione”. Il ministro ha quindi fatto riferimento al programma Industria 4.0, “che punta a sostenere i processi di digitalizzazione e automazione dell’impresa cercando di connettere in un disegno unico investimenti in innovazione e ricerca, lavoro, strumentazione e altri fattori”.
“Oltre a creare nuovi lavori – ha osservato Poletti – le nuove tecnologie contribuiscono a cambiare i mestieri tradizionali e qui bisognerà avere attenzione a garantire a tutti pari acceso, senza lasciare nessuno indietro. Lavorare per diminuire le disuguaglianze”.
“La tecnologia deve essere per l’uomo e non per la disumanizzazione”, ha affermato Poletti, sottolineando che l’impegno “prioritario” del governo deve essere “per i giovani”.
E qui entra in gioco l’importanza della formazione di competenze digitali aggiornate. “Per questo – ha sottolineato – abbiamo avviato l’alternanza scuola lavoro, poi c’è l’apprendistato e la formazione permanente”.
Nel merito, la leader della Cgil, Susanna Camusso, sostiene che “ci sono gli affascinati dall’innovazione tecnologica che in nome di quel fascino accolgono qualsiasi cosa e chi invece la respinge e basta”, e pertanto l’approccio dovrebbe essere di cautela: “Governiamo la tecnologia. Per questo c’è la politica, che però è mancata in questa fase di trasformazione e valorizzazione del lavoro.”
“Il sistema 4.0 – ha poi aggiunto – finora è stato di incentivi. Meglio di altri, perché ha favorito investimenti e processi di innovazione, però non è stato certo un elemento di governo del cambiamento. La cosa che si sottovaluta è che se si individua l’insieme di tecnologie che contemporaneamente stanno operando e che determinano un’effettiva rivoluzione forse la politica dovrebbe domandarsi quale progetto sociale ha, quale sistema di welfare ha, come evita che diventi una modalità di polarizzazione, come interviene sulla formazione. Dovrebbe cioè esercitare una linea di proposta e di progetto che mi pare per il momento non ci sia”, conclude.