Domani iniziano le trattative per il rinnovo del contratto dell’industria alimentare. Per il segretario della Fai-Cisl, Onofrio Rota, il fatto di aver siglato già molti contratti integrativi e di avere davanti una controparte unitaria con la quale confrontarsi sono già delle basi positive dalle quali partire. Gli effetti dei cambiamenti climatici, prosegue, li stiamo vedendo anche in agricoltura e negarli non serve a nulla. Servono politiche di ampio respiro per tutelare ambiente, lavoratori e imprese.
Segretario Rota, il caldo di questi giorni sta mettendo a dura prova anche il mondo del lavoro, compreso il settore agricolo. Eppure c’è chi minimizza davanti a fenomeni mai visti prima per intensità e frequenza. Come legge questa situazione?
I cambiamenti climatici hanno un impatto non più trascurabile sull’agricoltura. Negarli non ha senso, non cancella il problema. La scienza ce lo sta dicendo da anni con studi e numeri. Ci troviamo davanti a fenomeni metereologici che per vigore e cadenza sono senza precedenti. Lo abbiamo visto di recente in Emilia-Romagna, e con il caldo anomalo e le grandinate eccezionali che in questi giorni stanno interessando il nostro paese. Servono misure di tutela dell’ambiente, che vanno rimodellate sulla base di un clima ormai mutato. Dunque è giusto riconoscere misure compensative alle imprese, ma lo stesso anche ai lavoratori che, alle fine, sono sempre i soggetti più deboli.
Si stanno registrando temperature mai viste. Quali misure sono attive per tutelare la salute dei lavoratori?
La prima cosa da fare è rivedere l’organizzazione del lavoro, per quanto riguarda gli orari di inizio e fine delle attività. E’ importante fornire servizi di vigilanza sanitaria e dispostivi di protezione individuale, come acqua, cappelli o servizi igienici subito a disposizione. In vista del tavolo con il ministro Lollobrigida ci preme che la Cisoa, ossia la Cassa integrazione salariale per gli operai agricoli, venga estesa anche a chi non ha un contratto a tempo indeterminato, che nel nostro settore è il 90% della forza lavoro. Servono quindi soluzioni innovative per allargare le tutele. Inoltre dobbiamo portare le cabine di regia all’interno degli enti bilaterali presenti nei territori. Sono dei presidi locali, che oltre a fornire integrazione salariale, possono governare meglio i bisogni di prossimità.
L’industria alimentare è stata attraversata da una serie di rinnovi di contratti aziendali dei vari gruppi. Che valore hanno questi rinnovi, anche alla luce della trattativa per il contratto nazionale?
I rinnovi dei contratti integrativi ci rendono molto soddisfatti e sono un ottimo punto di partenza per il rinnovo del contratto nazionale dell’industria alimentare. Abbiamo ottenuto risultati importanti sul fronte economico, del welfare e dell’organizzazione del lavoro. Sono dei rinnovi che confermano una tradizione consolidata di contrattazione aziendale. Dobbiamo lavorare per estendere il secondo livello anche nelle medie aziende, realtà molto presenti nel settore. Per questo abbiamo inserito nella piattaforma del contratto nazionale il trattamento economico per mancata contrattazione di secondo livello.
Ci può spiegare brevemente i contenuti dell’integrativo siglato con Barilla?
L’integrativo di Barilla, come per tanti altri, registra aumenti corposi sulle retribuzioni e un impianto di welfare sempre più ampio e strutturato. Ma il gruppo vanta anche una grande attenzione alla sostenibilità ambientale, con importanti investimenti per ridurre le emissioni e i consumi idrici, e questa sensibilità ha trovato spazio anche in uno specifico capitolo dell’integrativo, dove si contempla un crescente coinvolgimento dei lavoratori nelle scelte aziendali. Un’impostazione che rispecchia appieno anche lo spirito della proposta di legge della Cisl sulla partecipazione dei lavoratori nella gestione aziendale, come sancito dall’articolo 46 della Costituzione.
Inizia domani la partita per il rinnovo del contratto nazionale. Vi siete dati una data per chiuderlo?
Domani ci sarà il primo incontro per il rinnovo poi, da settembre, inizieranno i tavoli tecnici sui singoli aspetti. Sul piatto abbiamo messo 230 euro di aumento a regime, 70 per il recupero della produttività e altre 40, sempre per la produttività, per le aziende prive del secondo livello. Il 30 novembre scadrà il contratto, sarebbe una bella notizia per i lavoratori rinnovarlo entro quella data. A differenza dell’ultimo rinnovo, potremmo confrontarci con una controparte più compatta, e questo è di certo un elemento positivo per il buon esito della trattativa.
E’ sempre viva la discussione sul salario minimo e quello agricolo viene preso come esempio di settore che ne avrebbe bisogno. E’ vera questa narrazione?
Affidare alla legge e non alla contrattazione la definizione del salario sarebbe una sconfitta. Il Tec, il trattamento economico complessivo, per un operaio agricolo base è superiore ai nove euro. Quello degli impiegati agricoli supera i dieci. Il vero problema è che c’è una discrepanza tra la retribuzione contrattuale e quella realmente percepita. Questo perché ci sono pochi controlli nelle aziende che non rispettano le leggi e il contratto. Non serve dunque il salario minimo per legge ma maggiore sorveglianza. I controlli dovrebbero essere più rigidi soprattutto per le aziende che prendono i finanziamenti pubblici, le quali, se commettono degli illeciti, incorrono in una semplice multa. Ormai è passata l’idea che è molto più conveniente pagarla. Invece la condizionalità sociale della Pac dovrebbe incidere di più e disincentivare il lavoro nero e grigio e qualsiasi forma di sfruttamento. Ma purtroppo dalla politica non vedo la volontà di usare maggiore severità nei confronti di quelle imprese che non rispettano le regole.
Tommaso Nutarelli