Una trattativa in salita. Questa definizione è un evergreen nelle valutazioni espresse dai sindacati su negoziati non ancora conclusi. Ma, nel momento in cui viene usata, come ha fatto oggi la Fim-Cisl, per titolare un suo comunicato relativo al negoziato in corso fra i sindacati dei metalmeccanici e Finmeccanica, appare particolarmente significativa.
Le difficoltà di questa trattativa non nascono, infatti, principalmente dalla classica divergenza di interessi fra una data impresa e i suoi dipendenti, né sono particolarmente acuite dalle differenze di linea che hanno spesso allontanato, negli anni più recenti, le scelte di politica rivendicativa di Fim e Uilm da quelle della Fiom. Il punto vero è un altro. Fino a oggi, Finmeccanica è stato un grande gruppo composto da una holding, denominata, appunto, Finmeccanica, e da una serie di aziende operative, contrassegnate, nel tempo, da nomi anche prestigiosi: Agusta, Aermacchi, Alenia, Ansaldo, Oto Melara, Selex e via elencando. Ma adesso, siamo di fronte alla trasformazione della natura stessa dell’azienda di piazza Monte Grappa da holding, proprietaria di questa scelta selezione di imprese metalmeccaniche attive in vari settori, a One Company direttamente impegnata in un campo più circoscritto, e quindi anche più omogeneo, di attività industriali.
Dall’inizio dell’anno prossimo sarà dunque operativa un’unica società articolata in quattro settori e sette divisioni. Ora ognuna delle varie aziende che, fin qui, hanno fatto parte del gruppo Finmeccanica, ha una sua storia industriale e quindi anche una sua storia sindacale, che ha messo capo a un dato insieme di accordi. Ma, nella misura in cui le vecchie aziende vengono a fondersi in un’unica nuova grande impresa, Finmeccanica intende superare queste differenze, costruendo un assetto di relazioni sindacali valido in ogni comparto della nuova società.
La complessità della trattativa in corso sta tutta qui. Non si tratta, infatti, come accade per solito nei negoziati di secondo livello, di rinnovare un accordo precedente, aggiornandolo rispetto ai diversi cambiamenti nel frattempo intercorsi. Dal punto di vista dell’azienda, si tratta invece di rendere, almeno tendenzialmente, omogenei trattamenti e normative che sono stati, fino a oggi, anche significativamente diversificati.
Il negoziato in corso si svolge dunque, almeno nei disegni aziendali, all’interno di un quadro definito da una scelta strategica su cui l’attuale amministratore delegato, Mauro Moretti, ha puntato tutte le sue carte. Scelta che consiste nel fare di Finmeccanica un player di dimensione globale, concentrato nel campo di aerospazio, difesa e sicurezza. Campo in cui Finmeccanica dovrà competere, in Europa, con gruppi quali la britannica Bae e la francese Thales e, sul piuano mondiale, con i giganti Usa quali Lockheed Martin, General Dynamics e Northrop Grumman.
In un primo passaggio, Finmeccanica ha quindi ceduto a Hitachi due aziende considerate non più “core”, ovvero AnsaldoBreda e Ansaldo Sts, attive nel campo del trasporto ferroviario. In un secondo passaggio si assisterà, come ribadito dal Consiglio di Amministrazione nella sua riunione del 3 novembre, alla nascita, a partire dal 1° gennaio 2016, della nuova struttura organizzativa.
La trattativa con i sindacati dei metalmeccanici è stata avviata da Finmeccanica, a Roma, il 17 settembre, con l’intento, subito esplicitato, di concluderla entro dicembre, ovvero prima dell’avvio del nuovo modello operativo. Sul tavolo del negoziato, 9 “capitoli” che vanno dall’orario alle trasferte, dal sistema delle relazioni industriali alla formazione professionale, dal cosiddetto welfare aziendale all’assistenza sanitaria integrativa.
Particolarmente spinosa la questione del salario aziendale. Nelle intenzioni di Finmeccanica, il premio di risultato dovrà “riflettere”, da un lato, i risultati, appunto, legati all’andamento economico/finanziario e, dall’altro, il contributo dei lavoratori misurato in termini di “efficacia operativa”, di “efficienza” e di “qualità del prodotto o del servizio”. Sempre nelle intenzioni dell’azienda, in relazione a questi parametri dovranno essere definiti degli “indicatori di prossimità”, il cui scopo dovrebbe essere quello di misurare il “reale apporto di ciascuna Divisione/Azienda, di ciascuna unità organizzativa e/o produttiva”. Il tutto al fine di “garantire, da un lato, il massimo coinvolgimento dei lavoratori e, dall’altro, la misurazione dei reali obiettivi collettivi e individuali raggiunti”.
Lodevoli propositi. Però, al momento di passare dalle dichiarazioni di intenti alla definizione di tali parametri di calcolo, qualcosa non ha funzionato. Per un’azienda, lo si è ben visto nella recente trattativa italiana di Fca, il “coinvolgimento dei lavoratori” è un obiettivo politico. Ne segue che, nel caso di Finmeccanica, l’armonizzazione fra i trattamenti salariali di dipendenti collocati fin qui in aziende diverse, non può essere realizzato in termini tali che, almeno per alcuni, comportino il rischio di un arretramento retributivo. In ogni caso, questo è un rischio che i sindacati non sembrano propensi a correre. Giovedì 12 novembre, Giovanni Contento, segretario nazionale della Uilm, aveva dichiarato che “allo stato attuale, la trattativa non fa passi avanti”. Con una singolare sintonia espressiva, anche la Fiom ha intitolato così il suo comunicato, uscito nella serata di oggi, sull’andamento della trattativa Finmeccanica: “Nessun passo avanti”.
Il risultato di tutto ciò è che, al termine dell’incontro svoltosi fra mercoledì 11 e giovedì 12 novembre, il tema del premio di risultato è stato accantonato. Particolarmente impegnativa potrà quindi risultare la prossima sessione di trattativa. L’appuntamento è stato fissato dalle parti per i giorni che vanno da martedì 24 a giovedì 26 novembre.
@Fernando_Liuzzi