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Home - Approfondimenti - Analisi - I diritti di cittadinanza nell’Italia dei “vuoti”

I diritti di cittadinanza nell’Italia dei “vuoti”

di Elena Battaglini
31 Agosto 2020
in Analisi

All’egemonia di un modello di crescita lineare e progressiva che fa perno sul ruolo di “centri” a cui è affidata la legittimità di direzionare l’intero sistema delle economie, delle relazioni sociali e dei valori simbolici, fa eco un’Italia dei “vuoti”: dell’invecchiamento e del declino demografico, dello spopolamento e dell’abbandono edilizio, della scomparsa e del degrado dei servizi pubblici vitali (dalla scuola, alla farmacia, dall’ufficio postale al forno, al presidio ospedaliero). Un’Italia di “aree interne”, svincolate, distanti, sole e disconnesse: diffuse in tutte le latitudini, esse si intersecano con il periurbano fino a sovrapporsi con le periferie dell’Italia dei “pieni” che, sempre più, stenta a creare vantaggi e opportunità fuori dai propri confini.

In una regione ad alto capitale sociale come la Toscana, il progetto “A casa in buona compagnia. Le tecnologie di assistenza alla terza età”, firmato nel febbraio 2020, si propone come un modello negoziale che veicola un’idea di sanità, di qualità della vita e di welfare che ricomponga la tradizionale frattura tra urbano e rurale, tra vuoti e pieni, ricreando solidarietà intergenerazionali e una più diffusa territorializzazione della cura e del benessere.

Fin dai primi giorni del lockdown, nell’Italia dei vuoti e dei pieni, è emerso con chiarezza come le politiche legate al welfare e alla cura abbiano strutturato un’idea di sanità, e di benessere sociale, rigidamente vincolata a politiche di settore e a una “ipersanità” che produce forti differenze di tipo territoriale, dando altresì vita a processi di individualizzazione del welfare. La rapida diffusione del Covid-19 ha mostrato con evidente precisione i limiti dell’ospedalizzazione come unica soluzione per la gestione del paziente positivo ai test. La pandemia, inoltre, ha messo in luce i limiti della centralizzazione delle cure, colpendo altresì, e in modo severo, il cuore produttivo e sociale del Paese, i centri direzionali, l’Italia dei “pieni”. Mostrando in campo sanitario quanto insufficiente fosse la capacità di centri ipertrofici di reagire a shock esogeni, ha di fatto rotto i dispositivi e le microfisiche tradizionali di comando e controllo della direzionalità.

Promosso da un protocollo d’intesa tra Regione Toscana, il progetto “A casa, in buona compagnia”, lo SPI CGIL, la FNP CISL e la UILP Toscana, in rete con università e gli altri nodi territoriali del sistema sanitario toscano, prevede l’utilizzo delle migliori e più innovative tecnologie finalizzate alle attività di diagnosi e cura a domicilio, il monitoraggio delle condizioni di salute e l’assistenza da remoto e l’interoperabilità con l’infrastruttura regionale del Fascicolo Sanitario Elettronico, quale sistema informatico centralizzato per la raccolta, catalogazione e messa a disposizione delle informazioni raccolte a domicilio, sia al paziente o al care-giver, al MMG o allo specialista.

Se, in questa Regione, nell’ambito della Telemedicina specialistica, esistono numerose realizzazioni (si pensi ad esempio a servizi di TeleRadiologia, TeleCardiologia, TelePneumologia, TeleDermatologia, Telestroke ecc.), nell’ambito della Telesalute e della Teleassistenza le iniziative sono state avviate su casi limitati.

Il target della sperimentazione inizialmente è stato immaginato per 100 pazienti anziani, residenti in aree montane interne della Toscana, e colpiti da scompenso cardiaco: una tipica sindrome cronica dell’anziano che deriva dall’evoluzione di patologie cardiache. Oggi, grazie a un investimento triennale di 30 milioni €, diventa una realtà per circa 48000 ultrasettantacinquenni toscani colpiti da questa patologia cronica.

Per incidere sia sulla riduzione della ospedalizzazione di questi pazienti (e dei relativi costi), sia in termini di esito della mortalità dello scompenso, il progetto prevede la sperimentazione di un servizio di assistenza domiciliare che, a differenza dei servizi già diffusi in Toscana, garantisca due ulteriori importanti elementi per il controllo della patologia: la funzione di monitoraggio continuo dei parametri vitali, e l’attenta valutazione della compliance terapeutica di questi pazienti che, spesso per l’età avanzata o per un deficit culturale, proprio o del care-giver, non riescono ad assumere correttamente la terapia farmacologica prescritta.

Per raggiungere questi obiettivi, il progetto, fa leva su due dispositivi principali: 1) capacitazione (empowerment) dei pazienti, e delle loro famiglie, attraverso la dotazione di un dispositivo di monitoraggio (un’APP SmartSST per tablet o smartphone) e la responsabilizzazione della persona nello sviluppare una propria autocura; 2) la costituzione di équipe multiprofessionale composta da MMG, Medico Specialista, Infermiere di famiglia, OSS e Assistente domiciliare che lavori interdisciplinariamente e che sia anch’essa dotata di un’ APP per registrare prestazioni sanitarie in tempo reale, prescrivere i piani terapeutici in maniera informatizzata e controllare lo stato di salute del paziente sul suo FSE.

In un’Italia dei vuoti, dei pieni, della centralizzazione e settorializzazione delle politiche di cura, l’azione negoziale sindacale, sottesa al progetto “A casa, in buona compagnia”, contribuisce a infrastrutturare ambiti di rappresentatività (e di direzionalità) pubblica tradizionale, reinterpretando il nesso indissolubile tra diritti sociali, diritti del lavoro e cittadinanza, all’interno di una visione di responsabilità e libertà e di sviluppo territoriale inclusivo, di cui la prevenzione, cura e benessere di gruppi sociali a rischio, come gli anziani, specie se residenti in aree interne, costituiscono una dimensione imprescindibile.

Attraverso questo progetto, il modello di contrattazione territoriale che si accinge ad essere sperimentato in Toscana, innova la tradizionale cassetta degli attrezzi sindacale con strumenti di empowerment computer-mediated, volti alla nascita di nuovi legami territoriali e di solidarietà intergenerazionale, all’interno di progetti condivisi che possano indurre a nuove possibilità di scelta. E questa scelta è innanzitutto ciò che si vuole sottrarre alla disputa che si è aperta fra livelli istituzionali (Governo, Regioni, Comuni) sulla gestione dei fondi importanti e irripetibili che il nostro Paese ha avuto grazie alla svolta nelle politiche europee. Abbiamo pochi mesi di tempo per decidere come gestire quelle risorse e quale visione di futuro vogliamo costruire e negoziare tra i diversi valori ed interessi in gioco.

Ciò che appare chiaro è che l’azione di Governo non possa essere efficace senza i territori e che i territori abbiano bisogno della cornice di senso di un progetto condiviso. Sanità, digitalizzazione e lavoro di qualità, costituiscono gli snodi centrali di questo progetto.

Elena Battaglini

Senior Scientist della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, insegna sociologia dell’ambiente e del territorio nel corso di Dottorato ‘Paesaggi della città contemporanea. Politiche, tecniche e Studi visuali’ dell’Università di Roma Tre. Recentemente ha avuto l’incarico di Direttore Scientifico del Laboratorio per la Selezione e Contrattazione di Tecnologie Sociali (Social TechLab) SPI – CGIL, che ha sede a Firenze.

Elena Battaglini

Elena Battaglini

Senior Scientist della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, insegna sociologia dell’ambiente e del territorio nel corso di Dottorato ‘Paesaggi della città contemporanea. Politiche, tecniche e Studi visuali’ dell'Università di Roma Tre. Recentemente ha avuto l’incarico di Direttore Scientifico del Laboratorio per la Selezione e Contrattazione di Tecnologie Sociali (Social TechLab) SPI – CGIL, che ha sede a Firenze.

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