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Home - Approfondimenti - La nota - Mininni (Flai-Cgil), il settore agricolo ha già il suo Durc. Il governo lo applichi come buona parte della 199

Mininni (Flai-Cgil), il settore agricolo ha già il suo Durc. Il governo lo applichi come buona parte della 199

di Tommaso Nutarelli
27 Giugno 2024
in La nota
Assemblea Cgil, Mininni (Flai): basta col dumping tra di noi e con lo “shopping contrattuale’’ delle imprese

GIOVANNI MININNI SG FLAI CGIL NAZIONALE

“Non abbiamo nulla in contrario riguardo all’estensione del Durc di congruità dell’edilizia anche al settore agricolo. È uno strumento preciso e puntuale, che ha dato risultati importanti nel contrasto al caporalato che affligge anche quel settore, ma nella legge 199 del 2016 abbiamo già un qualcosa di simile ossia l’indice di coerenza”. È quanto afferma Giovanni Mininni, segretario generale della Flai-Cgil, in merito all’ipotesi di estendere il Durc dell’edilizia anche alle imprese del settore primario.

“Il testo della legge – prosegue Mininni – all’articolo 8 comma 4 parla di “indici di coerenza del comportamento aziendale strettamente correlati alle caratteristiche della produzione agricola   del territorio”. In altre parole le imprese devono dichiarare la quantità e la tipologia di manodopera che impiegano e questa deve essere coerente alla lavorazione svolta. Questo è un elemento presente nella storia del settore agricolo. Negli anni Sessanta l’imponibile di manodopera, antenato del Durc o dell’indice di coerenza, venne dichiarato incostituzionale perché colpiva la libertà d’impresa. Quando venne fatta la 199 alcune controparti datoriali – spiega il leader della Flai – si opposero all’inserimento del termine congruità, e il governo Renzi optò per coerenza. Solo Nichi Vendola, nella legge contro il caporalato della Puglia, usò congruità. Tra le altre cose gli indici di coerenza servono alle imprese per richiedere, ad esempio, il diesel agricolo senza pagare le accise. Inoltre solo da due anni le imprese agricole sono tenute a fare una dichiarazione mensile del personale attraverso gli uniemens, mentre prima i controlli degli ispettori erano più difficili perché la dichiarazione era trimestrale. E anche questo è merito della 199”.

“Il vero problema è che manca l’attuazione di parti della 199, che è un’ottima legge. Ad esempio le sezioni territoriali non tutte sono state insediate, e queste sono fondamentali nella lotta al caporalato. Dobbiamo infatti capire – spiega Mininni – che in Italia ci sono tante agricolture e allo stesso modo tante forme di caporalato. La cabina di regia istituita dal primo provvedimento del ministro Martina non poteva bastare, ma servivano diramazioni sul territorio. Le sezioni svolgono questo ruolo. Hanno il compito di promuovere iniziative sul collocamento agricolo, sui trasporti, chiedere ispezioni mirate e potrebbero dare una mano anche sull’aspetto dell’accoglienza e vigilare sulla corretta applicazione del contratto di lavoro. Ma se queste mancano vengono meno gli occhi e le mani della legalità sui territori. Infine anche per chi chiede che gli Enti Bilaterali possano esercitare un ruolo di sussidiarietà, anche questo è già previsto dalla legge 199, così come l’incrocio dei dati tra i vari enti di controllo, Agea, Inps, Inali e Ispettorato del lavoro, che sono fondamentali per poter agire con maggiore efficienza, conoscere nel dettaglio la realtà delle imprese, e indirizzare chirurgicamente le ispezioni, evitando in questo modo i controlli inutili”.

“Duque – sostiene Mininni – nella 199 ci sono tanti strumenti, vanno solo applicati. Questo governo fa tante promesse ma pochi fatti. Anche l’incontro di venerdì è stato più una passerella che un momento per arrivare a cose concrete. Da tempo non viene riconvocato il tavolo sul caporalato, e l’incontro dello scorso 29 febbraio, che doveva decidere le linee guida sull’accoglienza dei migranti e sulle quali avevamo presentato degli emendamenti, di fatto non ha prodotto nulla. La maggioranza si intesta soluzioni e strumenti di contrasto che già sono presenti, come quando il ministro Lollobrigida e la Premier rivendicano di aver approvato subito il decreto sulla condizionalità sociale per le imprese che ricevono i fondi europei. In realtà era un lavoro già svolto prima dai sindacati, anche europeo, e dal governo precedente che aveva recepito una votazione del Parlamento europeo del novembre 2021 e poi una successiva indicazione della modifica della PAC da Bruxelles che finalmente istituiva il principio della condizionalità sociale per i fondi dell’agricoltura. Sarebbe più giusto dire che – conclude il segretario generale degli agricoli della Cgil – come spesso succede quando c’è un avvicendamento, il ministro Lollobrigida ha posto solo la firma, appena insediatosi, su un giusto provvedimento che veniva da lontano e che era stato fortemente voluto da tutto il sindacato”.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Giornalista de Il diario del lavoro.

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