“Le dispute commerciali e i conflitti in atto stanno incrinando la fiducia a livello internazionale, con effetti negativi sulle prospettive dell’economia globale.” Questo è il forte incipit delle Considerazioni finali svolte oggi dal Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in occasione della presentazione della Relazione annuale della Banca stessa.
Panetta ha chiarito subito che cosa intenda con l’espressione “dispute commerciali”: “il rischio di guerre commerciali si è concretizzato il 2 aprile con l’introduzione da parte degli Stati Uniti di un forte e generalizzato aumento dei dazi”. Infatti, anche se tale aumento è stato “in parte sospeso nelle settimane successive”, resta il fatto che “l’annuncio ha causato ampie oscillazioni sui mercati finanziari, penalizzando soprattutto le imprese più esposte a livello internazionale”. Da ciò è seguito che “gli investitori si sono spostati verso attività considerate più sicure, spingendo il prezzo dell’oro su nuovi massimi storici”. Non solo: “diversamente da quanto accaduto in precedenti fasi di incertezza, i titoli pubblici statunitensi a lungo termine e il dollaro si sono deprezzati”.
L’analisi di Panetta si è poi spinta verso considerazioni ancora più nette: “Nelle settimane successive, questa configurazione di mercato è rimasta invariata, nonostante il parziale rientro delle tensioni finanziarie e il recupero dei corsi azionari. Ciò solleva interrogativi sull’assetto futuro del sistema monetario internazionale e sul ruolo centrale della divisa americana come valuta di riserva e di denominazione degli scambi commerciali”.
La visione dei fatti economici condensata, anno dopo anno, nelle Considerazioni finali dei Governatori che si sono succeduti alla guida dell’Istituto di via Nazionale, non ha mai voluto restare chiusa all’interno dei confini del nostro Paese, né si è mai limitata a considerare una sfera economica che non fosse inserita in un più ampio contesto politico. Ma questa di oggi è forse la prima volta che un Governatore della Banca d’Italia, per poter poi arrivare a svolgere le sue considerazioni sull’andamento della nostra economia, abbia sentito il bisogno di partire dall’analisi non solo della situazione economica internazionale – cosa, ovviamente, già fatta più volte -, ma da quella delle scelte di politica economica compiute da un singolo Paese estero. In questo caso, gli Stati Uniti di Donald Trump.
Insomma, Panetta non ha fatto sconti all’attuale inquilino della Casa Bianca per ciò che riguarda le conseguenze dannose, sul piano economico, delle scelte da lui compiute nei primi mesi del suo secondo mandato presidenziale. Infatti, secondo lo stesso Panetta “il susseguirsi di annunci, smentite e revisioni alimenta incertezza e volatilità sui mercati”. Panetta ha poi affermato che “si tratta di condizioni che rischiano di amplificare l’effetto dei dazi e che potrebbero protrarsi nel tempo, considerata la complessità dei negoziati commerciali che, tipicamente, richiedono tempi ben più lunghi dei 90 giorni di sospensione annunciati”.
A quel che ci è dato comprendere, secondo Panetta non tutte le responsabilità delle attuali difficoltà possono essere addebitate agli Stati Uniti. Ma il fatto è che “le politiche protezionistiche stanno spingendo l’economia mondiale su una traiettoria pericolosa”, mentre gli effetti di tale situazione “rischiano di travalicare la sfera commerciale, alterando la struttura del sistema monetario internazionale, oggi incentrato sul dollaro, e limitando i movimenti dei capitali”.
Tali effetti “potrebbero spingersi oltre, frenando la circolazione di persone, idee e conoscenze”. Col che “l’indebolimento della cooperazione globale, anche in campo scientifico e tecnologico, finirebbe per ridurre gli incentivi all’innovazione e ostacolare il progresso. A lungo andare, verrebbero compromessi i presupposti stessi della prosperità condivisa”.
“Ma il rischio più profondo – ha scandito il Governatore, spingendosi oltre un ragionamento meramente economico – è un altro: che il commercio, da motore di integrazione e dialogo, si trasformi in una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace.”
Come si vede, qui ci troviamo di fronte a una considerazione con cui Panetta ha toccato un punto di drammaticità sostanziale non frequente nei ragionamenti dei suoi predecessori. Ma ciò non deriva, a nostro avviso, da una sua scelta soggettiva, ma dalla drammaticità insita nella situazione economico-politica da lui oggi esaminata.
D’altra parte, Panetta non è un analista politico, né un giornalista, ma un economista. Ciò che a lui interessava, preparando le sue odierne Considerazioni, non era dunque, verosimilmente, l’approfondimento delle motivazioni politiche e delle modalità comportamentali delle azioni compiute da Trump, quanto inserire tali azioni in un contesto economico più ampio.
Ed è appunto questo ciò che ha fatto affermando che “le attuali dispute commerciali sono in parte l’esito di una crescente disillusione nei confronti della globalizzazione e dei benefici promessi dal libero scambio”.
“Dopo la crisi finanziaria globale – ha detto ancora Panetta – in molte economie avanzate si è diffusa la percezione che la globalizzazione abbia ampliato le disuguaglianze e ridotto le opportunità di impiego per i lavoratori meno qualificati.” “In realtà – secondo Panetta – questi sviluppi riflettono in larga parte l’impatto del progresso tecnologico, oltre che le distorsioni generate da pratiche commerciali scorrette, come i massicci sussidi concessi da alcune economie emergenti alla propria manifattura.”
“Al tempo stesso – ha proseguito il Governatore – molti Paesi a basso reddito sono rimasti intrappolati in condizioni di povertà e di alto debito”, mentre, fra le economie emergenti, “è aumentato il malcontento per il mancato riconoscimento, nella governance delle Istituzioni internazionali, del loro accresciuto ruolo nell’economia mondiale. Si è così gradualmente indebolito il consenso intorno a un assetto fondato su regole condivise, apertura dei mercati e cooperazione multilaterale.”
È dunque in questo scenario che “si inseriscono le politiche protezionistiche adottate dagli Stati Uniti, con l’obiettivo dichiarato di rilanciare l’industria nazionale e di riequilibrare la bilancia commerciale, soprattutto nei confronti della Cina”.
Morale della favola: “Le attuali, aspre, dispute commerciali non sono un malessere temporaneo; sono il sintomo di un logoramento dei rapporti politici ed economici internazionali che ha radici profonde. Esse accelerano la riconfigurazione delle filiere produttive e degli scambi internazionali che era già in atto”.
Ne segue che “il sistema multilaterale che, pur sbilanciato e non privo di contraddizioni, cercava di risolvere i problemi in base a regole condivise, accogliendo le istanze comuni, è in crisi. Al suo posto si sta imponendo un ordine multipolare in cui aumenta il peso dei rapporti di forza”.
La situazione è dunque tale che “ne stanno risentendo persino le relazioni, storicamente molto strette, tra Stati Uniti ed Europa”. Anche se “le affinità culturali e i legami economici che ci uniscono – ha affermato ancora Panetta – dovranno alla fine prevalere sugli attriti presenti”.
Ed eccoci all’auspicio con cui si conclude il ragionamento dedicato da Panetta, nelle sue odierne Considerazioni finali, alla situazione economico-politica globale all’interno della quale attualmente viviamo: “Dobbiamo prepararci a navigare in queste acque incerte, senza rinunciare ai nostri valori e senza restare indietro”.
In un prossimo articolo, cercheremo di riproporre i contenuti dell’analisi dedicata dal Governatore della Banca d’Italia all’Unione Europea, di cui il nostro Paese fa parte.
Fernando Liuzzi





























