“Con questo decreto diamo al settore vitivinicolo un quadro normativo chiaro per poter produrre i vini dealcolati e offrire così nuove opportunità alle imprese del settore. Il Masaf è al fianco dei produttori e lo dimostrano gli interventi fatti nell’ultimo anno. Oggi definiamo il regime fiscale per le accise nella produzione di vino dealcolato. Sono certo che i nostri produttori sapranno raggiungere posizioni di eccellenza anche in questo settore”. Così in una nota il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, commentando la firma del decreto interministeriale (Mef-Masaf) in materia di regime fiscale per le accise nell’ambito della produzione del vino dealcolato.
L’intervento consente ai soggetti, esercenti depositi fiscali di prodotti alcolici intermedi e di vino, di effettuare, a certe condizioni ed entro determinati limiti quantitativi, i processi di dealcolazione del vino. Il decreto introduce specifiche definizioni distinguendo i soggetti a seconda delle quantità prodotte (superiori o inferiori ai 1.000 ettolitri annui). Il provvedimento, da ultimo, regola il rilascio del titolo autorizzatorio per la produzione e conservazione del prodotto, contempla adempimenti amministrativi e regole di circolazione del prodotto stesso e limita ogni attività accessoria supplementare rispetto alla produzione del prodotto dealcolato.
“La sigla del decreto rappresenta un passo significativo per il settore vitivinicolo italiano, perché offre certezze normative su un segmento in evoluzione, capace di rispondere alle mutate esigenze di consumatori in particolare sui mercati esteri – commenta Gabriele Castelli, Direttore Generale di Federvini – Federvini esprime apprezzamento per il lavoro svolto dai Ministeri competenti e per il percorso di confronto che ha consentito di giungere a un risultato importante e da tempo atteso dal settore. Questo quadro chiaro consente agli operatori di pianificare con maggiore sicurezza lo sviluppo di prodotti innovativi, mantenendo al contempo la qualità e l’identità della nostra produzione vitivinicola. È importante – aggiunge Castelli – che il mercato dei vini dealcolati cresca senza snaturare la nostra tradizione: innovazione e qualità possono convivere, offrendo nuove opportunità senza sostituire i vini che hanno contribuito a costruire la reputazione enogastronomica dell’Italia nel mondo.”
“Il via libera al decreto interministeriale Mef-Masaf sulla produzione italiana di vini dealcolati rappresenta una bella notizia di fine anno dopo un 2025 travagliato per il settore sul fronte del mercato”. È il commento del segretario generale in Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, sul via libera al decreto-legge fiscale annunciato dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Sono sempre di più – ha aggiunto Castelletti – le imprese italiane pronte a investire sulla categoria dei dealcolati, e questo provvedimento rappresenta una svolta per operare in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei. Auspichiamo il supporto dell’amministrazione nella prima fase di attuazione della norma, in particolare con riferimento all’ottenimento delle licenze e delle autorizzazioni necessarie”.
Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini, il comparto Nolo (no e low alcohol) è uno dei pochi a crescere in un contesto mondiale di forte difficoltà per il vino. Il segmento vale 2,4 miliardi di dollari ed è destinato a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari entro il 2028. L’Osservatorio stima un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) dell’8% a valore e del 7% a volume. Quest’anno solo gli alcohol-free registrano numeri positivi. Secondo le elaborazioni Uiv su base NielsenIQ, sul circuito retail di USA, UK e Germania i vini a zero gradi, pur rappresentando ancora una quota minoritaria, sono protagonisti di una crescita esponenziale: nei primi nove mesi dell’anno, volumi sul mercato tedesco a +46%, con share del 5% sul totale No-Lo, +20% sul mercato britannico (23% sul totale) e +18% sulla piazza statunitense, con quota del 17% sul totale della categoria a basso grado.
I vini alcohol free italiani, fino a questo momento prodotti all’estero, segnano trend positivi in Gran Bretagna con +6% in volume e un +10% in valore, negli Stati Uniti, con +17% lato volume e +24% sulla colonna valore. Su questo mercato l’Italia rappresenta il 6% del totale vendite vini a zero gradi, quota che sale all’11% sulla piazza tedesca e al 24% su quella britannica. Male invece in Germania con un -23%.
Secondo le stime di Confcooperative Fedagripesca, afferma Luca Rigotti, presidente del Settore Vino “questo fenomeno riguarda un potenziale di milioni di consumatori a livello mondiale. Una domanda destinata a crescere parallelamente all’evoluzione delle tendenze legate a salute e benessere, spinta dalla curiosità, dal desiderio di adottare stili di vita più sani e dalla volontà di limitare il consumo di alcol senza rinunciare al piacere del vino”.
“Si tratta di un passaggio fondamentale – spiega Rigotti – che permetterà alle imprese italiane – a partire dalle cantine cooperative, che rappresentano una componente rilevante della produzione vitivinicola nazionale – di operare finalmente in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei che già da tempo presidiano questo segmento”.



























