In maniera abbastanza inusitale, ma forse anche scontata, al termine del confronto tenutosi stamattina, a Palazzo Chigi, fra govenro e sindacati in merito ai decreti attuativi del Jobs act, i sindacati hanno deciso di rendere note le proprie opinioni in quattro differenze conferenze stampa, una per ogni confederata.
“Dal punto di vista del merito ci è stato illustrato quello che potremmo definire un contratto a monetizzazioni crescenti. Non sono state fatte cifre, la sostanza è su tempi e modi della monetizzazione”, ha affermato il leader della Cgil, Susanna Camusso, aggiungendo che, nonostante lo sciopero generale dello scorso 12 dicembre abbia reso possibile “aprire un dialogo”, il governo continua a confermare un “atteggiamento indisponibile verso un normale rapporto con i sindacati”. “Attendiamo di vedere se il ministro Poletti ha riflettuto sui temi posti dal sindacato sul Jobs act -ha aggiunto Camusso- ma questo non porta a un nostro cambiamento di giudizio”.
Il leader della Cgil ha quindi lamentato l’assenza di tracce sui decreti attuativi: “Al netto delle divergenze che rimangono tutte – ha spiegato – è difficile fare un confronto senza vare alcuna traccia. Continuiamo ad avere la sensazione di essere di fronte al fatto che quando saremo di fronte all’intero quadro, avremo moltissime contraddizioni, con il rischio di fare significativi guai. La vedo complicata avere un 2015 migliore del 2014”.
Alle parole del segretario della Cgil hanno fatto eco quelle del leader dell’Ugl, Paolo Capone: “I dettagli fanno la differenza per condividere una riforma, un testo oggi sarebbe stato utile non per esercitare un ruolo di veto ma per la costruzione di soluzioni che vengano anche dal mondo del lavoro. Perché – ha proseguito il sindacalista – è proprio sui milioni di persone rappresentate dalle organizzazioni sindacali che si andranno a riversare le scelte del governo. Il 12 dicembre abbiamo scioperato anche per questo, cioè per l’assenza di un confronto preventivo e per l’eccessiva ampiezza delle deleghe”.
Anche la Cisl ha sottolineato il fatto di non aver ricevuto traccie scritte dei decreti: “Sarebbe meglio avere in mano una bozza su cui discutere per poter esprimere un giudizio più compiuto”, ha infatti affermato il segretario confederale Gigi Petteni, ma aggiungendo che l’incontro è stato importante “perché risponde all’impegno assunto il 7 ottobre dal Governo con le parti sociali”.
“Occorre che sia chiaro che per i lavoratori attualmente in essere non cambierà niente – ha proseguito PItteni – ma con una attenzione in più per i cambi di appalti e le cessioni di rami d’azienda. E’ molto importante che si metta al centro il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in modo che torni a essere la forma contrattuale più competitiva e diffusa. Bisogna dire con chiarezza che la stagione degli associati in partecipazione, del lavoro a chiamata, delle false partite Iva, dei cococo è finita. E’ positivo che vengano mantenute le tutele contro i licenziamenti discriminatori, mentre sui licenziamenti disciplinari è altrettanto importante che resti la reintegra quando il fatto contestato dal datore di lavoro non sussiste”.
“Va poi valorizzato ulteriormente il ruolo della contrattazione collettiva per individuare i fatti meno gravi per cui sono previste sanzioni meno pesanti rispetto al licenziamento – ha concluso Petteni – nei casi in cui viene eliminata la reintegra, l’indennizzo per i lavoratori deve essere di importo adeguato. Per l’Aspi è positivo sia l’allargamento della platea che l’aumento della durata. Ma è essenziale capire quale sarà la scelta sulla Cig e se vi sarà la necessaria attenzione per una ricollocazione rapida dei lavoratori che è un elemento dirimente e importante per la Cisl“.
Di avviso del tutto diverso il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, che in conferenza stampa ha dichiarato: “E’ singolare constatare come questo provvedimento entusiasmi la parte datoriale. Era stato promesso ai giovani che si sarebbe parlato, per loro, di occupazione: oggi però la riunione è iniziata palando di licenziamenti, ma, se le cose rimanessero così, noi vi promettiamo lotte crescenti”. “La battaglia della Uil contro il Jobs act -ha aggiunto Barbagallo- non si fermerà, perché vogliamo impedire una strage di posti di lavoro e iniquità”.
“L’indennizzo minimo per i licenziamenti ingiustificati -ha riferito Barbagallo-, nelle imprese con più di 15 dipendenti, dovrebbe essere tra i 3 e i 6 mesi nel caso di un licenziamento entro il primo anno. Si tratterebbe di una norma per disincentivare il licenziamento nel primo anno di contratto”.
Il leader della Uil ha quindi concluso il suo intervento con un richiamo all’unità sindacale: “Bisogna mettere in campo iniziative di tutto il sindacato, anche con la Cisl che il 12 dicembre non ha scioperato, per cambiare l’impostazione del Governo”.
F.P.