La Fiom ha chiesto una trattativa per stabilire regole sulla rappresentanza a livello di categoria. Alberto Morselli, segretario generale della Filctem Cgil, lei cosa ne pensa?
Sulla rappresentanza vedo una strada confederale non di categoria. I chimici hanno un’esperienza diretta di regole sulla rappresentanza che risale al 2008. L’accordo di allora prevedeva regole per gestire i rinnovi contrattuali, garantire un percorso democratico, eleggere le Rsu.
E ha funzionato?
Purtroppo anche quando i rinnovi sono stati unitari non c’è stata una gestione unitaria dei risultati. Per questo credo in una strada confederale. Inoltre idee diverse sulla rappresentanza tra categorie potrebbero portare al rischio di superare la confederazione. E anch’io sono un pezzo di quella confederazione, sono confederale anch’io!
Cosa succederà nel prossimo direttivo della Cgil dopo lo sciopero del 6 maggio?
Posso dire solo cosa vorrei che succedesse. Dopo lo sciopero unitario di tutta la Cgil, senza sottolineature delle diversità di ogni sorta, auspico un messaggio di condivisione delle scelte della Confederazione. Il segretario generale della Cgil ha tutta l’autorevolezza e la capacità che serve per affrontare la situazione, potendo contare sul sostegno collegiale.
Qual è la situazione dell’occupazione nella chimica in Italia?
Nei settori più competitivi dove le imprese puntano alla crescita, attraverso l’internazionalizzazione e l’innovazione, gli effetti sull’occupazione sono positivi. La crisi del settore è vissuta soprattutto nel petrolchimico.
Perché accade questo?
Ci sono degli aspetti non risolti. Il primo riguarda la pubblica amministrazione che non aiuta le industrie con le sue lungaggini burocratiche. Poi c’è anche il problema delle bonifiche nei territori che lasciano nell’incertezza qualsiasi investitore.
Sulla vertenza Vinyls quale potrebbe essere una soluzione?
Un investimento dell’Eni, anche in via transitoria che permetta di pagare gli stipendi degli operai e riavviare gli impianti. E’ vero che Eni è uscita da tempo, ma è anche vero che il petrolchimico è un settore strategico per il paese e servirebbe un atto di orgoglio del sistema paese.
Ma se Eni è uscita perché dovrebbe rientrare?
Perché ha le spalle robuste e non ha senso perdere questo asset. Non capisco perché questo valga per Parmalat e non per Vinyls. Sarebbe necessario un intervento del governo che si muovesse in questa direzione, garantendo un italianità degli impianti.
Quali progetti state portando avanti?
Tra i più importanti c’è quello della chimica verde per Porto Torres che permetterebbe di riconvertire gli impianti con l’obiettivo di una ‘bioraffineria’ all’insegna dell’innovazione. Aspettiamo solo la convocazione della Presidenza del Consiglio per sottoscrivere l’intesa.
Qual è il problema della politica industriale in Italia?
Le risorse. Bisogna trovare soldi da far circolare. E in questo sono molto responsabili le banche che non aprono al credito. Invece bisogna finanziare le imprese, soprattutto quelle che hanno programmi innovativi. Poi tra i vari problemi c’è anche quello che riguarda la burocrazia: bisogna ridurre i tempi delle autorizzazioni. Infine in Italia c’è una grande assenza di certezze.
Quali certezze?
In Italia nel campo dell’energia abbiamo bisogno di tante innovazioni, ma lo Stato deve fornire uno scenario di certezze per le imprese che vogliono investire, cosa che ad esempio è mancata nel campo delle energie rinnovabili.
Francesca Romana Nesci