Sarà decisiva la prossima settimana per il futuro dell’articolo 18. Lunedì la direzione del Pd sarà investita del problema e gli esiti di questa discussione sono già scritti. Renzi proporrà l’eliminazione definitiva della reintegra e la direzione accetterà questo punto di vista. Ma subito dopo si giocherà la partita vera, quando in aula al Senato si dovrà votare il testo uscito dalla Commissione Lavoro, in pratica l’emendamento voluto dal governo. La sinistra del Pd, vinta in direzione, darà battaglia o si adeguerà al voto della maggioranza del suo partito? Se non dovesse adeguarsi, se un gruppo, per quanto sparuto di senatori dem votasse contro quel testo, sarebbero guai perché il governo ha un margine di appena sei voti. I senatori di Forza Italia sono pronti a sostenere il governo, ma questo significherebbe un cambio di maggioranza e quindi una situazione tutta nuova.
La scommessa è tutta lì, se il Pd si spaccherà o meno. Renzi non sembra intenzionato a scendere a patti con i suoi oppositori. Bersani è stato molto chiaro quando gli han detto che per un accordo basta un po’ di buona volontà, ma il premier non punta a un accordo, vuole rompere con questi equilibri interni, vuole azzerare la minoranza, vuole vincere su tutta la linea. Ha detto chiaramente che vuole cambiare l’Italia e che se non ci riesce lascia la politica. Quindi dovrebbe essere intenzionato ad andare fino in fondo. E se la minoranza gli voterà contro non è da escludere che si arrivi alle elezioni. E’ difficile che Renzi porti a casa un altro 41%, ma sicuramente è in grado di vincere le elezioni, gli italiani sono con lui nonostante l’articolo 18, i sindacati e gli ex comunisti garantisti e quindi è credibile che ci siano anche le elezioni nei suoi programmi. Certo, deve far capire a tutti qual è la posta in gioco, ma in questo è maestro.
In tutto questo gioco, eminentemente politico, c’è una vittima illustre, il sindacato. Ormai è diventato il nemico, l’obiettivo è quello di abbatterlo. Anzi, nemmeno, lo si considera già battuto, vinto. Per Renzi non esiste, non si cura nemmeno di combatterlo, gli è bastato ignorarlo, il logorio del “non incontro” è stato sufficiente a metterlo in un cantone. Adesso il sindacato, anzi la Cgil tenta la carta dello sciopero generale o della manifestazione, perché forse gli scioperi non li vuole fare più nessuno. Ma anche queste proteste lasceranno il tempo che trovano. Renzi non tentenna, ma forse commette un errore. Perché i corpi intermedi non sono inutili, al contrario in una società complessa come quella in cui viviamo, queste agglomerazioni di interessi sono utili proprio perché aiutano il governo dell’economia e della società. Se svanisse il sindacato, come non è escluso che nel tempo accada, il danno sarebbe fortissimo per tutti. Le relazioni industriali finirebbero, almeno nelle forme in cui le abbiamo conosciute da sessant’anni, ma i corporativismi, i localismi, i particolarismi la farebbero da padrone e gli esiti non sarebbero certo positivi. Il sindacato ha commesso tanti errori, è troppo spesso in ritardo, ha notevoli difficoltà a decidere, ma alla fine è sempre meglio una confederazione, capace proprio in quanto tale di guardare all’interesse generale, di un movimento dei forconi o un No Tav. E’ questa l’analisi che, intervistato da Il diario del lavoro, ha fatto Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, ex segretario generale aggiunto della Cisl, che condivide la battaglia di Renzi per un rinnovamento delle tutele, ma si interroga anche sugli esiti di una possibile eliminazione dei sindacati.
E questo dovrebbe essere al momento il tema principale, perché i corpi intermedi hanno una funzione della quale non si può prescindere. Abbiamo visto cosa è accaduto quando all’inizio degli anni 90 sono spariti i partiti politici, il danno che abbiamo avuto da venti anni di berlusconismo, per l’economia, ma soprattutto per la cultura del nostro paese. Ripetere quella situazione per i sindacati oggi, in un momento in cui siamo ai massimi storici di disoccupazione, in una crisi che dura da sei anni e non accenna a finire, anzi ogni volta che si riaffaccia uno straccio di ripresa riprende quota più forte che mai, in questa situazione fare a meno dei sindacati potrebbe essere letale.
Se ne è accorto Raffaele Bonanni che con tutta probabilità per questo ha deciso di lasciare con qualche anticipo la Cisl. Nell’impossibilità di avere un confronto con Renzi, il che significava il fallimento della politica che ha sempre svolto in questi anni, nella consapevolezza dei guasti che l’indebolimento dei sindacati può provocare, Bonanni ha capito che serviva una frattura, una politica tutta diversa, in grado di rompere gli equilibri o i disequilibri che si stavano creando. Ma si è accorto anche che nella sua posizione, con davanti solo sei mesi prima di dover lasciare l’incarico per raggiunti limiti d’età, non era in grado di realizzare questa rottura, così forte, e allora ha preferito lasciare la mano a chi aveva del resto già scelto per la successione. Annamaria Furlan avrà un bel problema, investita da questo incarico in un momento così difficile, ma certo avrà tutto il tempo per fare quello che riterrà opportuno.
Tanto più c’è da considerare con grande attenzione il pericolo che sta correndo il sindacato in quanto l’uscita di scena del sindacato dei lavoratori provocherebbe parallelamente anche un forte contraccolpo per le associazioni imprenditoriali, che sono l’altra faccia della stessa realtà. Il panorama non è attrattivo. Rete imprese Italia non è mai decollata, Confindustria è ai minimi storici, quanto meno per prestigio e autorevolezza. Il pericolo è che questa frana continui e porti danni consistenti. Non è un caso se vanno per la maggiore a Palazzo Chigi due idee che dovrebbero essere respinte con forza dagli imprenditori, i quali invece non sembrano muoversi. La prima è quella di mettere nelle buste paga dei lavoratori dipendenti la metà del Tfr che si matura, un pericolo per le casse delle aziende, specie quelle medio piccole che con il Tfr si finanziano. L’altra è quella di lasciare sul campo solo due forme contrattuali, un contratto a tempo indeterminato e uno a tempo determinato, spazzando via le altre forme contrattuali, tra le quali i contratti a progetto. Ai quali invece le imprese fanno ampio ricorso, nonostante i costi siano lievitati. Due pericoli reali per le imprese, ma non risulta ci siano state offensive confindustriali per sventarli, segnale preciso dell’esistenza di forti problemi di tenuta.
Contrattazione
In alto mare il problema dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Il ministero del Lavoro ha infatti confermato il no al piano Grifa, che è stato bocciato anche dalla Fiom che ritiene inadeguate le offerte della società, pronta ad assumere 475 operai su 770. E’ stato invece siglato, sempre senza la firma della Fiom, un accordo per la cassa integrazione per i lavoratori dello stabilimento di Mirafiori. Buone notizie per i lavoratori della Ducati, che tramite un voto segreto hanno deciso di siglare un accordo che introduce il lavoro domenicale, con un investimento di 11,5 mln e 13 nuovi posti di lavoro. Per quanto riguarda la Ferriera di Servola, è stato firmato l’accordo per l’acquisizione dello stabilimento di Siderurgica Triestina, azienda del Gruppo Arvedi. Rimane invece in alto mare la vertenza Accenture di Palermo, che rischia di chiudere e mandare a casa 262 dipendenti. In bilico altre due vertenze: quella tra Abi e sindacati sul rinnovo del contratto nazionale dei bancari e la trattativa su Ast Thyssenkrupp in merito all’intenzione dell’azienda di spegnere il forno di fusione; da questa decisione infatti dipenderà il futuro dello stabilimento ternano. Triste sorte per i 240 lavoratori della Berloni, azienda ormai in liquidazione: sindacati e impresa hanno siglato un accordo di licenziamento, prevedendo però la possibile riassunzione di 100 dipendenti. Sul fronte bancario, I sindacati del credito e Federcasse hanno siglato tre accordi per il settore del credito cooperativo in vista dell’apertura del confronto sul contratto nazionale. Infine, quello che doveva essere un’incontro risolutivo al tavolo dell’azienda Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori) si è rivelata una riunione interlocutoria, dato che l’azienda non aveva ancora pronto il piano industriale atteso dalle controparti sindacali.
Interviste
Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, intervistato dal direttore del Diario del Lavoro Massimo Mascini, ha spiegato la natura del dilemma che attanaglia il paese, sbrogliando l’attuale dibattito che ruota attorno all’art. 18 e il pericolo che con la crisi del sindacato stiamo correndo. Sul diario del lavoro anche l’intervista di Fernando Liuzzi al segretario generale della Uilm Rocco Palombella, che critica Renzi per le sue scelte sull’articolo 18 e ancor più per non aver voluto o saputo distinguere tra i diversi sindacati.
Nota
Il Diario del Lavoro pubblica due note che portano entrambe la firma di Fabiana Palombo: la prima riguarda un approfondimento del contenuto dell’emendamento governativo sul Job Act, che potrebbe rivoluzionare il mercato del lavoro in Italia; la seconda esamina l’art. 18 utilizzando come nuova chiave di lettura gli ultimi dati Ocse, che rivelano come le protezioni accordate a un lavoratore tedesco sono superiori alle nostre.
Documentazione
Fitta documentazione questa settimana sul Diario del lavoro. Sono disponibili i testi dei contratti nazionali delle imprese pulizia artigiane, del settore cemento-calce-gesso delle pmi; il rinnovo del contratto dei dirigenti siglato tra Fiat-Cmh Industrial e Federmanager; l’ipotesi di accordo sul rinnovo del contratto acconciatura ed estetica; i rapporti Istat sul fatturato industriale, sulle retribuzioni contrattuali, sui conti economici nazionali e sulle professioni, quest’ultima condotta con Isfol.