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Rota (Fai Cisl): grande stagione di rinnovi contrattuali, ma le sfide sono ancora tante

Emanuele Ghiani
Dicembre09/ 2021

Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, in merito ai recenti rinnovi contrattuali nel settore dei forestali, degli allevatori, dell’artigianato area alimentazione e panificazione e l’apertura delle trattative per il rinnovo del contratto Operai agricoli e florovivaisti. Per il segretario della Fai Cisl, sono state inserite nei vari contratti molti punti di welfare e di supporto alla conciliazione vita-lavoro, ma la lotta per arginare i veri fenomeni di sfruttamento del lavoro serve la partecipazione di tutti e ha proposto una sua ricetta in tal senso.  

Rota, in queste settimane si è assistito a una grande stagione di rinnovi contrattuali nei settori che seguite, a partire dall’ultimo rinnovo dei Forestali, in pausa da quasi 10 anni.

Si, per quanto riguarda i forestali finalmente, dopo che nel decreto “incendi boschivi” è entrato un intervento legislativo che riconosce il contratto idraulico-forestale ai lavoratori che hanno rapporti diretti con le amministrazioni pubbliche, cioè i lavori di manutenzione forestale, con quel decreto-legge abbiamo dato avvio alla firma definitiva del contratto, nella sede della Conferenza delle regioni.

Cosa prevede il contratto?

Un aumento di 50 euro a regime dal primo di dicembre di quest’anno e altri 50 euro che partono dal primo marzo del 2023. Sono coinvolti oltre 60.000 lavoratori a livello nazionale. Era da 10 anni in sospeso ma con questo dispositivo legislativo che ha chiarito il ruolo e l’applicazione del contratto privatistico per i dipendenti, abbiamo finalmente regolato il lavoro stagionale di chi tutela le nostre foreste e fa prevenzione del dissesto idrogeologico.

Quindi è un discorso diverso per quanto riguarda il corpo forestale?

Si, loro fanno parte del Mipaaf, il ministero delle politiche agricole e hanno funzioni più di vigilanza e repressione. Non operano nella manutenzione idraulica-forestale. È un corpo più di polizia che di salvaguardia ambientale.

Che invece è il caso del vostro contratto.

Esatto. I lavoratori convolti nel contratto operano nel taglio e la piantumazione, oppure i lavori di briglie che vengono costruite per evitare frane e smottamenti, ne fanno parte anche i lavoratori coinvolti in tutta la parte sentieristica quindi legata al turismo, oppure l’antincendio boschivo. Sono lavoratori centrali anche nella sfida per la transizione ecologica.

Inoltre, avete anche rinnovato il contratto nazionale artigianato area alimentazione e panificazione.

Si, è stato un grande risultato, come anche il contratto degli allevatori, in sospeso da 12 anni. Quello dell’artigianato panificazione coinvolge circa 30mila aziende e più di 100mila lavoratrici e lavoratori, ed è sparso in tutto il territorio nazionale, coinvolgendo più di 8.000 comuni.

Avete implementato nel contratto delle politiche di welfare, una attenzione particolare ad esempio sulla genitorialità, come la possibilità di richiedere per chi ha figli con meno di tre anni il prolungamento del periodo di esenzione dal lavoro notturno per sei mesi continuativi.

È da anni che la nostra organizzazione sta puntando alla valorizzazione dei temi legati al welfare, e offriamo ai lavoratori tramite gli enti bilaterali anche prestazioni per il sostegno al reddito oppure di natura sanitaria. In questo caso vogliamo favorire anche la genitorialità, facendo in modo di evitare alle persone di lavorare a cicli continui, in particolare nei turni di notte, per farli stare al fianco dei propri figli. E questo discorso vale anche per i genitori che adottano.

Infatti, nel contratto si legge che avete allargato questi diritti sia alla madre lavoratrice che al padre mono-affidatario. Il sindacato e la contrattazione si allargano ulteriormente anche in campi di norma regolati dallo Stato.

Questo della genitorialità è un filo unico che stiamo implementando in diversi contratti e stiamo molto valorizzando.  E hai centrato il punto, perché la contrattazione non riguarda solamente gli aumenti economici, che ci devono essere in maniera giusta e adeguata all’aumento del costo della vita. Oggi i contratti sono molto orientati e attenti a valorizzare la persona. Quindi si valorizzano i tempi di vita e di lavoro, si risolvono i disagi legati alle nuove forme di lavoro come il lavoro agile, i diritti alla disconnessione.

Anche sulla formazione avete apportato progressi, nel contratto avete infatti inserito la possibilità di utilizzare le 150 ore riconosciute nell’ambito del diritto allo studio, anche per corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri.

Vogliamo che la formazione diventi un diritto soggettivo e non per pochi privilegiati. Siamo in un mercato del lavoro sempre in evoluzione, e le possibilità di rimanere dentro questo mercato aumentano se si lavora sull’aggiornamento delle competenze e sulla formazione continua delle persone. Nel tempo, il lavoro sta diventando sempre più complesso, non è come prima che si iniziava a lavorare a 20 anni e si usciva tranquillamente a 60 con la pensione in tasca.

Il 2 dicembre avete avviato le trattative per il rinnovo del contratto Operai agricoli e florovivaisti. La situazione del settore, a detta di Confagricoltura, non è facile, dato che le imprese soffrono della forte instabilità dei prezzi delle materie prime e gli aumenti dei costi di produzione e dell’energia che si ripercuotono su tutte le filiere.

È vero che oggi i prezzi e i costi per le industrie e aziende sono aumentati per quanto riguarda l’energia e i costi del packaging e questo spinge le aziende a rivedere i loro piani economici. Però è anche importante che dentro questa circolarità, cioè l’attenzione al benessere sia ambientale che animale, ci sia anche una attenzione al benessere sociale, in questo caso occupazionale. Stiamo parlando di un contratto che coinvolge circa 180.000 aziende assuntrici di personale e oltre 1 milione di lavoratori. Quindi dobbiamo lavorare affinché la riduzione dei prezzi e dei costi per le aziende non si trasformi in selvaggio sfruttamento dei lavoratori.

E come si potrebbe conciliare la diminuzione di costi con una paga equa al lavoratore?

Ho una ricetta, ma premetto che ho consapevolezza della difficoltà di comprenderla e di praticarla, perché richiede veramente un grande sforzo di partecipazione di tutti. Parto con un esempio per spiegarmi meglio: nel settore bancario l’Abi ha imposto i tassi anti-usura; se una banca presta denaro sopra un certo tasso di interesse, scattano delle procedure di infrazione che impediscono questi prestiti e condannano la banca. Penso che anche in agricoltura dovremmo applicare questa logica, cioè prevedere dei prezzi agricoli anti-sfruttamento. Se l’azienda vende latte, piuttosto che pomodori, a dei prezzi che non vanno a remunerare l’impresa, l’investimento o il lavoro, vuol dire che l’azienda o non paga le tasse, oppure non porta a casa un guadagno o peggio sfrutta i lavoratori. Quando io sento che i prezzi agli agricoltori sono bassi, vorrei che il Ministero dell’agricolture stabilisse, attraverso una agenzia, che vendere ad esempio un Kilo di pomodori sotto tot centesimi sia considerato sfruttamento del lavoro.

Una idea che rivoluziona l’attuale concetto di mercato. Quindi voi dite: abbiamo un vantaggio conoscitivo, perché sappiamo già quanto un lavoratore guadagna con il nostro contratto e conosciamo i processi e le lavorazioni; quindi, sarebbe molto improbabile una perfetta regolarità dell’impresa nel caso in cui il prezzo di vendita del produttore risulti al di sotto di tot centesimi.

Esatto, ma risolve anche paradossi come lasciare marcire il prodotto appeso alla pianta, perché al produttore a volte conviene di più non raccoglierlo piuttosto che pagare dei lavoratori per poi rivenderlo a prezzo ridottissimo. Prendiamo ad esempio una azienda industriale che fa tortellini e che sa benissimo che per farli ha bisogno della farina, uova, del ripieno, della pastorizzazione per renderlo commestibile, ha bisogno di un packaging, di un costo del lavoro, degli investimenti. Quindi un Kilo di tortellini, se l’impresa lo vende ad esempio a meno di 1,50 euro, qualcuno ci sta rimettendo. Stesso discorso si può fare per qualsiasi prodotto agricolo; se al supermercato si trova a 3,50 euro un kilo di pomodori e ai produttori agricoli viene dato qualche centesimo al Kilo si capisce il ricarico della filiera e in particolare alla grande distribuzione. Anche qui ci vorrebbe un patto etico con la Gdo, non può esistere una così grande forbice tra produzione e vendita al dettaglio.

Questa ricetta risolverebbe questi problemi, ma in questo caso è lo Stato che dovrebbe muoversi in questa direzione.

Si ma non partiamo da zero, abbiamo fatto già passi in avanti. Penso alla legge 199 del 2016 e ai protocolli contro il caporalato, penso alla legge appena approvata contro le aste al doppio ribasso, e penso anche alla nuova Pac, che contiene una clausola sociale per cui ci siamo battuti per anni: si prevede, per le aziende che godono di contribuzione europea, di ritirare i fondi nel caso in cui non vengano applicati i contratti e rispettato il lavoro. Ora dobbiamo fare in modo che questo principio venga realizzato anche dal governo italiano, e l’impegno che abbiamo di Patuanelli è di farlo presto, tanto da potere spingere gli imprenditori agricoli a prestare molta più attenzione sul rispetto delle norme legate al lavoro.

Emanuele Ghiani

Emanuele Ghiani

Redattore de Il diario del lavoro.

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