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Home - Approfondimenti - Interviste - Ex-Ilva, Palombella (Uilm): il vero problema è se chiude l’Altoforno 2

Ex-Ilva, Palombella (Uilm): il vero problema è se chiude l’Altoforno 2

di Emanuele Ghiani
4 Settembre 2019
in Interviste
Ex-Ilva, Palombella (Uilm): il vero problema è se chiude l’Altoforno 2

Il diario del lavoro ha sentito il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, in merito ai lla vertenza dell’Ex-Ilva di Taranto, per chiedergli a che punti sono arrivati nelle trattative e quali sono i problemi e le prospettive del sito tarantino.


Palombella, il 28 agosto c’è stato un tavolo tecnico per la vertenza Ex-Ilva di Taranto. Ci sono state novità?

C’è stato solo tra i tecnici del Mise e l’ad di Arcelor Mittal Italia. Hanno fatto una verifica sui contenuti del decreto imprese del 6 agosto, in attesa di pubblicazione, per verificare se la questione dell’immunità penale sia stata recepita o meno.

Cosa comporterà quindi questo decreto per le sorti dello stabilimento?

C’è stato detto che questo nuovo decreto legge interverrà sull’immunità penale di ArcelorMittal, legandola al completamento degli interventi di bonifica previsti dal piano ambientale. In pratica l’immunità rimane fino a quando non sarà realizzato l’intervento di bonifica, di ambientalizzazione e di adeguamento impiantistico. Questa operazione ha però delle tempistiche.

In che senso?

L’operazione di immunità e bonifica avverrà a fasi, quindi per ogni singolo intervento di bonifica, una volta completato, l’azienda lo dovrà mantenere. Se si faranno i vari interventi nel tempo bene; ma anche se non rispettassero le tappe del risanamento ambientale, non condizionerebbe le tempistiche dello scudo, che comunque decadrebbe un pezzo alla volta, fino ad esaurirsi verso il 2024.  

Come giudica questa situazione ad oggi?

Penso che verrà superata questa impasse, perché entro il 6 settembre avevano dichiarato di chiudere l’Ilva se non ci fosse stato un intervento legislativo su questa materia. Entro oggi il presidente repubblica firmerà il decreto e verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quindi conosceremo meglio quali sono i termini del decreto.

Ci sono altre problematiche che potrebbero compromettere a breve il futuro del sito?

Si, ci sono due punti che continuano a tenere i l fiato sospeso ai lavoratori di Taranto: il primo è una ulteriore richiesta, da parte da parte di ArcelorMittal, di una nuova proroga della cassa integrazione, per altre 13 settimane, per 1.400 lavoratori. Alla fine di settembre scadranno le altre 13 settimane di cassa integrazione già concesse e utilizzate in questi mesi. L’hanno fatto per problemi di mercato, crisi dell’acciaio, riduzione della produzione.

Una richiesta fattibile?

Ci sarà un incontro l’11 ma questo di per sé diventa un ulteriore elemento di frizione e gravità.

L’altro punto?

È il sequestro dell’Altoforno 2. Se non ci sarà l’accoglimento da parte della procura di Taranto, il 10 di ottobre si fermerà l’Altoforno. Preciso che è uno dei 3 Altoforni; se si ferma, la produzione si fermerà ulteriormente e si creeranno altri 1.500 esuberi, che si aggiungono ai 1.400 lavoratori e ai 1.700 dell’Ilva in amministrazione straordinaria. La famosa risalita produttiva, cioè 6 milioni di tonnellate di acciaio, e il processo di bonifica, subirebbero degli slittamenti. Aggiungiamo la crisi di mercato legato all’acciaio, e le prospettive di risanamento, di ripresa produttiva e la salvaguardia dei livelli occupazionali diventerebbero molto difficili da realizzare.

Qual è la situazione dell’Altoforno 2 ad oggi?

C’è un ricorso, un secondo per la precisione, il primo è stato rigettato. E’ stata fatta una impugnativa per cercare di dimostrare di riuscire a realizzare ulteriori interventi e migliorie di intervento tecnologico, con la speranza che la procura possa prendere in considerazione questo ulteriore ricorso. La situazione è complicata.

Quindi è tutto in mano alla procura.

Si, loro hanno avviato le operazioni di fermata dell’Altoforno 2, che sono molto articolare e complicate. Se non ci saranno interventi nuovi, il 9 ottobre sarà fermato l’Altoforno e l’Ilva di Taranto non solo non avrà l’economicità ma neanche le condizioni minime per poter continuare a marciare.

Quindi se anche gli altri problemi venissero risolti, sarebbe la fine dell’Ilva?

Diciamo che questo è diventato un punto dirimente e indispensabile per la prosecuzione dell’attività produttiva e per il risanamento ambientale.

Hanno dato tempistiche per una risposta?

No, ma immagino che arriverà una risposta a breve.

Che giudizio ha sul lavoro svolto dal Mise riguardo alla vertenza?

Il Mise ha svolto un ruolo altalenante e schizofrenico, con momenti di allarmismo delle popolazioni. Voleva mettere in discussione il piano ambientale, e si è perso tempo importantissimo, per esempio hanno eliminato un decreto sull’immunità penale e poi ne hanno fatto un altro riconfermandolo; questo gioco ci ha fatto perdere due o tre mesi di tempo. Il ministro dello sviluppo economico sembrava essere da un lato responsabile, dall’altro cercava di creare situazione di incertezza e preoccupazione all’interno della realtà tarantina. Abbiamo cercato di chiedere conto di questa confusione.

Cioè?

Noi abbiamo avuto dall’inizio di agosto 3 o 4 audizioni alle commissioni lavoro di Camera e Senato, proprio per denunciare queste situazioni di grande disagio; eravamo disperati, non si riusciva a sapere nulla. Adesso speriamo che questo decreto recepisca le condizioni che consentano di far lavorare il nuovo acquirente in tema ambientale, e si avvii una risoluzione di problemi.

Emanuele Ghiani

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Emanuele Ghiani

Emanuele Ghiani

Redattore de Il diario del lavoro.

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