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Home - Rubriche - Giurisprudenza del lavoro - Se cessa l’appalto, senza prosecuzione del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante, occorre attivare la procedura del licenziamento collettivo

Se cessa l’appalto, senza prosecuzione del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante, occorre attivare la procedura del licenziamento collettivo

di Biagio Cartillone
28 Aprile 2023
in Giurisprudenza del lavoro
Il decreto Cura Italia non impedisce il licenziamento per superamento del periodo di comporto

Una cooperativa di Potenza ha concluso con la committente un contratto di appalto che aveva ad oggetto lo scarico di automezzi, il controllo visivo dello stallo degli imballi e quantitativo della merce in entrata, il deposito di materiale, l’approntamento dei materiali in aree specifiche o loro spedizione, il carico degli automezzi in partenza, il sequenziamento di materiali e movimentazione di merci. Per l’esecuzione di questa attività la cooperativa impiegava 61 dipendenti. Cessato il contratto di appalto, la cooperativa ha provveduto ad intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a tutti i lavoratori occupati nell’unico appalto da essa gestito. La nuova società, che è subentrata nella conduzione dell’appalto, ha provveduto ad assumere alle sue dipendenze 41 di loro, previa sottoscrizione di un verbale di conciliazione. La cooperativa che cessava l’appalto ha intimato il licenziamento ai suoi dipendenti senza attivare la procedura del licenziamento collettivo perché, a suo dire, non era necessaria, essendosi provveduto a licenziare tutti i lavoratori. In questo caso non si è in presenza di un licenziamento collettivo ma di un licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo.

Uno dei lavoratori licenziati e non assunti dalla nuova impresa appaltatrice ha impugnato il licenziamento; il tribunale e la Corte di Appello di Potenza hanno respinto l’impugnazione del licenziamento, perché hanno ritenuto la insussistenza dell’obbligo di attivare la procedura del licenziamento collettivo, così come hanno ritenuto l’insussistenza di un trasferimento di azienda tra l’impresa cessante e l’impresa subentrante nelle attività dell’appalto.

La Corte di Appello di Potenza in particolare ha rigettato le domande del lavoratore per “l’inesistenza, nell’ipotesi di successione di un imprenditore ad un altro nell’appalto di servizi, di un diritto del lavoratore, licenziato dall’appaltatore cessato, al trasferimento ipso iure all’impresa subentrante.” Sempre per la Corte di Appello, “in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quando la ragione del recesso consista nella soppressione di uno specifico servizio legato alla cessazione di un appalto e non si identifichi nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il nesso causale tra detta ragione e la soppressione del posto di lavoro è idoneo di per sé a individuare il personale da licenziare, senza che si renda necessaria la comparazione con altri lavoratori dell’azienda e l’applicazione dei criteri previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 5.”

Il lavoratore ha impugnato la sentenza della Corte di Appello con ricorso in Cassazione.

La Corte suprema ha accolto il ricorso del lavoratore affermando che “non è vero che, avendo “i licenziamenti… riguardato tutto il personale in forza alla Cooperativa per essere venuto a scadenza il 31 marzo 2018 l’unico contratto di appalto e, quindi, l’unica commessa facente capo alla predetta Cooperativa” comportante la cessazione della sua attività d’impresa, si verta in una condizione “al di fuori dell’ambito della riduzione o trasformazione dell’attività lavorativa con l’inevitabile conseguenza che i licenziamenti di tutti i dipendenti” siano “da qualificarsi come licenziamenti plurimi per giustificato motivo oggettivo” (come erroneamente affermato dalla Corte di Appello di Potenza)”. Il licenziamento doveva essere correttamente qualificato come licenziamento collettivo e non, come erroneamente operato, come licenziamento plurimo per giustificato motivo oggettivo. Per la suprema Corte si ha licenziamento collettivo “anche nel caso di cessazione totale dell’attività d’impresa “.  La procedura del licenziamento collettivo, per la Corte di Cassazione, non si applica solo nelle ipotesi espressamente richiamate dalla legge: fine lavoro nelle costruzioni edili e attività stagionali o saltuarie.

Nel caso in cui vi sia cessazione del contratto di appalto con il subentro di altra impresa appaltatrice, la procedura del licenziamento collettivo non si applica solo  “nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.

Nei confronti di questi lavoratori rioccupati dalla nuova impresa appaltatrice, non vi è alcun motivo di tutela e la procedura del licenziamento collettivo non ha alcuna ragion d’essere.

“Solo nella ricorrenza di tali presupposti, la situazione fattuale costituisce sufficiente garanzia per i lavoratori, risultandone la posizione adeguatamente tutelata, ed esonera dal rispetto dei requisiti procedurali richiamati dalla L. n. 223 del 1991, art. 24; come confermato anche dalle dichiarate finalità della disposizione, di “favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori”, che concorrono ad individuare l’ambito dell’esonero dal rispetto della procedura collettiva”. Cassazione civile sez. lav. – 11/04/2023, n. 9650 .

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Avvocato, Giuslavorista del Foro di Milano - www.biagiocartillone.it

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