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Home - Rubriche - Giurisprudenza del lavoro - La raccomandata in giacenza all’ufficio postale va ritirata prima che sia restituita all’azienda mittente

La raccomandata in giacenza all’ufficio postale va ritirata prima che sia restituita all’azienda mittente

di Biagio Cartillone
9 Giugno 2023
in Giurisprudenza del lavoro
Riscossione Sicilia S.p.A. sottoscrive il verbale di accordo del contratto collettivo nazionale

A volte capita che l’azienda invii al dipendente una lettera con posta raccomandata, per la rilevanza del suo contenuto, che rimane in giacenza presso l’ufficio postale perché il destinatario non si è preoccupato di curarne il ritiro e conoscerne così il contenuto.

La lettera raccomandata non ritirata, dopo la scadenza del termine di giacenza nell’ufficio postale, è così restituita dalle poste al mittente per compiuta giacenza.

Che valore giuridico ha questa lettera restituita al mittente per compiuta giacenza? La sentenza della Corte di Cassazione, che commentiamo, illustra e fissa i principi che regolano questa materia.

Il fatto della controversia sottoposto all’esame dei giudici può essere così sintetizzato: il datore di lavoro ha comunicato il licenziamento ad una dipendente, con lettera raccomandata spedita al domicilio che la lavoratrice aveva indicato come suo luogo di reperibilità. La lettera raccomandata è stata restituita dalle poste al datore di lavoro per compiuta giacenza non avendo la lavoratrice provveduto al ritiro.

La lavoratrice, venuta a conoscenza in epoca successiva di essere stata licenziata, ha impugnato tardivamente il licenziamento sostenendo di non aver potuto ritirare la lettera in giacenza presso l’ufficio postale perché nella sua cassetta postale non ha mai rinvenuto l’avviso dell’avvenuto deposito per il ritiro che il postino avrebbe dovuto lasciarle.

Il datore di lavoro, secondo la prospettazione della difesa della lavoratrice, doveva fornire la prova che l’ufficiale postale aveva effettivamente lasciato nella sua cassetta postale quest’avviso. Il datore di lavoro, però, sempre secondo la prospettazione della difesa della lavoratrice, non ha dato la prova dell’assolvimento di questo specifico adempimento con la conseguenza che il licenziamento doveva ritenersi inefficace perché mai comunicato.

I giudici di merito hanno ritenuto irrilevante la mancata produzione della copia dell’avviso immesso in cassetta perché a questo specifico fine “è sufficiente la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da Poste italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l’ufficio postale, la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza; documentazione ritenuta conducente ai fini probatori fondativi della presunzione di legale conoscenza, perché estratta dai dati informatici di Poste, soggetto al quale è affidato il servizio pubblico essenziale rappresentato dal servizio postale universale con attribuzione di funzioni di certificazione”.

Per il Tribunale e per la Corte di Appello era specifico onere della lavoratrice dare l’eventuale prova dell’impossibilità di averne avuto notizia senza sua colpa. Nel caso in esame l’azienda ha correttamente inviato la lettera raccomandata all’indirizzo che le era stato comunicato dalla stessa lavoratrice.

La lavoratrice ha proposto contro la sentenza il ricorso in Cassazione ribadendo le sue difese. La Corte di Cassazione ha respinto ogni gravame confermando la sentenza della Corte di Appello.

Per la Cassazione “a norma dell’art. 1335 c.c., gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario (come il licenziamento) si reputano conosciuti nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Si tratta di una presunzione legale di conoscenza, nel senso di conoscibilità equiparata a legale conoscenza, fondata sulla prova del pervenimento all’indirizzo del destinatario della comunicazione. Affinché tale presunzione legale sia superata, è necessario che sia fornita la prova contraria dell’impossibilità di averne notizia senza colpa del destinatario. Pertanto, occorre, in caso di contestazione in giudizio, procedere ad un accertamento di fatto (appunto probatorio), che deve fondarsi su un governo logico, coerente e motivato delle risultanze probatorie, soltanto in questi limiti censurabile in sede di legittimità.

Ora, nel caso in esame, la Corte di merito ha ritenuto idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio (ossia del pervenimento della comunicazione di licenziamento al domicilio della lavoratrice), pur in mancanza di produzione di copia dell’avviso immesso in cassetta, la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da Poste Italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l’ufficio postale, la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza; documentazione ritenuta conducente ai fini probatori e fondativi della presunzione di legale conoscenza, perché estratta dai dati informatici di Poste Italiane, soggetto al quale è affidato il servizio pubblico essenziale rappresentato dal servizio postale universale con attribuzione di funzioni di certificazione.” Cassazione civile sez. lav., 31/05/2023, (ud. 16/02/2023, dep. 31/05/2023), n.15397.

L’insegnamento da trarre dai principi affermati in sentenza dalla Cassazione e dai giudici di merito è che il destinatario di una lettera raccomandata deve attivarsi in modo diligente per il tempestivo ritiro della lettera che si trova in giacenza presso l’ufficio postale perché il suo mancato ritiro equivale ad averne avuto piena e totale conoscenza presuntiva, con tutti gli effetti giuridici che ne conseguono sulla tutela della propria posizione soggettiva. Il tutto, sempre a condizione che l’indirizzo presso il quale la raccomandata è stata inviata sia l’indirizzo corretto che deve corrispondere a quello che il lavoratore ha comunicato in azienda come suo recapito per le comunicazioni.

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Avvocato, Giuslavorista del Foro di Milano - www.biagiocartillone.it

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