157 milioni di euro evaporati dalle casse degli atenei meridionali per via dell’esodo di 134.000 studenti verso le università del Centro-Nord, dove rette più salate (2.066 euro contro i 1.173 del Sud) hanno fruttato 277 milioni di incassi. Al conto si aggiungono altri 120 milioni annui di differenziale per le spese sostenute dalle famiglie. Insomma: il Sud paga per vedere partire i propri figli. La “contro-migrazione”, invece, resta debole e non compensa né mitiga: 10.000 giovani dal centro-nord si sono iscritti alle università del Sud e che invece di versare 21,1 milioni di rette alle università settentrionali, ne hanno pagati 12 a quelle del Mezzogiorno. Sono i conti messi nero su bianco dal focus Censis – Confcooperative “Sud, la grande fuga”.
Roma, Milano e Torino sono le città universitarie più ambite. La Capitale conta 32.895 studenti che rappresentano il 16,4 % sul totale degli iscritti nelle sedi universitarie della provincia; Milano con 19.090 studenti il 10,1% (sul totale) e Torino con 16.840 il 15,7% sul totale (sul totale).
Nel 2022, 23mila laureati al Sud hanno scelto le regioni centro-settentrionali come approdo lavorativo. Nel 2024, altri 13.000 hanno varcato i confini nazionali. In totale, 36.000 giovani ad alta qualificazione, formati con risorse meridionali, valorizzano le proprie competenze lontano dai luoghi che hanno investito nel loro futuro.
Ogni laureato rappresenta un investimento di 112.000 euro – pubblico e privato – dall’asilo nido fino alla pergamena. I 13.000 partiti per l’estero equivalgono a 1,5 miliardi di euro bruciati. I 23.000 trasferiti al Centro-Nord pesano 2,6 miliardi. Parliamo di 4,1 miliardi di euro. Soldi investiti dal Sud per formare una classe dirigente che poi sceglie di restituire altrove il proprio know how.
Il Mezzogiorno, però, non è un deserto. Ha asset, potenzialità ed energie. Occorre, però, preservare i fattori di sviluppo e puntare su formazione avanzata e strategica. Un dato su tutti: i laureati in discipline Stem (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) rappresentano appena il 22,4% del totale nazionale, con un gap dell’11% rispetto al peso demografico del Sud. E le startup innovative? Solo il 28,3% del totale.
In sostanza, commenta il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, si stratta di “un treno che parte dal Mezzogiorno ogni giorno carico di sogni, talenti, futuro” che “non torna mai indietro”. Un vero e proprio “trasferimento di ricchezza” che corrisponde a un “depauperamento silenzioso di risorse che svuota interi territori” e che costa al Sud oltre 4 miliardi. Ma la strada per invertire la rotta esiste:”investire in innovazione, formare in ambiti strategici, aprire finestre internazionali. Il sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca è l’unica via per collocare il Mezzogiorno sulla frontiera tecnologica e restituirgli competitività. L’unica strada – conclude Gardini – per non continuare a guardare quel treno partire senza ritorno”.




























