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Home - Approfondimenti - Analisi - Cosa deve, non deve, può fare il governo Renzi

Cosa deve, non deve, può fare il governo Renzi

di Ciro Cafiero
2 Settembre 2014
in Analisi

Il Ministro Poletti ha avuto ragione al meeting di Rimini. Sono tante le cose da fare per migliorare il nostro mercato del  lavoro e la condizione dei lavoratori. Riformare gli ammortizzatori sociali, con cautela , aggiungo. Investire, in questa  ottica, su politiche attive, anche sull’onda della Garanzia Giovani che, al momento – aggiungo – più che avere l’effetto di creare occupazione, ha avuto quello di rendere “consultori” i nostri vecchi centri per l’impiego, che convocano  i giovani  sino a 29 anni per sondare le loro attitudini lavorative, ascoltano  i loro sfoghi  per la frustrazione di essere dis/in –occupati, e li congedano con la promessa  che entro quatto mesi da quel colloquio, Governo permettendo, qualche lavoro lo riceveranno.  Migliorare e rendere  stabili le  misure di sostegno al consumo,  dal momento che i recenti dati Istat dimostrano l’inefficacia dei famosi  80 euro in busta paga ed anzi registrano una contrazione dei consumi delle famiglie del 2,6%.

Soprattutto, però, c’è una cosa che il Governo non può  e, anche potendo, non dovrebbe fare. Una che non deve fare, pur potendo. E  una da fare bene e in fretta.  La prima è  toccare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Non  può fare perché ha fatto una scelta di campo  precisa: ha chiuso, o almeno cosi sembra, il dialogo con la triplice, CGIL, CISL e UIL, e lo ha aperto invece con la FIOM, la federazione dei metalmeccanici della CGIL, che dal caso Pomigliano in poi,  si è imposta sulla scena come sindacato rivendicazionista “par excellence”  e indipendente, sul piano dell’azione,  dalla propria confederazione di appartenenza.

Una scelta che, malignando ma neanche tanto, sembra rispondere alla finalità di avere in casa (PD/Renzi) una componente sindacale che  ricorda la politica di Grillo per intercettare  i voti degli elettori dell’area M5S in vista di prossime (ed oggi imprevedibili) competizioni elettorali.   Toccare l’articolo 18, che è il primo tabù  della FIOM, o anche solo immaginare di farlo, significherebbe  per il Governo rompere con questa federazione, dover tornare sui propri passi per allinearsi con la  triplice, CGIL inclusa a giudicare dalle aperture degli ultimi tempi, che invece potrebbe essere d’accordo su una nuova destrutturazione dell’articolo  18, e privare,  per questo,  il PD (di Renzi) della possibilità di far concorrenza a Grillo. Non dovrebbe fare, anche potendo, per due importanti ragioni.  La prima è che la riforma Fornero del 2012 ha reso per i lavoratori regola la tutela risarcitoria ed eccezione la temuta  tutela reintegratoria. La seconda è che, comunque, l’articolo  8 della legge 148 del 2011 consente  ai sindacati, e dunque ai veri attori del mondo del lavoro,  di modificare l’articolo 18 in qualsiasi momento. 

La cosa che il Governo, anche potendo,  non deve fare è introdurre  un nuovo contratto  di lavoro, c.d. contratto unico, con o senza il correttivo della ricollocazione di Ichino.Non deve fare perché il  contratto unico ha perso di attualità, da quando nel (lontano) 2010 con il disegno di legge  Nerozzi  è stato seriamente portato in Parlamento come soluzione alla crisi del mercato del lavoro. Questo contratto nasce  infatti con la finalità di attenuare gli effetti dell’articolo  18 per indurre le imprese ad  assumere a tempo indeterminato. E cosi, prevede una tutela crescente dal licenziamento: blanda per i primi  anni di lavoro, più forte per gli anni successivi.Ma  dalla riforma Fornero del 2012 l’articolo 18 non fa più paura. Eppure, le imprese non assumono a tempo indeterminato. Ed anzi, ricorrono sempre di più al contratto a temine, che, a giudicare dai recenti intereventi normativi,  è quello che ha avuto invece realmente appeal sul Governo.

La cosa, infine, che il Governo deve  fare bene è in fretta è  creare lavoro con la mano pubblica, per ripartire. Perché la nostra economia ha storicamente giovato di forti investimenti pubblici in momenti di crisi.  Come è ad esempio accaduto nel Meridione, dagli anni 60, quando lo Stato ha promosso la creazione dei grossi poli di matrice perrousiana,da quello di Taranto a quello di Gela. Perché “sbloccare” l’Italia significa soprattutto  questo. E  cosi,se tra qualche anno  ci saranno più cantieri aperti che annunci sull’articolo 18 e sul contratto unico, gli italiani avranno della deflazione di  questi giorni  solo un brutto ricordo.

 

Ciro Cafiero

Ciro Cafiero

Ciro Cafiero

Giuslavorista

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