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Censis-Confcooperative, energia e guerra bruciano 3% Pil

redazione
Marzo15/ 2022

«La fiammata dell`energia prima e la crisi provocata dalla guerra poi rischia di incenerire 3% del PIL nel 2022. Un macigno che potrebbe mandare in default 184.000 imprese che danno lavoro a 1,4 milioni di persone». Lo dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative commentando “La Guerra dell`energia” il focus Censis Confcooperative elaborato sull`analisi del FMI.

«Per il caro energia il FMI, nel periodo prebellico, aveva stimato una contrazione del PIL pari all`1,5% a cui vanno aggiunti – continua Gardini – gli effetti della guerra che rischiano di costarci almeno un altro 1,5% di PIL (fonte centro studi Confcooperative) tra rincari delle materie prime, difficoltà negli approvvigionamenti, mancato export verso la Russia, chiusura dei flussi turistici e peggiorate condizioni per la circolazione delle merci».

«È un`economia di guerra e occorrono misure di guerra» Gardini suona l`allarme, ma lancia anche una proposta al Governo: «Le imprese vantano circa 60 miliardi di crediti nei confronti della PA. Le imprese creditrici potrebbero compensare il caro energia con i crediti vantati. La liquidazione sarà rimandata a un accordo tra Stato, Cdp, società energetiche e municipalizzate.

Questo sarebbe particolarmente utile per la disponibilità di cassa delle imprese che si stanno indebitando per pagare la bolletta elettrica triplicata rispetto allo scorso anno. Molti settori dall`agroalimentare al welfare sono alla canna del gas».

Secondo lo studio sono a rischio 184.000 imprese con almeno 3 addetti. Maggiore l`incidenza del rischio fra le imprese dei servizi (20,5%) e fra le piccole (21,3% nella classe 3-9 addetti). In base alle previsioni sul primo semestre 2022, circa 184mila imprese sarebbero esposte a un rischio tale da pregiudicare la propria attività operativa. Occupano poco meno di 1,4 milioni di addetti (il 10,5% sul totale) e rappresentano il 10,9% del valore aggiunto del sistema produttivo (Istat).

Lo studio Censis Confcooperative ricorda poi l`analisi del FMI, secondo la quale la febbre dei costi di energia gela la crescita: secondo il Fondo Monetario Internazionale la concatenazione di restrizioni alle attività produttive, di strozzature sul lato dell`offerta di materie prime ed energia e degli effetti inflattivi collegati al rimbalzo della domanda sono costati all`Italia nel 2021 circa un punto e mezzo di Pil. Stima confermata anche per il 2022 dai risultati dell`analisi controfattuale del Fondo Monetario Internazionale. Le stime più recenti del Pil italiano, rilasciate da istituzioni e agenzie internazionali, si attestano intorno al 4% per il 2022 e variano fra il 2,2% e il 2,6% per il 2023.

Il 29,8% delle imprese italiane – oltre 285mila, di cui 221mila imprese del terziario – non è in grado di recuperare i livelli di capacità produttiva precedenti la pandemia. Il 61,7% è già tornato a un regime produttivo in linea con i livelli pre pandemia (il 65,1% nell`Industria, il 60,2% nei servizi), mentre l`8,5% (circa 82mila imprese) ha già superato la fase critica con un incremento della capacità produttiva rispetto a due anni fa, anche se nel terziario la quota scende al 6,7% e nell`industria supera il 12%, così come minore è l`incidenza fra le piccole imprese (il 6,6% nella classe 3-9 addetti) e maggiore fra le più grandi (il 23,9% nella classe con almeno 250 addetti).

La ricerca, infine, afronta il tema delle imprese pronte ad assumere, ma manca il personale qualificato: il disallineamento nel 2021 ha bruciato 1,2% di PIL e continua a pesare nel 2022 per quasi 200.000 imprese. Pesa il reperimento di figure professionali. È quanto lamenta il 20% delle imprese italiane (184mila), con almeno 3 addetti nel formulare le attese sul primo trimestre 2022. Nell`industria l`incidenza sale al 23,1% (poco meno di 67mila) e nelle costruzioni raggiunge il 27,3% (circa 30mila). Molto più sentito il condizionamento della scarsità di professionalità da parte delle imprese con una dimensione compresa fra i 50 e i 249 addetti (28,1%). Il disallineamento, nel 2021 è costato al paese 1,2% di Pil.

tn

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