A seguito delle rilevazioni della Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione, diffusa da Ministero del lavoro, Istat, Inps e Inail, il segretario confederale della Cgil Franco Martini denuncia “le politiche di svalorizzazione del lavoro condotte da anni nel nostro Paese che, con gli ultimi Governi, hanno visto ulteriormente abbassata la soglia dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”. I dati sugli infortuni sul lavoro in crescita, per Martini, sono quindi da inserire in questo contesto, “poiché il diritto alla tutela della sicurezza e della salute delle persone costituisce il diritto fondamentale di una moderna civiltà del lavoro”.
Per il segretario confederale “se ad una timida ripresa dell’economia si accompagna il peggioramento dei dati infortunistici significa che, ancora una volta, la ricerca di una maggiore produttività non avviene investendo sulla qualità dei fattori di impresa, ad iniziare da quella principale, il lavoro”. “Le cause degli infortuni, mortali e non, che sono le stesse di mezzo secolo fa – prosegue – dimostrano che l’innovazione è tanto predicata quanto poco praticata, a tutti i livelli ed in tutti i settori produttivi”.
Secondo il dirigente sindacale quindi, la battaglia per la sicurezza sul lavoro è da condurre “mettendo al bando la propaganda” e in maniera congiunta tra parti sociali ed istituzioni, attraverso “leggi coerenti e trasversali, poiché l’economia illegale, le zone di frontiera come gli appalti, il dumping contrattuale, costituiscono territori dove i rischi sono maggiori”. “Va combattuta – aggiunge – con politiche mirate, che vanno dai controlli, da intensificare, al rilancio della prevenzione nei luoghi di lavoro, valorizzando i rappresentanti aziendali e territoriali alla sicurezza. Motivi per cui i sindacati, unitariamente, hanno aperto un confronto con il Ministero del Lavoro”.
Martini inoltre sottolinea la rilevanza degli investimenti per rendere efficaci gli interventi da attuare. “Senza investimenti, pubblici e privati, il sistema produttivo resterà arretrato, inducendo al maggior sfruttamento delle risorse umane. Senza un nuovo diritto del lavoro, la cultura della sicurezza rischia di cedere definitivamente il passo alle diverse forme di monetizzazione del rischio”.
“E soprattutto – conclude Martini – senza la creazione di nuovi, veri posti di lavoro, oltre la droga degli incentivi, la mancanza di occupazione non potrà che alimentare la spinta ad un lavoro ‘qualunque esso sia’, quindi anche a rischio della vita, o, addirittura, alla rinuncia ad una vita priva di prospettiva, come testimonia tragicamente il dramma della disoccupata di Torino che si è data fuoco per la disperazione”.