MERCOLEDÌ 28 GIUGNO 2023
88ª Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
La seduta inizia alle ore 14,20.
IN SEDE CONSULTIVA
(349) ROMEO e altri. – Norme in materia di delinquenza minorile
(Parere alla 2ª Commissione. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole )
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta di ieri.
Constatata l’assenza di richieste di intervento in discussione generale, ha la parola il relatore RUSSO (FdI), il quale presenta una proposta di parere favorevole.
Previa verifica della presenza del prescritto numero legale, la proposta di parere è quindi messa in votazione.
La Commissione approva a maggioranza.
La seduta termina alle ore 14,30.
MERCOLEDÌ 28 GIUGNO 2023
87ª Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
Intervengono, ai sensi dell’articolo 48 del Regolamento, l’avvocato Gabriele Pasquini, coordinatore Tavolo Tecnico Interistituzionale in materia di edilizia sanitaria, Ufficio Investimenti per l’ambiente, le imprese e le aree urbane, Direttore Servizio VI e il consigliere Ludovica Rizzotti, dirigente generale – Coordinatore dell’Ufficio IV Investimenti per l’ambiente, le imprese e le aree urbane, delegato dal Capo del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica.
La seduta inizia alle ore 9,10.
SULLA PUBBLICITA’ DEI LAVORI
Il presidente ZAFFINI avverte che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata richiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo anche sul canale satellitare e sulla web-TV e che la Presidenza ha fatto preventivamente conoscere il proprio assenso.
La pubblicità della seduta odierna verrà inoltre assicurata attraverso la resocontazione stenografica.
Poiché non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il seguito dei lavori.
PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito dell’indagine conoscitiva sulla ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, anche nel quadro della Missione 6 del PNRR: audizione del Coordinatore tavolo tecnico interistituzionale per l’edilizia sanitaria
Prosegue l’indagine conoscitiva, sospesa nella seduta del 9 maggio.
Il presidente ZAFFINI introduce l’audizione in titolo.
Hanno successivamente la parola l’avvocato PASQUINI e la dottoressa RIZZOTTI.
Seguono i quesiti del presidente ZAFFINI (FdI), del senatore MAGNI (Misto-AVS) e della senatrice PIRRO (M5S).
Intervengono quindi in risposta l’avvocato PASQUINI e la dottoressa RIZZOTTI.
Il presidente ZAFFINI conclude l’odierna procedura informativa.
Il seguito dell’indagine conoscitiva è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 9,40.
MARTEDÌ 27 GIUGNO 2023
86ª Seduta
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Gemmato.
La seduta inizia alle ore 14,40.
IN SEDE CONSULTIVA
(774) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, recante disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 1ª Commissione. Esame. Parere non ostativo)
Riguardo agli articoli del decreto-legge n. 51 di più stretto interesse della Commissione, il relatore SILVESTRO (FI-BP-PPE) segnala in primo luogo l’articolo 1, commi 1 e 5 in quanto recante modifiche alla disciplina di alcuni organi dell’INAIL e dell’INPS. In tale ambito i commi da 2 a 4 riguardano la gestione commissariale degli istituti.
I commi da 1 a 3 del successivo articolo 2 concernono il conferimento di incarichi nell’ambito delle fondazioni lirico-sinfoniche.
L’articolo 3 interviene sulle misure già previste a sostegno del Servizio sanitario della regione Calabria, nonché in materia di retribuzione dei sub-commissari delle regioni in disavanzo e di soppressione dell’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia.
Inoltre, il comma 5 dispone l’ulteriore proroga, della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso dell’Agenzia italiana del Farmaco.
Il successivo comma 5-bis è volto a modificare la disciplina che consente ai medici e ad altri professionisti sanitari in formazione specialistica di partecipare alle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza pubblica del ruolo sanitario.
Il comma 5-ter proroga la facoltà delle singole regioni o province autonome di elevare il numero massimo di assistiti dei medici di medicina generale aventi anche un incarico ad attività oraria di 24 ore settimanali.
Il successivo comma 6 proroga la sospensione delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista per l’inadempimento dell’obbligo di vaccinazione contro il COVID-19.
Il controllo della spesa per dispositivi medici è oggetto delle disposizioni di cui all’articolo 3-bis, mentre l’articolo successivo reca norme concernenti l’assunzione a tempo indeterminato, presso istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e istituti zooprofilattici sperimentali, di personale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria già reclutato a tempo determinato.
Il comma 2-bis dell’articolo 6 sopprime la possibilità che, nell’ambito delle procedure relative ai contratti pubblici di appalto, il possesso della certificazione della parità di genere sia indicato mediante autocertificazione.
L’articolo 7 dispone una proroga per interventi relativi a edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia.
L’articolo 7-ter proroga la possibilità di applicazione di disposizioni di deroga alle norme vigenti sull’organizzazione e le modalità degli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale.
Il comma 1-bis dell’articolo 10 prevede l’applicazione delle disposizioni sul riconoscimento, la promozione e la tutela della lingua dei segni italiana e della lingua dei segni italiana tattile anche alle corrispondenti delle minoranze linguistiche riconosciute.
L’articolo 11 prevede la possibilità che le carte-valori postali siano comprensive di una maggiorazione rispetto al valore facciale, da destinare a finalità di natura solidaristica.
L’articolo 12-bis, comma 1, autorizza gli enti del servizio sanitario della regione Calabria ad adottare il bilancio di esercizio 2022 entro il 30 giugno 2023 e a deliberare i bilanci aziendali pregressi entro il 31 dicembre 2024.
Il successivo comma 2 consente a regioni e province autonome di riconoscere un contributo una tantum a determinate strutture private accreditate, a titolo di ristoro di quota parte dei costi fissi comunque sostenuti a seguito di eventuali sospensioni di attività ordinarie disposte nell’anno 2021 in funzione dell’andamento dell’emergenza da COVID-19.
In conclusione, presenta una proposta di parere non ostativo.
Nessuno chiedendo di intervenire, la proposta di parere è posta in votazione.
Previa verifica della presenza del numero legale, la Commissione approva a maggioranza.
(615) Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione
(Parere alla 1ª Commissione. Esame. Parere favorevole)
Il relatore ZULLO (FdI) segnala che l’articolo l del disegno di legge in titolo ne individua le finalità, consistenti nella definizione dei principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) di cui all’articolo 117 della Costituzione.
I successivi articoli 2 e 3 disciplinano rispettivamente l’iter di approvazione delle intese tra lo Stato e la Regione e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), nonché i relativi costi e fabbisogni standard.
L’articolo 4 stabilisce che il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, può avvenire soltanto dopo la determinazione dei LEP medesimi.
L’articolo 5 disciplina l’istituzione di una Commissione paritetica Stato-Regione per la determinazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l’esercizio da parte della Regione delle funzioni oggetto di conferimento. Inoltre, l’articolo 6 prevede che le funzioni trasferite possano essere attribuite dalla Regione agli enti locali, in conformità all’articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie.
Le disposizioni recate dall’articolo 7 riguardano la durata e la modifica delle intese, nonché la cessazione della loro efficacia. È inoltre normato il monitoraggio degli obiettivi dei livelli essenziali delle prestazioni.
L’articolo 8 reca la clausola di invarianza finanziaria con riguardo all’attuazione del disegno di legge in esame e di ciascuna intesa che da esso derivi, disponendo che il finanziamento dei LEP, sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard, è effettuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio.
L’articolo 9 prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.
Infine, l’articolo 10 reca disposizioni transitorie e finali.
Intervenendo in discussione generale, il senatore MAZZELLA (M5S) richiama l’attenzione sulla valenza dell’esplicito riferimento al concetto di asimmetria caratterizzante il disegno di legge in esame. Tale elemento è infatti qualificativo di un progetto inconciliabile con l’idea di armonizzazione fra le diverse parti del territorio che ha ispirato le scelte dei costituenti.
Sussistono inoltre seri dubbi in merito alla reale possibilità di finanziamento dei LEP. L’esito prevedibile è dunque a suo avviso un’ulteriore accentuazione delle asimmetrie già presenti.
A giudizio del senatore MAGNI (Misto-AVS) il provvedimento in titolo comporta seri rischi di spaccature all’interno del Paese, oltretutto in base a un disegno che privilegia le entità regionali, spesso di natura artificiosa rispetto alle più radicate comunità locali. Il progetto in esame contraddice inoltre tutti i migliori processi riformatori che hanno segnato i decenni trascorsi, basati sul principio di universalità della tutela dei diritti. Un’ulteriore contraddizione è poi rappresentata dal contestuale disegno di centralizzazione istituzionale riguardante la forma di governo, sostenuto dall’attuale maggioranza.
La stessa attuazione effettiva del disegno di legge n. 615 risulterà incompatibile con il principio di invarianza dei costi, per cui sono prevedibili nuove conflittualità e un’accentuazione delle diversità fra territori.
La senatrice CAMUSSO (PD-IDP) esprime forte preoccupazione riguardo la garanzia dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro alla luce del disegno di differenziazione fra gli ordinamenti regionali. L’attuazione dell’autonomia regionale differenziata appare peraltro stridere con l’impostazione centralista alla base del recente decreto-legge n. 48, relativamente all’avviamento al lavoro dei percettori dell’assegno di inclusione.
Il complesso delle misure proposte è inoltre inadeguato rispetto alla natura globale delle maggiori sfide poste dalla realtà contemporanea. Nel caso specifico della tutela del diritto alla salute, il principio di invarianza della spesa implica il pericolo di un generale livellamento verso il basso della qualità dei servizi. Desta inoltre preoccupazione l’introduzione di un sistema di raccordo tra le regioni e il Governo, ai fini dell’attuazione dell’autonomia differenziata, che sostanzialmente pone il Parlamento ai margini.
La senatrice PIRRO (M5S) ritiene che l’autonomia differenziata in ambito sanitario comporti l’abbandono del principio di solidarietà e permetta la diffusione e il consolidamento di discriminazioni. In particolare, vengono poste le basi per la creazione di sistemi sanitari diversi e fortemente diversificati sul piano delle prestazioni erogate, nonché di un abbassamento generale dei livelli delle prestazioni. Risulterebbero così accentuate le diversità già esistenti. Conclusivamente segnala l’esigenza di un chiarimento sugli scopi della riforma in esame, soprattutto da parte della principale forza della maggioranza.
La senatrice CANTU’ (LSP-PSd’Az) pone in evidenza, ai fini di un giudizio corretto sul disegno di legge n. 615, la questione della tracciabilità degli impieghi e degli esiti. Tale elemento è infatti necessario ai fini dell’impiego migliore delle risorse destinate al servizio sanitario e dell’attuazione dei livelli essenziali di assistenza. L’aumento delle risorse da assegnare alla sanità presuppone infatti, in modo particolare, un effettivo contrasto agli sprechi. Siffatta forma di intervento è per sua natura efficace se attuata a livello locale e il disegno di legge in esame è funzionale a questa impostazione, che necessariamente comporta il superamento dei metodi finora sperimentati.
La richiamata esigenza di una gestione realmente razionale delle risorse postula inoltre la contestuale valorizzazione dell’apporto della sanità integrativa e del principio di appropriatezza delle prestazioni. Il complessivo processo di riforma risulta peraltro coerente con le altre priorità già individuate dalla Commissione, quali gli interventi sulla medicina territoriale, a partire dal parere espresso sul Documento di economia e finanza.
La senatrice MUSOLINO (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)) suggerisce una riflessione preliminare in merito agli esiti anche deludenti delle forme di autonomia proprie delle regioni a statuto speciale, come nel caso dell’esperienza siciliana. Il disegno di legge in esame risulta inoltre, sotto diversi aspetti, confliggente con la Costituzione, risultando così possibile prevedere numerosi interventi della Corte costituzionale.
Inoltre, il provvedimento reca disposizioni tali da dare luogo a un aumento delle sperequazioni territoriali e a un complessivo peggioramento dei servizi sanitari, specie in conseguenza dell’invarianza della spesa, con rischi di ulteriore spopolamento delle aree penalizzate e di sovraccarico delle strutture nelle realtà dove sono garantiti attualmente i migliori livelli delle prestazioni.
La senatrice FURLAN (PD-IDP) sostiene il carattere antistorico della proposta legislativa in esame, estranea alla natura globale delle maggiori emergenze attuali. Il regionalismo asimmetrico non è peraltro una risposta adeguata alle necessità in ambiti strategici, quale la ricerca e l’innovazione. Il principio dell’invarianza delle risorse risulta poi del tutto incongruo rispetto alle reali esigenze del sistema sanitario, nell’ambito stesso di un processo di accentuazione delle autonomie regionali.
La senatrice ZAMBITO (PD-IDP) rammenta gli esiti negativi della riforma del Titolo V della Costituzione rispetto al settore sanitario, che verrebbero necessariamente aggravati dall’attuazione dell’autonomia differenziata. Risulterebbe altresì sbagliato promuovere la competizione tra sanità pubblica e sanità privata, la quale penalizzerebbe la prima, peraltro posta a rischio dal progressivo definanziamento prospettato dal Governo. L’ulteriore contrazione delle risorse per la sanità è tale infatti da porre a rischio la stessa tenuta e il funzionamento del servizio sanitario nazionale.
Presenta quindi uno schema di parere contrario sul disegno di legge in esame (pubblicato in allegato), la cui impostazione di fondo è comune a tutte le analoghe proposte presentate dal suo Gruppo nelle diverse Commissioni.
Nessun altro chiedendo la parola, il relatore ZULLO (FdI) presenta una proposta di parere favorevole, che viene posta in votazione.
La senatrice PIRRO (M5S) esprime stupore per la proposta del relatore, del tutto priva di osservazioni concernenti l’ambito di competenza della Commissione, a fronte di un disegno di legge che comporta seri pericoli per la sussistenza del servizio sanitario pubblico e universale, e tenuto conto che l’insufficienza delle risorse pone già in dubbio la possibilità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni.
Dichiara quindi il voto contrario del proprio Gruppo.
La senatrice CANTU’ (LSP-PSd’Az) interviene per dichiarazione di voto favorevole a nome del proprio Gruppo, osservando che non sono state sufficientemente comprese le opportunità offerte dal disegno di legge in esame riguardo al tema fondamentale della tracciabilità degli impieghi e degli esiti, presupposto necessario a un impiego adeguato e razionale delle risorse.
Verificata la presenza del prescritto numero legale, la Commissione approva infine a maggioranza la proposta di parere del relatore. Lo schema di parere presentato dalla senatrice Zambito è di conseguenza precluso.
(755) Conversione in legge del decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano
(Parere alla 4a Commissione. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole)
Riprende l’esame, sospeso nella seduta del 21 giugno.
Nessuno chiedendo di intervenire in discussione generale, ha la parola il relatore SATTA (FdI), il quale formula una proposta di parere favorevole.
Previa verifica della presenza del numero legale, la Commissione approva a maggioranza la proposta di parere.
(349) ROMEO e altri. – Norme in materia di delinquenza minorile
(Parere alla 2ª Commissione. Esame e rinvio)
Sugli aspetti di competenza riferisce il senatore RUSSO (FdI), il quale segnala in primo luogo le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 488, disposte dall’articolo 1. Con riguardo alla giustizia minorile, queste concernono l’istituto dell’irrilevanza del fatto. Inoltre, si prevede che l’esito positivo di un percorso di reinserimento e di rieducazione comporti l’estinzione del reato. Tale percorso è basato su un programma rieducativo che prevede, compatibilmente con la legislazione sul lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit o altre attività a beneficio della comunità.
Il successivo articolo 2 estende l’applicazione della procedura dell’ammonimento del questore a tutti i delitti commessi da minorenni di età compresa tra i dodici e i quattordici anni, per i quali sia prevista una pena nel massimo non inferiore a cinque anni.
L’articolo 3 prevede un’ulteriore fattispecie del reato di istigazione a delinquere, effettuata attraverso strumenti informatici o telematici e riguardante la commissione di atti di violenza compiuti da tre o più minori, mentre l’articolo 4 è volto alla tutela delle vittime dei reati commessi, da tre o più minori, per via telematica.
Infine, l’articolo 5 modifica la contravvenzione prevista dall’articolo 731 del codice penale in caso di inosservanza dell’obbligo scolastico.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
In considerazione dell’andamento dei lavori e dell’imminente inizio della seduta dell’Assemblea, il presidente ZAFFINI avverte che la seduta dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi già prevista al termine della seduta della Commissione non avrà luogo.
La Commissione prende atto.
La senatrice CAMUSSO (PD-IDP) sollecita una riflessione in merito all’avvio della trattazione dei disegni di legge in materia di fine vita, assegnati alle Commissioni 2a e 10a riunite.
Prende atto della richiesta il presidente ZAFFINI.
La seduta termina alle ore 16,15.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DALLE SENATRICI ZAMBITO, ZAMPA, FURLAN E CAMUSSO SUL DISEGNO DI LEGGE N. 615
La 10ª Commissione permanente,
in sede di esame del disegno di legge recante disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione,
premesso che:
dalle numerose audizioni svoltesi dinanzi alla Commissione Affari costituzionali, è emerso un quadro fortemente critico del disegno di legge in esame con specifico riferimento al rispetto del sistema delle fonti, al trasferimento delle funzioni e al relativo finanziamento, alla determinazione dei LEP e al ruolo degli enti locali;
un primo ordine di criticità – sollevato dalla quasi totalità dei costituzionalisti auditi – attiene all’adeguatezza dello strumento legislativo ordinario al fine di dare attuazione all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione fornendo una cornice alle successive leggi di approvazione delle intese. In primis, poiché la legge ordinaria può essere modificata o abrogata da qualunque legge ordinaria successiva, ivi compresa la legge di approvazione dell’intesa;
una simile lettura dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, comporta il grande il rischio – consentendo il trasferimento delle funzioni sulla base di una legge quadro ordinaria – di scardinare, sostanzialmente “decostituzionalizzandolo”, il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni;
lo strumento adeguato a dare attuazione all’articolo 116, comma 3, è una legge costituzionale, così come previsto dal disegno di legge del Gruppo del Partito Democratico, a prima firma del sen. Giorgis, secondo cui il percorso che può condurre all’attribuzione ad alcune Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia deve essere disciplinato da una cornice di livello costituzionale, approvata ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione;
premesso inoltre che:
con riferimento al procedimento di approvazione dell’intesa – come delineato dal disegno di legge in discussione – sono state sollevate, dai costituzionalisti e non solo, in modo quasi unanime, critiche sull’insufficiente coinvolgimento del Parlamento nel procedimento, in particolare, sulla legge di approvazione dell’intesa quale legge di mera approvazione, senza possibilità per il Parlamento di emendare e modificare il testo;
il disegno di legge prevede che il Parlamento, in un primo momento, approvi atti di indirizzo sullo “schema” dell’intesa, di cui non è chiarita l’effettiva portata vincolante. Successivamente a tale momento, il Parlamento riceverà unicamente il disegno di legge di approvazione dell’intesa, nonché l’intesa ad esso allegata, senza possibilità di effettuare alcuna verifica sul rispetto degli indirizzi espressi nella prima fase;
non prevedere per il Parlamento la possibilità di decidere sul contenuto delle intese significa riportare il procedimento di differenziazione dell’autonomia – con tutte le conseguenti implicazioni costituzionali e in materia di effettività dei diritti fondamentali – a una trattativa tra esecutivo nazionale ed esecutivi regionali, con la conseguenza che il Parlamento rischia di essere spogliato della propria potestà legislativa senza possibilità di intervenire, a seguito di una decisione presa a maggioranza;
considerato che:
in primis, nel rispondere al quesito posto da alcuni Gruppi di opposizione in merito alla quantificazione delle risorse statali potenzialmente coinvolte nell’attuazione dell’autonomia differenziata, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha affermato che si tratta di “un esercizio complesso, non immediatamente realizzabile sulla base dei dati regionalizzati disponibili, che può essere effettuato solo dopo l’esplicitazione di scelte politiche sulle funzioni trasferibili e sugli eventuali relativi LEP, a valle di una serie di altre attività a esso propedeutiche e se si posseggono i dati granulari. (…) Una quantificazione di questo tipo è tra i compiti assegnati alla Cabina di regia per la determinazione dei LEP, istituita con la legge di bilancio per il 2023, e alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS). Si tratta di un lavoro complesso e impegnativo, la cui rilevanza ai fini della buona riuscita del processo sembra meritare un’attenzione particolare, anche qualora dovesse richiedere più tempo dei sei mesi previsti dal disegno di legge. (…) La prima difficoltà risiede nel fatto che la denominazione delle materie rilevanti per l’autonomia differenziata non consente di individuare con precisione quali funzioni attualmente svolte dallo Stato possano essere oggetto di potenziali richieste di gestione autonoma da parte delle Regioni.”
considerato inoltre che:
altrettante perplessità – quasi unanimi – sono state espresse in merito al procedimento di determinazione dei LEP, per il quale vige una riserva di legge, che tuttavia, non dovrebbe limitarsi a disciplinare il procedimento di determinazione dei LEP, ma dovrebbe anche indicare i criteri che dovrebbero portare alla loro determinazione;
a proposito dei LEP, l’Ufficio parlamentare di bilancio, in sede di audizione, ha osservato che “la determinazione dei LEP relativamente alle funzioni oggi svolte dallo Stato avrà una valenza e degli esiti molto differenti da quelli che si verificherebbero qualora i LEP fossero definiti anche sulle funzioni già oggi svolte dagli Enti territoriali. I livelli dei servizi di questi ultimi sono infatti caratterizzati da una forte eterogeneità che riflette non solo la differenziazione dei bisogni sul territorio ma anche profonde disparità nelle dotazioni finanziarie derivanti dal sovrapporsi nel corso del tempo di interventi di finanziamento non coordinati. La determinazione dei LEP in questo caso farebbe con ogni probabilità emergere significative discrepanze fra i fabbisogni standard e la spesa storica, che andrebbero colmate da interventi perequativi.”;
ed ancora, secondo l’UPB, “l’articolo 7 del disegno di legge contempla verifiche facoltative e asimmetriche in quanto riguardano il raggiungimento dei LEP nelle RAD e non nel resto del territorio nazionale dove la fornitura continua a essere statale. Data la rilevanza costituzionale della garanzia dei LEP, le verifiche andrebbero più opportunamente previste nell’ambito di una procedura periodica e simmetrica che copra sia i servizi resi dalle RAD sia quelli forniti dallo Stato. Al monitoraggio periodico e con regole uniformi fra le RAD andrebbe poi collegata l’attivazione dei poteri sostitutivi dello Stato in caso di inadempienza, in analogia a quanto previsto in campo sanitario con riferimento ai LEA.”;
Confindustria, in sede di audizione, ha affermato che si ritiene “opportuna, altresì, una definizione dei LEP non circoscritta alle materie concretamente “trasferite”, bensì riferibile all’intero perimetro delle materie “trasferibili” alle Regioni (insieme alle risorse necessarie a finanziarli); infatti, la prima ipotesi determinerebbe un rischio per gli obiettivi di perequazione, poiché è necessario disporre di quante più informazioni possibili circa l’impatto finanziario sul bilancio dello Stato. Questa soluzione si rende necessaria anche in virtù della condizionalità (prevista dallo stesso disegno di legge) tra la definizione dei LEP e il preliminare stanziamento, con legge, delle risorse necessarie a finanziarli, pena il mancato trasferimento delle relative funzioni. Solo una ricognizione del fabbisogno finanziario complessivo, dunque, sarà in grado di assicurare una gestione ordinata di questi aspetti. Sono due i rischi da evitare e cioè che: i) le Regioni si trovino a dover assicurare prestazioni essenziali con risorse insufficienti; ii) il riconoscimento ad alcune Regioni di forme e condizioni particolari di autonomia (con le relative risorse) pregiudichi la possibilità di attribuire alle altre Regioni le risorse necessarie a garantire i LEP di loro competenza.”;
ancora prima dello svolgimento delle audizioni, secondo quanto riportato nel dossier del Servizio di bilancio del Senato “Uno specifico chiarimento andrebbe, in particolare, fornito relativamente alle modalità con cui le intese, non potendo pregiudicare l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, dovranno conciliare questa condizione con quella di trasferire alle Regioni differenziate le funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, senza compromettere la sostenibilità finanziaria della misura. In altre parole, come si riuscirà a garantire la compatibilità di un eventuale aumento di gettito fiscale delle regioni differenziate rispetto alla legislazione vigente, per effetto del trasferimento delle funzioni, con la necessità di conservare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali presso le altre regioni. Analogo chiarimento di sostenibilità della misura andrebbe fornito non solo al momento della transizione delle funzioni, ma anche nel corso degli anni successivi, specificando quali saranno gli strumenti da approntare al fine di evitare interventi a carico del bilancio statale,”;
ed ancora, in sede di audizione, l’UPB ha evidenziato come il disegno di legge “non specifica i criteri relativi all’evoluzione delle risorse a disposizione delle RAD nel tempo al fine del rispetto dei principi costituzionali e di quelli contenuti nel disegno di legge stesso. (…) La necessità di un raccordo fra finanziamento e fabbisogni è evidente nel caso di materie in cui siano stati fissati dei LEP. Non vi è motivo per ritenere, anzi tutt’altro, che una volta fissata un’aliquota di compartecipazione a un tributo erariale il gettito seguirà un andamento simile ai fabbisogni. (…) L’autonomia differenziata potrebbe infatti evolvere verso configurazioni molto diverse fra loro a seconda della numerosità delle Regioni interessate e dell’ampiezza ed eterogeneità delle funzioni richieste. Non si può quindi escludere uno scenario fortemente frammentato con un significativo numero di Regioni che acquisiscono funzioni differenti, con una diversa composizione relativamente ai LEP e con un diverso peso finanziario.”
bisognerebbe evitare che il processo di differenziazione aggravi progressivamente le disuguaglianze, rischio che sussiste sicuramente per le funzioni non LEP che possono essere trasferite a risorse invariate, e dunque sulla base del criterio della spesa storica;
le risposte dell’UPB ai quesiti posti dai Gruppi parlamentari sono estremamente chiare nella loro oggettività;
riguardo al finanziamento dei LEP, l’UPB ha affermato che “(…) va osservato che per le funzioni gestite dallo Stato su cui saranno fissati i LEP, l’allocazione delle risorse dovrebbe già seguire, in linea di principio, criteri uniformi sul territorio, ma questo non richiede necessariamente che sia eguagliata la spesa pro-capite per abitante. (…) Tuttavia, in assenza di una determinazione formale dei LEP, l’uniformità potrebbe non essere estesa a tutti gli aspetti della prestazione o comunque la qualità del servizio potrebbe restare difforme sul territorio. Si pensi, ad esempio, al tempo pieno nelle scuole primarie, la cui offerta non è attualmente considerata come un servizio da assicurare uniformemente su tutto il territorio, ma piuttosto come un costo da coprire laddove storicamente presente. (…) Per quantificare l’entità del finanziamento dei LEP su materie di competenza statale è necessario calcolare il fabbisogno standard associato a essi e, di conseguenza, bisognerebbe conoscere, oltre alle materie o ambiti di materie a essi riferibili, anche gli specifici LEP, la cui determinazione è stata affidata dalla legge di bilancio per il 2023 a una apposita Cabina di regia, che non ha ancora terminato il proprio compito. Tra l’altro, si ricorda che in passato i LEP sono stati definiti in alcuni casi in termini di prestazioni da erogare (ad esempio, una certa disponibilità di posti in asili nido), in altri in termini di input (ad esempio, la presenza di un certo numero di assistenti sociali in relazione alla popolazione nell’Ambito territoriale sociale) e spesso si è soltanto delineato un percorso di avvicinamento ai LEP (legge n. 42 del 2009, volta all’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), solo talvolta specificando preventivamente il punto di arrivo finale.”;
considerato che:
il disegno di legge in esame indica, come esclusivo metodo di finanziamento delle funzioni trasferite, la compartecipazione ai tributi erariali maturati sul territorio, senza tuttavia dettare alcun criterio in ordine alla determinazione della soglia di tale compartecipazione né – come opportunamente rilevato nel documento depositato dall’UPB in occasione dell’audizione dinanzi alla Commissione – alcun meccanismo di rideterminazione della soglia di compartecipazione in relazione a eventuali variazioni dei fabbisogni regionali nel tempo. Simili profili di rigidità potrebbero comportare – nel tempo – l’eventualità di surplus anche assai significativi tra entrate derivanti dalla compartecipazione e fabbisogno effettivo: da una simulazione effettuata da Svimez e riferita in sede di audizione risulta che “se l’autonomia fosse stata concessa nel 2017, si sarebbe generato un surplus a favore delle tre regioni pari a circa 5,7 miliardi nell’ipotesi di compartecipazione IRPEF e di oltre 9 miliardi nel caso di compartecipazione Iva e IRPEF”. Come opportunamente rilevato dall’UPB, il surplus favorevole comporterebbe – in caso di trattenimento delle risorse sul territorio, per di più senza vincolo di destinazione (ipotesi configurabile alla luce del testo del disegno di legge) – una perdita netta di entrate per lo Stato, cui non potrebbe ovviarsi se non attraverso il reperimento delle risorse mancanti attraverso tagli di spesa;
sulla capienza del gettito, l’UPB, in sede di risposta ai quesiti posti dai Gruppi parlamentari, ha affermato come “(…) La verifica della capienza del gettito dei tributi compartecipati per il finanziamento delle funzioni trasferibili presuppone la quantificazione della spesa associata a ciascuna funzione rientrante nelle materie o ambiti di materie potenzialmente oggetto di autonomia differenziata che, come accennato in precedenza, richiede, sul piano politico, l’individuazione del perimetro delle materie e delle funzioni trasferibili alle Regioni e la definizione degli eventuali relativi LEP e, sul fronte tecnico, la scelta e lo sviluppo delle necessarie metodologie.”;
a proposito della dinamica dei fabbisogni e delle compartecipazioni l’UPB ha affermato che “va ricordato che, al fine del finanziamento delle materie trasferite, il disegno di legge dispone – come già accennato – che questo avvenga attraverso attribuzione alle RAD di compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale. Le aliquote di compartecipazione sarebbero determinate dalle singole Intese tra Stato e Regione in base alla quantificazione delle risorse (non solo finanziarie, ma anche umane e strumentali) prodotta dalla Commissione paritetica Stato-Regione, a sua volta costituita dall’Intesa. Pertanto, in base al disegno di legge, sembrerebbe che la valutazione delle risorse venga effettuata successivamente alla definizione dell’Intesa. Non è chiaro invece che ruolo avrebbero la valutazione preliminare del Ministro dell’Economia e delle finanze e dei Ministri competenti per materia sull’atto di iniziativa della Regione, rivolta, secondo il disegno di legge, anche all’individuazione delle risorse finanziarie da assegnare (in assenza della quale peraltro il negoziato dopo 30 giorni potrebbe comunque procedere) e le relazioni tecniche sullo schema di Intesa preliminare negoziato tra Stato e Regione e su quello definitivo. (…) Va considerato che il fabbisogno standard, anche in assenza di provvedimenti normativi che influiscano sui LEP, non rappresenta un ammontare immutabile nel tempo, dipendendo da fattori relativi al numero di beneficiari e/o di prestazioni da garantire (ad esempio, l’evoluzione demografica, la variazione delle caratteristiche economiche delle famiglie in relazione a eventuali criteri selettivi basati sui mezzi, le scelte dei cittadini, ecc.), nonché dal costo dell’erogazione, anch’esso variabile nel tempo. Anche le risorse necessarie a garantire le funzioni non collegate ai LEP potrebbero variare nel tempo, ad esempio per mutamenti nella domanda di servizi. Anche il gettito, una volta individuata l’aliquota di compartecipazione, non resta immutato sul territorio, ma evolve, data la struttura dell’imposta18, con le basi imponibili e con la capacità di riscossione.”;
considerato che:
riguardo le problematiche relative al coordinamento tra livelli di governo nella programmazione di bilancio, l’UPB ha evidenziato come “L’introduzione di forme di autonomia differenziata influirebbe sulla programmazione di bilancio sotto diversi aspetti. Innanzitutto, si potrebbe generare un deciso aumento della complessità delle relazioni tra livelli di governo che inciderebbe sul loro coordinamento in maniera tanto più rilevante quanto maggiore sarà l’ammontare delle risorse coinvolte nel processo. Inoltre, qualora le RAD assumessero il controllo su quote significative della spesa pubblica e del gettito dei tributi, potrebbe in generale risultare indebolita la capacità del governo centrale di rispondere in maniera tempestiva a necessità urgenti che si manifestassero, come accaduto negli ultimi anni, a livello sia nazionale sia sovranazionale. A obiettivi dati, risulterebbe infatti ridotta la possibilità di reperire immediatamente risorse sia dal lato della spesa (essendo una parte di essa decentrata alle RAD), sia dal lato delle entrate (dato che parte degli incassi sarebbe veicolata automaticamente, via compartecipazione, alle RAD)”;
e ancora, “a fronte di aliquote di compartecipazione al gettito stabilite al momento dell’attribuzione delle ulteriori forme di autonomia e mantenute fisse nel tempo, le entrate devolute alle RAD con basi imponibili più dinamiche potrebbero con il passare degli anni risultare superiori alle spese relative alle funzioni trasferite. Tali risorse in eccesso rimarrebbero nel territorio e sarebbero sottratte al governo centrale con due ordini di conseguenze. (…) In primo luogo, ne deriverebbero: 1) minori risorse per finanziare funzioni non trasferibili di particolare rilevanza quali, ad esempio, la previdenza sociale, anche alla luce delle pressioni che saranno generate dal progressivo invecchiamento della popolazione; 2) una minore capacità del governo centrale di attuare politiche di stabilizzazione del ciclo e di redistribuzione del reddito. (…) In secondo luogo, diverrebbe più complesso assicurare il controllo della spesa primaria netta finanziata da risorse nazionali che, in base alle nuove regole proposte dalla Commissione europea nell’ambito della riforma della governance della UE, rappresenterà l’unico indicatore che verrà utilizzato dalla Commissione europea per valutare il rispetto degli obiettivi programmati nell’ambito di un sentiero di consolidamento dei conti pubblici nel medio periodo.”;
si tratta di affermazioni che evidenziano criticità molto importanti che, se non superate, comporterebbero le gravi conseguenze descritte dall’UPB che, peraltro, offre anche soluzioni per ovviare alle suddette criticità nel corso dell’esame del disegno di legge;
rilevato che:
un ulteriore rilevante ordine di critiche attiene alla mancata fissazione di qualunque limite e criterio in relazione alla scelta delle funzioni da trasferire, quasi che – nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 116, terzo comma, le Regioni abbiano il diritto potestativo di chiedere e di ottenere maggiore autonomia – potenzialmente – su tutte le funzioni ivi previste;
deve in ogni caso osservarsi che il terzo comma dell’articolo 116 parla di ulteriori forme e condizioni di autonomia “concernenti le materie” menzionate nel medesimo comma: oggetto del trasferimento sono allora singole funzioni, e non materie o blocchi di materie;
una devoluzione per blocchi di materie si tradurrebbe in una deroga legislativa all’articolo 117, secondo comma, con conseguente violazione dell’articolo 138 della Costituzione;
inoltre, secondo l’UPB, “il trasferimento alle Regioni di competenze quali, ad esempio, le grandi reti di trasporto, i porti e gli aeroporti potrebbe generare, nel caso di interessamento di due o più Regioni o di una minore efficienza nella gestione locale rispetto a quella nazionale, esternalità negative con effetti potenziali sull’intero Paese. Peraltro, un’attenzione particolare meriterebbe il fatto che tra le materie potenzialmente oggetto di autonomia differenziata vi è la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, una materia di particolare interesse strategico nazionale e cruciale a fronte delle sfide che si pongono in merito alla transizione energetica. (…) Il trasferimento di funzioni e delle necessarie risorse dovrebbe pertanto essere preceduto da un’analisi da cui emerga un effettivo miglioramento complessivo della gestione pubblica. La stessa Regione che voglia ottenere maggiori competenze in alcune materie dovrebbe, a monte, motivare la richiesta indicando i benefici che ne deriverebbero rispetto alla situazione centralizzata. Il complesso di queste informazioni dovrebbe poi essere reso disponibile al Parlamento per istruire l’eventuale approvazione.”;
considerato altresì che:
specifiche preoccupazioni sono state infine espresse dagli enti locali che temono che i processi di differenziazione possano condurre a un nuovo “centralismo regionale” senza, peraltro, prevedere il coinvolgimento degli enti locali (sia nei processi di differenziazione, sia nel procedimento di determinazione dei LEP) riguardo all’impatto del trasferimento di funzioni sulle funzioni fondamentali delle province e dei Comuni;
in particolare, secondo l’UPB, ci sarebbero riflessi della differenziazione sulla perequazione provinciale e comunale poiché “se le risorse attribuite alle RAD per la perequazione seguissero regole diverse si determinerebbe un impatto sulle risorse degli Enti locali di tutte le altre Regioni. Se, ad esempio, le risorse fossero determinate al momento del trasferimento della funzione e poi congelate all’interno di una compartecipazione ad aliquota fissa, negli anni successivi gli Enti locali delle altre Regioni vedrebbero modificati i propri trasferimenti per due ordini di ragioni. Il primo è che si modificherebbe l’ammontare complessivo di risorse perequate, perché verrebbe a mancare la variazione che spetterebbe agli Enti locali della RAD. Il secondo è che anche a parità di risorse complessive si modificherebbe la distribuzione fra i singoli Enti: la perequazione dipende infatti dalla distanza relativa dei fabbisogni e delle capacità fiscali di ogni Ente rispetto alla media; se questa cambia, perché gli Enti delle RAD non vengono più considerati nel calcolo, cambieranno anche le distanze e i relativi trasferimenti.”;
con particolare riferimento alle materie riguardanti la 10ª Commissione,
riguardo la sanità, la maggior parte dei soggetti auditi ha evidenziato come l’autonomia differenziata – così come concepito dal disegno di legge in esame – avrebbe ripercussioni molto negative sul funzionamento del Servizio sanitario nazionale, già fortemente compromesso – come reso di tutta evidenza gestione regionale della pandemia – dall’attuale attuazione del Titolo V;
già ora il SSN, pubblico e universale, è oggetto di una “parcellizzazione selvaggia” che ha dimostrato tutti i suoi limiti, creando la “salute diseguale”: secondo l’Istat, infatti, al Sud si vive un anno e sette mesi in meno che al Nord, e la mobilità sanitaria riguarda l’11,4 per cento dei ricoverati residenti nel Meridione a fronte del 5,6 per cento dei residenti nel Nord-Italia;
si assiste – già da decenni – a una mobilità sanitaria che, secondo la Corte dei conti, ha “dirottato” in un decennio 14 miliardi di euro dalle Regioni del Sud a quelle del Nord;
secondo l’UPB “La mobilità passiva riguarda prestazioni che devono comunque essere coperte dalla Regione di residenza anche se vengono rese da parte dei SSR di altre Regioni. Questo fenomeno, che sarebbe fisiologico se riguardasse limitati casi di prestazioni molto specialistiche, fornite solo da un piccolo numero di strutture sul territorio nazionale, presenta in generale in Italia dimensioni abnormi, in quanto rispecchia anche gli squilibri infrastrutturali e le differenze qualitative nei servizi, che a loro volta possono discendere, oltre che dalle stesse carenze in termini di strutture sanitarie disponibili, da problemi di organizzazione e gestione e/o da carenze, ad esempio, di personale, eventualmente legate anche alle misure di governo della spesa imposte con i piani di rientro”;
a ciò si aggiunge l’esistenza di un differenziale di spesa sanitaria pro capite pari a circa il 25 per cento tra Regioni del Sud e Regioni del Nord;
dai dati riguardanti gli adempimenti finalizzati al mantenimento dei LEA, relativi al decennio 2010-2019, emerge che nelle prime dieci posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e solo due del Centro (Umbria e Marche), a conferma che il monitoraggio annuale dei LEA e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti rende evidente come esistono e persistono inaccettabili diseguaglianze tra i ventuno sistemi sanitari regionali, che compromette l’equità di accesso ai servizi e alimenta un’imponente mobilità sanitaria dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali;
riguardo il tema del lavoro, secondo l’UPB “l’autonomia differenziata può riguardare, tra le altre, materie come il commercio con l’estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, le professioni, le reti di trasporto, la previdenza complementare e integrativa, il credito a carattere regionale. La proliferazione di normative differenziate a livello sub nazionale potrebbe rappresentare un ostacolo per le imprese e per gli individui con effetti negativi sull’attività economica. In particolare, la frammentazione delle normative e la diversificazione delle politiche potrebbe avere effetti distorsivi sulla localizzazione e sulla scelta degli investimenti delle imprese – aggravando gli esistenti divari territoriali o potenzialmente creandone di nuovi – e comporterebbe difficoltà e ulteriori aumenti dei costi di adempimento per le imprese che operano su scala multi-regionale. Potrebbero risultare alterati i profili di concorrenzialità e competitività delle imprese. Normative differenziate a livello regionale potrebbero essere di ostacolo anche ai lavoratori, alla loro formazione e mobilità, al riconoscimento di specifiche professionalità, con potenziali effetti sugli equilibri del mercato del lavoro.”;
secondo i sindacati, inoltre, la procedura per la definizione dei LEP non prevede alcuna predeterminazione politica degli obiettivi di uguaglianza sostanziale cui i LEP sono funzionali e non stanzia le risorse aggiuntive necessarie alla loro attuazione;
tutto ciò premesso, esprime parere contrario.