119ª Seduta (1ª antimeridiana)
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.
La seduta inizia alle ore 8,30.
IN SEDE REFERENTE
(1428-B) Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Seguito dell’esame e rinvio)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta pomeridiana di ieri.
Il presidente SACCONI avverte che nella seduta odierna si inizierà l’esame degli emendamenti presentati al disegno di legge in titolo, pubblicati in allegato. Dichiara quindi preliminarmente l’inammissibilità, ai sensi dell’articolo 104 del Regolamento, delle proposte emendative 1.1 e 1.2.
Comunica altresì che l’emendamento 1.33 è stato ritirato dal suo proponente, senatore Galimberti, che ha aggiunto la firma agli emendamenti 1.34, 1.35 e 1.52.
Si passa quindi all’illustrazione degli emendamenti.
La senatrice STEFANI (LN-Aut) contesta i tempi eccessivamente ristretti stabiliti per la presentazione degli emendamenti e, in generale, per l’esame del disegno di legge, che non consentiranno una trattazione adeguata all’importanza della materia. Passa quindi ad illustrare gli emendamenti 1.3 e 1.5, volti ad evitare che alcune rigidità previste nei nuovi meccanismi di attribuzione degli ammortizzatori sociali ne impediscano l’effettiva fruizione. Si sofferma quindi sull’emendamento 1.9, finalizzato a introdurre gradualità nel superamento dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Analogamente la proposta 1.10 mira ad assicurare la conversione dei suddetti rapporti in essere in contratti a tutele crescenti, per garantire l’effettiva protezione dei lavoratori.
Richiama quindi la proposta 1.14, che intende coinvolgere i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali anche in attività di protezione civile in caso di calamità naturali. La proposta 1.23 propone il riordino e la riorganizzazione di centri per l’impiego, con la soppressione di quelli che non hanno ben operato. L’emendamento 1.72 intende invece garantire che i contributi per i congedi di maternità siano destinati esclusivamente a tale finalità e non anche alla copertura di altre prestazioni. Infine, l’emendamento 1.73 è volto a tutelare i lavoratori e le lavoratrici affetti da malattie oncologiche attraverso la costituzione di un apposito fondo.
La senatrice CATALFO (M5S) si sofferma sull’emendamento 1.13, che pone un limite al numero di ore settimanali che i lavoratori non occupati beneficiari di ammortizzatori sociali possono dedicare alla comunità, per incentivarli a dedicarsi soprattutto alla ricerca di un nuovo impiego e alle attività di riqualificazione professionale. La proposta 1.17 intende favorire la ricerca dell’occupazione mediante l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro attraverso l’utilizzo di strumento informatici, senza obbligare le persone (e in particolare i soggetti disabili) a recarsi fisicamente negli uffici preposti. Gli emendamenti 1.22 e 1.27 sono volti a promuovere il raccordo tra interoperabilità dei dati, fascicolo elettronico unico e libretto formativo del cittadino.
Richiama quindi le proposte emendative 1.25 e 1.26, che introducono la più precisa dizione di “orientamento al lavoro” nei percorsi di riqualificazione dei lavoratori previsti nel testo. Illustra infine l’emendamento 1.29 che, in riferimento all’apprendimento permanente, propone l’istituzione del registro nazionale delle qualifiche.
Il presidente SACCONI esprime dubbi sull’efficacia del registro delle qualifiche, che giudica uno strumento troppo rigido.
La senatrice CATALFO (M5S) osserva che, se il registro non fosse bloccato ma potesse essere integrato con ulteriori tipi di qualifiche rispetto a quanto oggi previsto, potrebbe rivelarsi assai utile, anche per quanto concerne la gestione delle qualificazioni acquisite durante l’apprendistato. Illustra infine gli emendamenti 1.54 e 1.55, volti a rafforzare gli strumenti per l’alternanza scuola/lavoro, rispettivamente ai fini del rilascio del diploma o della qualifica professionale e ai fini dell’apprendistato.
Ha quindi la parola il senatore PUGLIA (M5S), che esprime valutazioni critiche sul disegno di legge in esame, che a suo avviso non produrrà alcun effetto positivo in termini di aumento dell’occupazione. Sottolinea inoltre che nella legge di stabilità non sono state appostate adeguate risorse, ma anzi si vanno a sottrarre fondi per l’occupazione al Mezzogiorno, specie per quanto riguarda i benefici della legge n. 407 del 1990.
Illustra quindi l’emendamento 1.16, volto a garantire benefici fiscali e contributivi nell’ambito degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità a favore dei dipendenti. Si sofferma poi sulla proposta 1.21, che mira ad assicurare la confluenza di tutti i dati sulla domanda e offerta di lavoro ai servizi pubblici, per evitare l’instaurarsi di monopoli privati nel settore dei servizi per l’impiego.
L’emendamento 1.30 intende garantire che la revisione del sistema del libretto formativo del cittadino sia effettivamente volta alla semplificazione degli adempimenti. Richiama inoltre l’emendamento 1.53, che intende favorire la possibilità per le scuole di ogni ordine e grado di diventare sedi formative per l’apprendistato, nonché la diffusione delle buone pratiche realizzate a livello regionale.
Infine, si sofferma sulle proposte 1.70 e 1.71, volte ad introdurre forme di congedo lavorativo e di tutela per i lavoratori che seguono trattamenti riabilitativi in quanto affetti da ludopatie.
La senatrice PAGLINI (M5S), nell’illustrare congiuntamente le proposte di modifica di cui è prima firmataria, dà conto innanzitutto degli emendamenti 1.18, che amplia il concetto di “competenze” dei lavoratori, con particolare riferimento alle persone con disabilità, 1.31, che prevede il contratto a tempo determinato come unica forma contrattuale, 1.44 e 1.45, che rafforzano la tutela di lavoratori in caso di licenziamento, ampliando le ipotesi di reintegrazione nei casi in cui vi siano già stati rapporti di lavoro tra le medesime parti. L’emendamento 1.46 prevede che, nel computo dell’anzianità di servizio del lavoratore, siano sommati tutti i periodi di lavoro precedentemente intercorsi con il medesimo datore di lavoro, mentre l’1.47 prevede che, in tale computo, siano considerati anche i periodi di lavoro precedenti in aziende di società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2959 del Codice civile. L’emendamento 1.48 introduce alcune precisazioni terminologiche al comma 7, lettera c), sostituendo in particolare l’espressione “posto di lavoro” con l’espressione “luogo di lavoro”. Gli emendamenti 1.49, 1.50 e 1.51 introducono una tutela rafforzata, in caso di licenziamento, per i soggetti economicamente svantaggiati o appartenenti a famiglie particolarmente disagiate.
La finalità dell’emendamento 1.57 è invece quella di evitare che gli strumenti di controllo a distanza possono produrre discriminazioni nei confronti di lavoratori con disabilità. I successivi emendamenti intendono limitare i controlli a distanza, escludendo che essi possano essere condotti sugli strumenti di lavoro digitali (emendamento 1.58) e stabilendo come unica loro finalità la protezione degli impianti stessi e dei lavoratori (emendamento 1.59). Gli emendamenti 1.60 e 1.61 limitano i controlli a distanza ai soli impianti, escludendo da tale controllo gli strumenti di lavoro. L’emendamento 1.63 vieta clausole contrattuali che consentano di effettuare controlli a distanza a scapito della riservatezza del lavoratore. L’emendamento 1.64 esclude qualsiasi forma di registrazione dei controlli a distanza che possa ledere la riservatezza del lavoratore. L’emendamento 1.65 chiarisce che i controlli a distanza possono essere compiuti solo durante l’orario di servizio, mentre l’1.66 esclude da tali controlli computer e apparecchi telefonici che utilizzino dati personali del lavoratore. Infine la senatrice dà conto dell’emendamento 1.67, finalizzato ad introdurre, al comma 8, il concetto di “genitorialità”.
Il presidente SACCONI, considerato l’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, rinvia il seguito dell’esame.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato
La seduta termina alle ore 9,30.
EMENDAMENTI E ORDINI DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1428-B
G/1428-B/2/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato, considerato che:
le disposizioni recate dalla proposta di legge Jobs Act si distinguono per l’esclusione del sindacato da tutti gli interventi previsti, rinvenendo il suo coinvolgimento solo nella delega sul demansionamento;
il Jobs Act non nasconde, quindi, l’obiettivo di ridimensionare e mettere in discussione il ruolo del sindacato, ritenendolo non necessario, come già avvenuto con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, che è intervenuto sul pubblico impiego;
il Governo e la sua maggioranza, andando contro la Costituzione, non riconoscono la funzione e l’importanza delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici, andando a sostituirsi ad essi;
non è possibile che le organizzazioni sindacali siano escluse in un provvedimento che intende intervenire a modificare radicalmente il diritto e il mercato del lavoro,
impegna il Governo:
a coinvolgere le organizzazioni sindacali nella fase di preparazione di tutti i decreti legislativi, nonché degli altri provvedimenti, quale che sia la natura, che verranno approntati sulla base della proposta di legge in esame. Il coinvolgimento non dovrà limitarsi all’ascolto, ma dovrà consistere nella condivisione e contrattazione delle scelte, convocando appositi tavoli tecnici presso i ministeri competenti.
G/1428-B/3/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato, in sede di esame del disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro,
premesso che:
la cosiddetta Legge Mosca, così chiamata dal nome dell’esponente della Cgil, Giovanni Mosca, che ne fu il relatore, nacque con l’intento di garantire una copertura previdenziale a circa un centinaio di persone che nei decenni successivi al dopoguerra avevano prestato la loro opera nei sindacati o nei partiti senza che a loro nome fossero stati versati i contributi all’Inps; bastava la semplice dichiarazione del rappresentante del partito o del sindacato e all’interessato veniva versata la pensione oltre naturalmente gli arretrati a partire dal 1948;
a beneficiarne sono stati invece oltre 40mila sindacalisti e/o funzionari di partito, con un costo per lo Stato e dunque per i contribuenti calcolato in oltre 12 milioni di euro;
nell’attuale contesto socio-economico di forte e perdurante crisi, caratterizzato dall’impossibilità di tutelare disoccupati, cassintegrati e esodati per mancanza di risorse e dalla necessità di adottare provvedimenti di spending review, risulta anacronistico al limite dell’imbarazzante mantenere in vita un siffatto beneficio;
per le finalità del provvedimento all’esame sono stati accantonati, in sede di legge di stabilità per il 2015, 2 miliardi di euro ma, con specifico riguardo all’universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, è già stata palesata dalla maggioranza parlamentare la necessità di reperire nuove ed ulteriori risorse, almeno altri 500 o 600 milioni di euro;
è indubbio che l’abrogazione della cosiddetta Legge Mosca porterebbe nelle casse dello Stato un considerevole risparmio utilizzabile per garantire trattamenti di sostegno al reddito di importi consoni al costo della vita,
impegna il Governo:
ad adottare, nelle more di attuazione del provvedimento con l’emanazione dei decreti delegati, atti di propria competenza contemplanti l’abrogazione della legge Il giugno 1974, n. 252.
G/1428-B/4/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
la proposta di legge in esame, denominata Jobs Act, incide in modo sostanziale sul diritto del lavoro e sui diritti dei lavoratori, attribuendo al Governo numerose deleghe che introducono una nuova riforma del mercato del lavoro, a distanza di appena due anni dall’ultima che porta il nome dell’allora Ministro del lavoro, Elsa Fornero (legge n. 92 del 2012);
sulla base delle deleghe conferite, diverse disposizioni dei decreti delegati andranno ad incidere su disposizioni di natura previdenziale e dovranno affrontare la problematica della continuità contributiva dei lavoratori e delle lavoratrici che oggi hanno lavori discontinui;
pensare di riformare il diritto del lavoro o di razionalizzarlo, d’altra parte, non è possibile se non si ripensa e si risistema l’ultima riforma pensionistica che porta ancora una volta il nome dell’allora Ministro del lavoro, Elsa Fornero (articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) e che ha fallito sul piano sociale e giuridico le finalità che si proponeva;
la riforma Fornero del 2011 ha trasformato il sistema previdenziale innalzando di molti anni l’età per la pensione, sia in termini anagrafici che contributivi e a distanza di tre anni contiene ancora errori che non sono stati corretti;
come è stato ormai acclarato non di una «riforma» si è trattato di una «manovra», perché le casse della previdenza dei lavoratori, ovvero i loro risparmi pensionistici, sono state utilizzati per drenare risorse per ridurre il debito pubblico;
una «manovra» scritta in una notte, senza alcun dibattito pubblico, che non ha considerato l’impatto immediato e di lungo termine che produceva su lavoratrici e lavoratori;
l’assenza di disposizioni transitorie che consentissero il passaggio graduale alle nuove regole previdenziali ha prodotto l’inumano fenomeno dei cosiddetti esodati, lavoratori a cui è stato tolto il pane, la dignità e la speranza; la «sesta» salvaguardia che stiamo approvando non può essere un merito del Governo, della sua maggioranza o del Parlamento, ma ribadisce l’incapacità delle istituzioni di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione inaccettabile e indegna di un Paese come l’Italia. A distanza di tre anni l’INPS e il Governo non hanno saputo e voluto indicare quanti e quali sono le lavoratrici e i lavoratori esodati;
un problema di «coperture» e di risorse non esiste dal momento che i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre erano stati calcolati dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato in circa 23 miliardi nel decennio 2012-2021, mentre l’ufficio attuariale dell’INPS nel 2013 ha calcolato che verranno generati circa 90 miliardi di risparmio nello stesso periodo;
tali risorse devono tornare o rimanere nelle casse previdenziali. Il Governo e la sua maggioranza non possono pensare di destinarle per coprire i 50 miliardi che bisogna mettere da parte ogni anno in base al Fiscal compact, come è lecito desumere dalle parole del Ministro Paletti, che nel corso della riunione del 30 giugno 2014 con le rappresentanze degli esodati e di altre categorie, ha dichiarato di non poter risolvere le tante situazioni gravi che la manovra Fornero ha prodotto «per mancanza di risorse»;
tra gli errori della manovra Fornero ci sono i lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, non proprio esodati, ma che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, mentre hanno un’aspettativa di vita media di solo 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, cosiddetta «quota 96» che sono rimasti imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato, che gli consente di andare in pensione un solo giorno all’anno, il primo settembre; e poi ci sono i lavoratori e le lavoratrici delle poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l’azienda è fallita e sono stati puniti e si potrebbero fare molti altri esempi;
ci sono troppi casi e eccessive fattispecie di lavoratori che la «manovra» Fornero ha lasciato sul lastrico e nella disperazione. Forse è possibile salvaguardarli tutti con tante minute disposizioni speciali, ma non si sa quando e come, essendo ormai arrivati alla sesta salvaguardia; per sanare con certezza tutti gli errori serve tornare ad una disposizione che abbia il carattere della legge generale e astratta che possa coprire tutte le fattispecie, ovvero una riforma strutturale della «manovra» Fornero;
la «manovra» Fornero è intervenuta su un sistema pensionistico che non aveva problemi di sostenibilità perché messo in sicurezza dalle numerose riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I suoi costi erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL, nonostante solo nella spesa pensionistica italiana vengano conteggiati anche il TFR o il TFS, che però sono retribuzioni differite;
bisogna prendere atto di tale fallimento e procedere ad una vera riforma pensionistica che abbia il coraggio politico di rafforzare la previdenza rimettendo i lavoratori e la loro dignità al centro del sistema è necessario abbassare l’età pensionistica, distinguere i lavori, riconoscere ai fini contributivi il lavoro domestico e quello di cura, di donne e di uomini, per superare le troppe procedure aperte dall’Unione europea contro l’Italia con riferimento all’età pensionistica delle donne; assicurare che la pensione non valga meno del 60 per cento dell’ultimo salario,
impegna il Governo:
a presentare al Parlamento una riforma del sistema previdenziale che tenga conto di quanto indicato in premessa che abroghi la «manovra» Fornero in materia di pensioni.
G/1428-B/5/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
esaminato il disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»;
valutato nel dettaglio la delega di cui al comma l in materia di ammortizzatori sociali e, con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di lavoro, il criterio di cui al comma 2, lettera a), numero 5) del provvedimento, che prevede una maggiore compartecipazione delle imprese utilizzatrici;
ricordato che da una elaborazione della CGIA di Mestre su dati della World Bank «Doing Business 2011» emerge una pressione fiscale sulle imprese italiane tra le più alte in Europa, superiore al 68,6%, non riscontrabile neanche tra i grandi paesi industrializzati extraUE;
atteso che una reale riforma del mercato del lavoro che rilanci l’occupazione e crei nuovi posti deve essere accompagnata da una politica di drastica riduzione del carico fiscale per le imprese;
impegna il Governo:
a garantire che il criterio di cui al numero 5) della lettera a) del comma 2 del provvedimento, citato in premessa, non si traduce in un aumento della tassazione per le nostre imprese, specie per quelle di piccole e medie dimensioni, linfa vitale del nostro tessuto produttivo.
G/1428-B/6/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
esaminato il disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo alla delega in materia di riforma degli ammortizzatori sociali»;
valutato che per tutte le finalità contenute nel disegno di legge delega il Governo ha previsto in sede di legge di stabilità per il 2015 un accantonamento pari a 2 miliardi di euro, senza peraltro chiarire e specificare la ripartizione tra le diverse materie oggetto di delega;
preso atto delle dichiarazioni dei giorni scorsi del Ministro Poletti e del Presidente della Commissione lavoro della Camera Damiano circa la necessità di mettere maggiori risorse sugli ammortizzatori sociali, pari ad almeno ulteriori 500/600 milioni di euro;
nel timore che, essendo il riordino degli ammortizzatori oggetto di una delega in bianco, il nuovo sussidio universale – definito a mezzo stampa NASPI – non possa riconoscere ai lavoratori trattamenti di pari importo rispetto a quelli attualmente garantiti dall’indennità di disoccupazione;
ritenuto peraltro assurdo il meccanismo con cui si intende procedere alla revisione degli ammortizzatori sociali, ovvero tagliare prima gli strumenti esistenti e con le risorse derivanti dal predetto taglio procedere ad innovare le tutele di sostegno al reddito;
secondo quanto enunciato e non esplicitato nei criteri di delega, infatti, il nuovo ammortizzatore sociale sarebbe finanziato dalla scomparsa della cassa integrazione in deroga;
impegna il Governo:
a garantire la continuità nell’erogazione delle prestazioni di sostegno al reddito a tutti i lavoratori benefici ari nelle more di attuazione della riforma degli ammortizzatori sociali, assicurando altresì che i nuovi trattamenti non offrano prestazioni al ribasso e siano adeguatamente rapportati al costo della vita.
G/1428-B/7/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»
premesso che:
l’articolo 1, commi 1 e 2, lettera a), reca una delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali,
considerato che:
l’articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
la strategia Europa 2020 impone l’attuazione di misure a contrasto della povertà e dell’emarginazione sociale, quali reddito minimo assistenza sanitaria, istruzione, alloggi, accesso a conti bancari di base, mercato del lavoro;
ad oggi sono state attuate misure di contrasto alla povertà, sperimentali e non omogenee;
per attuare un’efficace ed efficiente lotta all’emarginazione sociale e indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;
la decisione del Consiglio e Parlamento europeo 2013/0202 del 17 Giugno 2013 impone all’Italia la riorganizzazione dei servizi per l’impiego nell’interesse pubblico facente capo a ministeri, enti pubblici, o società di diritto pubblico;
tra le misure da attuare deve ritenersi compreso il cosiddetto Reddito di cittadinanza o il simile istituto del Reddito minimo garantito essendo anch’esso rientrante nel complesso di o misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di non occupazione;
il reddito di cittadinanza e uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l’autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà ed condizionato all’inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro
il diritto al reddito di cittadinanza o reddito minima garantito e un diritto fondamentale europeo, riconosciuto sia dalla Carta di Nizza che dalla Carta sociale europea;
appare necessario abbandonare al più presto il criterio della legislazione «emergenziale» ed assicurare ai lavoratori la certezza delle stato sociale;
l’Italia e la Grecia sono gli unici paesi in Europa a non aver previsto nel proprio welfare misure stabili a contrasto della povertà e dell’emarginazione sociale;
la raccomandazione del Consiglio Europeo del 2 giugno 2014 sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia, invita il Paese a adoperarsi per una piena tutela sociale dei disoccupati e a favorirne la riallocazione e a migliorare l’efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia e la qualità dei servizi a favore dei nuclei familiari a basso reddito con figli;
impegna il Governo:
a porre in essere ogni attività per l’inserimento del reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà, come peraltro già previsto dal Modello sociale europeo e indicato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
a valutare e comparare le numerose proposte legislative presentate o in via di presentazione, sia di iniziativa parlamentare che di iniziativa popolare, al fine di predisporre una proposta di legge condivisa e adattata al contesto nazionale italiano.
G/1428-B/8/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del, disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, del! ‘attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo alla delega in materia di riforma degli ammortizzatori sociali»;
premesso che:
il criterio di cui al comma 2, lettera a), numero 2), intende prevedere, con riguardo agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, la semplificazione delle procedure burocratiche considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati di concessione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili;
le lungaggini delle vigenti procedure burocratiche di concessione dei trattamenti comporta per i lavoratori e le relative famiglie di ritrovarsi per mesi senza alcun sostegno economico;
un intervento alquanto valido per ovviare al problema della tempistica è stato in passato il cosiddetto «istituto dell’anticipazione» che prevedeva, con riguardo alla cassa in deroga, che l’INPS potesse anticipare i relativi trattamenti sulla base della domanda corredata dagli accordi conclusi dalle parti sociali e dell’elenco dei beneficiari, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei predetti trattamenti;
impegna il Governo:
a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento, la possibilità di prevedere meccanismi oltre che standardizzati anche di anticipazione nella concessione dei trattamenti di sostegno al reddito, al fine di garantire tempi certi nell’erogazione del trattamento medesimo e tutelare i lavoratori colpiti da crisi aziendali dallo spettro di rimanere a lungo senza alcuna copertura reddituale.
G/1428-B/9/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
all’articolo l, comma 2, lettera b), del provvedimento è previsto che in via sperimentale in tutti i casi di disoccupazione involontaria si possa intervenire sul sistema dell’ASpI, rimodulando e omogeneizzando la disciplina di ASpI e Mini-ASpI, estendendo lo strumento ai soli collaboratori coordinati e continuativi, incrementando la durata massima della prestazione, solo per quei lavoratori che; hanno delle elevate anzianità contributive, ed introducendo in tal modo un ulteriore elemento di conflitto generazionale, oltre a quello previsto per il «contratto a tutele crescenti»;
riguardo a quest’ultimo aspetto, cioè alla volontà di introdurre dei massimali per le prestazioni in funzione della contribuzione figurativa, vuol dire limitare le erogazioni a tutti quei lavoratori per i quali non siano stati versati dei contributi sociali effettivi, ma solo figurativi, circostanza che si verifica in caso di interruzione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta a determinate fattispecie quali cassa integrazione guadagni contratti di solidarietà, ma anche disoccupazione e mobilità;
quello dell’anzianità contributiva è peraltro un parametro del quale attualmente già si tiene per l’accesso all’integrazione salariale straordinaria, concessa soltanto ai lavoratori che hanno una anzianità di servizio in azienda pari almeno a 90 giorni;
tuttavia, nell’ottica della citata volontà di introdurre un sistema di garanzia universale, in caso di disoccupazione involontaria, che preveda tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, si potrebbe pensare ad una riduzione della severità dei criteri di accesso (per ASpI) per ampliare la platea di lavoratori tutelati, ma modulando la durata della prestazione sulla anzianità contributiva del lavoratore e in particolare, come espressamente indicato incrementando l’attuale durata per i lavoratori che hanno una importante anzianità contributiva;
ancora nella prospettiva generale di legare le tutele del reddito alla storia contributiva dei lavoratori si colloca la volontà di introdurre dei massimali per le prestazioni in funzione della contribuzione figurativa. Ciò significa voler limitare le erogazioni nei confronti dei lavoratori per i quali non siano stati versati dei contributi sociali effettivi, ma appunto figurativi, circostanza, quest’ultima, che si verifica in caso di interruzione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta a: cassa integrazione guadagni; contratti di solidarietà; ma anche disoccupazione; mobilità;
in caso di disoccupazione involontaria, la tutela non deve essere legata alla «storia contributiva» perché non c’è nulla di più discriminatorio che la storia contributiva di chi si trova privo di reddito ed in condizione di bisogno. Inoltre rapportare la durata della prestazione, compresa la Cig, alla storia contributiva del singolo è improprio, perché introdurrebbe dei criteri troppo rigidamente «assicurativi» in un ambito, quale è quello degli ammortizzatori sociali, che dovrebbe avere valore solidale;
la suddetta previsione, inoltre, sarebbe fonte di problemi gestionali per l’impresa che mal si concilierebbero con la semplificazione amministrativa e burocratica, più volte evocata dal provvedimento,
impegna il Governo
in sede di adozione dei decreti delegati, a prevedere che il sussidio di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a) si applichi ai lavoratori di cui alla lettera b) a prescindere da qualsiasi requisito di anzianità contributiva ed assicurativa.
G/1428-B/10/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
esaminato il disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei, servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo alla delega in materia di riforma degli ammortizzatori sociali;
valutati nel dettaglio i criteri ed i principi direttivi cui il Governo deve attenersi nell’esercizio delle delega per riformare gli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria;
preso atto del criterio di cui al numero 6) della predetta lettera b) del citato comma 2, relativamente all’eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale;
riscontrato che l’attuale maggioranza governativa e parlamentare antepone le esigenze degli extracomunitari alle necessità ed ai bisogni dei propri cittadini italiani, rinviando il reperimento di risorse per la soluzione della vicenda esodati e di quella dei cosiddetti «quota 96», ma stanziando nella legge di stabilità ben 187,5 milioni di euro, aggiuntivi alle risorse già assegnate a legislazione vigente, in favore di politiche assistenziali per gli immigrati;
temuto, pertanto, che la predetta eliminazione possa pertanto costituire un ulteriore canale privilegiato per gli extracomunitari a danno dei lavoratori e delle lavoratrici italiane,
impegna il Governo:
a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento, la possibilità di prevedere una canale prioritario per i lavoratori e le lavoratrici italiane nell’accesso ai servizi di carattere assistenziale.
G/1428-B/11/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
esaminato il disegno di legge recante deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo alla delega in materia di ammortizzatori sociali conferita dai commi 1 e 2 del provvedimento;
considerato il criterio di delega di cui alla lettera d) del comma 2 nel testo licenziato dalla Camera, relativamente alla previsione di coinvolgere i soggetti beneficiari dei trattamenti di sostegno al reddito nello svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali;
ritenuto importante l’impiego dei soggetti beneficiari di ammortizzatori sociali in attività socioassistenziali nel comune di residenza,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di prevedere una disponibilità dei soggetti di cui in premessa anche per esigenze della Protezione civile nell’ipotesi di eventi calamitosi.
G/1428-B/12/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro;
premesso che:
il comma 3 del provvedimento, nel testo licenziato dalla Camera, contempla il riordino dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro;
il successivo comma 4 prevede, tra i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega, l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione;
senza una puntuale e capillare revisione dell’efficienza e dell’efficacia delle strutture pubbliche già esistenti ex uffici del collocamento, ora centri per l’impiego la nuova Agenzia rischia di trasformarsi in un carrozzone pubblico,
impegna il Governo:
a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento ed in fase di stesura dei decreti delegati, il riordino e la razionalizzazione dei centri per l’impiego, procedendo alla soppressione di quelli che nell’arco solare non abbiano collocato ovvero ricollocato una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell’1 per cento, con relativo accorpamento di strutture e di personale a quello territorialmente più vicino.
G/1428-B/13/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
i commi 3 e 4 recano una delega al Governo in materia di servizi per l’impiego e di politiche attive per il lavoro;
il comma 3 indica le finalità della delega, che sarebbe finalizzata a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive per il lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché a garantire l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative. Il comma 4 individua i principi ed i criteri direttivi per l’esercizio della delega;
in considerazione dell’importanza delle politiche attive, le previsioni contenute nel Jobs Act rappresentano un esempio della volontà del Governo di non cambiare la difficile situazione attuale che, nei fatti, preclude la possibilità di realizzare in Italia politiche attive;
le politiche attive del lavoro sono costituite dal complesso di misure volte a favorire e promuovere l’inserimento del lavoratore nel mondo del lavoro. Le competenze su di esse appartengono soprattutto ai Centri per l’impiego, la cui riforma, non procrastinabile, avrebbe dovuto essere completata già da tempo e certamente prima che partisse la Garanzia Giovani, l’unica iniziativa degli ultimi anni, con considerevoli risorse economiche a disposizione. Purtroppo per l’incapacità dei Governi Letta e Renzi la Garanzia Giovani è inesorabilmente destinata al fallimento, come più volte denunciato, e non raggiungerà gli obiettivi che si prefiggeva;
ad eccezione delle risorse a disposizione della Garanzia Giovani, la spesa italiana per le politiche attive è inesistente rispetto a quella per le politiche passive e rispetto alle risorse investite nel resto dell’Europa. In assenza di un incremento delle risorse a favore delle politiche attive, la situazione non migliorerà, .neanche se si facesse la migliore delle riforme possibili;
dall’analisi dei dati elaborati da Eurostat risulta che la spesa dell’Italia per le politiche del lavoro è stata pari all’1,99 per cento del PIL (circa 31 miliardi di euro) nel 2012 (in crescita rispetto all’1,7 per cento del 2011), di poco superiore alla media dei 28 Paesi dell’Unione europea (1,89 per cento) e alla Germania (1,67 per cento). Tuttavia, ciò che differenzia notevolmente l’Italia dagli altri Paesi europei è la ripartizione della spesa per le politiche del lavoro tra le sue diverse componenti (servizi per il lavoro, politiche attive e politiche passive), con una spesa per politiche attive assai ridotta al confronto di quella per politiche passive (sostegni al reddito e prepensionamenti);
la spesa sostenuta nel 2011 per i servizi per il lavoro è pari solo all’1,8 per cento del totale degli stanziamenti per le politiche del lavoro nel loro complesso (pari allo 0,03 per cento del PIL nel 2011, sceso ulteriormente allo 0,025 nel 2012), del tutto fuori misura rispetto alla media dell’UE a 28 (11,2 per cento) e alla Germania (19,2 per cento). Si tratta di una spesa circa 5 volte inferiore alla media UE e 11 volte inferiore alla Germania (se noi spendiamo 500 milioni, la Germania spende 5 miliardi). Inoltre, la spesa è quasi del tutto assorbita dai costi dei Centri per l’impiego. Tuttavia, nei nostri centri per l’impiego abbiamo in tutto circa 8.600 persone, di cui 1.500 precari, mentre in Germania sono 110.000 i dipendenti pubblici che lavorano per l’agenzia del lavoro;
le politiche attive del lavoro sono un fattore cruciale per il mercato del lavoro, ma i numeri elencati fanno riflettere sul fatto che l’Italia non destina risorse minimamente sufficienti a svilupparle;
i lavoratori hanno bisogno di un continuo processo di riqualificazione, di formazione, orientamento, bilancio delle competenze, presa in carico: servono risorse umane e investimenti, che non sono previste né nel Jobs Act, né nella legge di stabilità;
dal momento che attualmente le risorse destinare alle politiche attive del lavoro non superano i 600 milioni di euro all’anno, servirebbe almeno triplicare lo stanziamento di tale omma,
impegna il Governo:
a stanziare, fin dal primo provvedimento utile, anche nella legge di stabilità all’esame del Parlamento, le risorse necessarie per lo sviluppo e l’esercizio effettivo di politiche attive del lavoro.
G/1428-B/14/11
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge in oggetto, recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro,
premesso che:
l’articolo 1 del disegno di legge, al comma 3 reca la delega al Governo avente lo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative;
il medesimo articolo, al comma 4, definisce i principi e i criteri direttivi della predetta delega, indicando, tra gli altri, la razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità – di cui alla legge n. 68 del 1999 – e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, specificando l’esigenza di promuoverne l’inclusione sociale, l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro, e avendo cura di valorizzare le competenze delle persone;
in considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, la lettera g) nulla dispone con riferimento agli idonei strumenti di lavoro da mettere a disposizione dei medesimi soggetti,
impegna il Governo:
a prevedere, nell’ambito dei suddetti principi e criteri direttivi e al fine di facilitare l’inclusione sociale delle persone con disabilità nel mercato del lavoro, che si mettano a disposizione gli idonei strumenti di sostegno, supporto e accompagnamento al lavoro.
G/1428-B/15/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro;
premesso che:
il comma 3 del provvedimento, nel testo licenziato dalla Camera, contempla il riordino dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro ed il successivo comma 4 prevede, tra i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega, la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati;
per migliorare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro è necessario procedere prima ad una revisione dei soggetti privati attualmente accreditati a tal fine,
impegna il Governo:
a valutare, in fase di stesura dei decreti delegati secondo il principio di cui alla lettera n) del comma 4 relativamente alla definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro, la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per quelle agenzie per il lavoro ex articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che nell’arco solare di un anno non abbiano collocato ovvero ricollocato una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell’1 per cento.
G/1428-B/16/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1, comma 4, lettera g) del disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio al fine di favorime l’inclusione sociale l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
considerato che:
la legge n. 68 del 1999 è apparsa in numerosi casi inadeguata all’obiettivo della piena integrazione ed inserimento lavorativo del disabile e recentemente – con sentenza n. C-312/11 del 4 luglio 2013 della Corte di Giustizia dell’Unione europea – l’Italia è stata condannata per essere venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente la direttiva n. 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro dei disabili;
in particolare, nel sanzionare l’Italia, la Corte europea ha osservato che è compitò degli Stati membri impone a tutti i datori di lavoro l’obbligo di adottare provvedimenti efficaci e pratici (ad esempio sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti) in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle condizioni di lavoro e che consentano a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione;
l’insufficienza della legge n. 68 del 1999 mette in evidenza una grave discriminazione ai danni dei disabili che si vedono negato il diritto al lavoro;
è necessario un intervento che promuova ed incentivi la assunzione e l’inserimento dei lavoratori disabili anche tramite sgravi contributi e che agiscano in maniera permanente tramite la riduzione del cosiddetto «cuneo fiscale» a favore del datore che assume lavoratori disabili,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta a incentivare le assunzioni dei lavoratori disabili di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio con sgravi contributi e la riduzione del cosiddetto «cuneo fiscale» a favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori disabili.
G/1428-B/17/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1 comma 4 lettera g), del disegno di legge in esame prevede tra i criteri della delega la razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, al fine di favorirne l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
considerato che:
quanto proposto dal citato articolo 1, comma 4, lettera g), si riscontra anche nelle linee di intervento 1 e 2 del piano d’azione biennale sulla disabilita in corso di attuazione,
impegna il Governo:
a conformare l’attuazione, di quanto previsto dall’articolo 1 comma 4, lettera g), alle linee 1 e 2 del piano d’azione biennale sulla disabilità.
G/1428-B/18/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1 comma 4 lettera g), del disegno di legge in esame prevede tra i criteri della delega la razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabiIità di cui alla legge 12 maro 1999, n. 68, al fine di favorime l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
all’articolo 1 del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni di delega volte a garantire adeguato sostegno alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
considerato che:
merita particolare attenzione la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
considerato che la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall’lnail, a ricovero ospedaliero o di day-hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita;
impegna il Governo:
a porre in essere opportuni provvedimenti normativi al fine di tutelare i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di salute assicurando loro lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie salvavita.
G/1428-B/19/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo l, comma 4, lettere r) e n) del disegno di legge in esame reca disposizioni circa la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, nonché degli operatori del terzo settore, dell’istruzione secondaria, professionale e universitaria (anche mediante lo scambio di informazioni sul profilo curriculare dei soggetti inoccupati o disoccupati) al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego nonché la previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra l’Agenzia e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale, al fine di tendere ad una maggiore integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno al reddito;
considerato che:
è nota la necessità di riformare e di rendere più efficienti i centri per l’impiego, i cui servizi sono carenti e spesso non idonei a contrastare l’attuale grave crisi economica e occupazionale. Le criticità rilevate nelle procedure dei centri per l’impiego dipendono, in particolare, dall’assenza di idonei standard minimi di prestazione dei servizi nonché dalla mancanza di una chiara definizione delle competenze che il personale deve possedere per erogare servizi orientati alla persona, che deve essere sostenuta nelle difficili e diverse fasi di transizione, del proprio percorso professionale e lavorativo. Queste attività, che hanno lo scopo di orientare l’individuo e di stabilire un progetto per il reinserimento al lavoro, devono essere svolte esclusivamente da personale in possesso di idonee competenze;
a tale riguardo, i dati emersi da un’indagine svolta nel 2013 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relativa al livello di istruzione dei dipendenti dei centri per l’impiego rileva, per l’appunto, la bassa percentuale di dipendenti che hanno completato un percorso di laurea e di post laurea, con una divergenza significativa dei dati percentuali tra le regioni;
dunque, nella riforma dei centri per l’impiego obiettivo fondamentale deve essere quello di adottare misure che agiscano sulIa qualità delle prestazioni offerte, nell’ambito delle quali il personale deve essere in grado di favorire efficacemente l’incontro tra offetta e domanda di lavoro garantendo standard minimi di prestazioni,
impegna il Governo:
a stabilire le specifiche competenze e i titoli abilitanti che deve possedére il personale che svolge i servizi orientati alla persona e la gestione dell’insieme dei sistemi e delle procedure destinate al supporto e all’orientamento al lavoro ai fini del ricollocamento degli iscritti nel mercato del lavoro.
G/1428-B/20/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1, comma 4, lettera n), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, nonché degli operatori del terzo settore, dell’istruzione secondaria, professionale e universitaria (anche mediante lo scambio di informazioni sul profilo curriculare dei soggetti inoccupati o disoccupati) al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
l’articolo 1, comma 4, lettera z), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi, assicurando il coordinamento con quanto previsto dal comma 6, lettera i);
l’articolo 1, comma 6 lettera i), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione con la già prevista dorsale informativa unica e con la banca dati delle politiche attive e passive del lavoro, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente;
considerato che:
– il decreto legislativo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante disposizioni in materia di «Codice dell’amministrazione digitale»;
– la legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi da 1180 a 1185 recante disposizioni in materia di comunicazioni obbligatorie sui dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativo applicato;
– il decreto legislativo n. 81 del 2008 recante disposizioni in materia di «Attuazione delParticolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro»;
– il decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, reca disposizioni circa la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze a norma dell’articolo 4 commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
– la raccomandazione del Consiglio europeo sul programma nazionale di riforma italiano, sul rafforzamento del legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive, fornendo in tutto il paese servizi idonei con una applicazione uniforme su tutto il territorio del 02 giungo 2014;
al fine di:
– favorire l’incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro; garantire un ampio riconoscimento delle competenze;
– favorire la registrazione in formato elettronico delle qualifiche;
– implementare in formato elettronico il libretto formativo del cittadino;
– collegare il formato elettronico delle qualifiche alle comunicazioni obbligatorie;
– pianificare l’integrazione del Libretto formativo del cittadino nella costruzione di un fascicolo personale elettronico, base di dati su salute e lavoro del cittadino ad uso della pubblica amministrazione;
– consentire ai cittadini e alle imprese l’uso di tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori dei servizi statali nei limiti di quanto è previsto dalla legge;
– favorire il monitoraggio longitudinale delle dinamiche del mercato del lavoro;
– fornire un sistema uniforme su tutto il territorio nazionale utile per tutti gli addetti ai lavori nell’ambito della Pubblica amministrazione;
– fornire un modello di analisi sistemica per il monitoraggio e la verifica in tempo reale dei risultati raggiunti dai percorsi di politica attiva e passiva, di istruzione e formazione e dagli interventi promossi dalle amministrazioni pubbliche;
– agevolare la definizione di politiche pubbliche,
impegna il Governo a:
interconnettere tutte le banche dati disponibili, quali: anagrafi comunali, servizi socio-assistenziali dei comuni, banche dati comunali, INPS, INAlL, ARPA, ASL, Agenzia delle entrate, soggetti concessionari di pubblico servizio; istituti scolastici di ogni ordini e grado; Università, enti di alta formazione, centri di formazione accreditati secondo la normativa vigente, centri per l’impiego, uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzie per il lavoro di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276; prevedendo diversi gradi di accesso per ciascun ente utilizzatore;
rendere il dato disponibile in tempo reale al fine di selezionare specifici bacini di utenza e di sviluppare servizi a misura della persona.
G/1428-B/21/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1, comma 4, lettera z), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi, assicurando il coordinamento con quanto previsto dal comma 6, lettera i);
considerato che:
le disposizioni europee in materia di certificazione delle competenze formali, non formali e informali;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente del18 dicembre 2006;
la raccomandazione del Parlamento europeo é del Consiglio sulla costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) del 23 aprile 2008;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un sistema di crediti europeo per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) del 18 giugno 2009;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (EQAVET) del 18 giugno 2009;
la raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale del 20 dicembre 2012;
il decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, reca disposizioni circa la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze a norma dell’articolo 4 commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
la raccomandazione del Consiglio europeo sul programma nazionale di riforma italiano, sull’istituzione di un registro nazionale delle qualifiche per garantire un ampio riconoscimento delle competenze, sul rafforzamento del legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive, fornendo in tutto il paese servizi idonei con una applicazione uniforme su tutto il territorio;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi da 1180 a 1185 recante disposizioni in materia di comunicazioni obbligatorie sui dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativa applicato;
il decreto legislativo n. 81 del 2008 che prevede: «Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni»;
la decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 relativa ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass);
il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in materia di interoperabilità e scambio dei dati;
al fine di:
registrare in formato elettronico tutte le abilità e le competenze acquisite nel corso dell’istruzione, della formazione e dell’esperienza lavorativa del cittadino;
integrare il curriculum vitae;
favorire l’incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro; consentire ai datori di lavoro di colmare i posti vacanti; inserire l’Italia in un più ampio contesto europeo,
impegna il Governo:
a istituire il «Fascicolo personale elettronico del cittadino» nel quale sono indicate le informazioni inerenti alle competenze del cittadino, acquisite in ambito formale, non formale e informali, certificate dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado, dalle università, dalle scuole di alta formazione, dagli enti di formazione professionale, nonché i dati della Borsa continua nazionale del lavoro e l’esperienza lavorativa del cittadino;
a rendere effettiva l’interoperabilità dei dati, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, al fine di implementare i dati per la costituzione del Fascicolo personale elettronico del cittadino.
G/1428-B/22/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-8),
premesso che:
l’articolo 1, comma 4, lettera z) del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi, assicurando il coordinamento con quanto previsto dal comma 6, lettera i);
l’articolo 1, comma 6 lettera i) del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione con la già prevista dorsale informativa unica e con la banca dati delle politiche attive e passive del lavoro, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente,
considerato che:
le disposizioni europee in materia di certificazione delle competenze acquisite in ambito formale, non formale e informale;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 18 dicembre 2006;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costituzione del quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) del 23 aprile 2008;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un sistema di crediti europeo per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) del 18 giugno 2009;
la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (EQAVET) del 18 giugno 2009;
la raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale del 20 dicembre 2012;
il decreto legislativo 16 gennaio 2013 n. 13 reca disposizioni circa la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze a norma dell’articolo 4 commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012 n. 92;
la raccomandazione del Consiglio europeo, del 2 giugno 2014, sul programma nazionale di riforma italiano, sull’istituzione di un registro nazionale delle qualifiche per garantire un ampio riconoscimento delle competenze, sul rafforzamento del legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive, fornendo in tutto il paese servizi idonei con una applicazione uniforme su tutto il territorio;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi da 1180 a 1185, recante disposizioni in materia di comunicazioni obbligatorie sui dati anagrafi ci del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativa applicato;
il decreto legislativo n. 81 del 2008 che prevede: «Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni»;
la decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 relativa ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass);
il decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 in materia di interoperabilità e scambio dei dati,
al fine di:
garantire un ampio riconoscimento delle competenze;
favorire la registrazione in formato elettronico delle qualifiche; implementare in formato elettronico il libretto formativo del cittadino;
semplificare la stesura del piano formativo individuale del cittadino e dell’apprendista; collegare il formato elettronico delle qualifiche alle comunicazioni obbligatorie,
impegna il Governo:
ad istituire il registro nazionale delle qualifiche al fine di garantire un ampio riconoscimento delle competenze, convergere verso gli standard europei, implementare il fascicolo elettronico del cittadino e il piano formativo elettronico dell’apprendista.
G/1428-B/23/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B),
premesso che:
l’articolo 1, comma 4, lettera z), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi, assicurando il coordinamento con quanto previsto dal comma 6, lettera i);
l’articolo 1, comma 6 lettera i), del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione con la già prevista dorsale informativa unica e con la banca dati delle politiche attive e passive del lavoro, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente,
impegna il Governo a valutare la possibilità, anche nel rispetto delle competenze regionali, di assumere iniziative volte a:
istituire attraverso gli opportuni strumenti normativi il Libretto elettronico formativo dell’apprendista (LEFA);
definire il modello di LEFA, il formato di trasmissione ed il Sistema di classificazione dei dati contenuti nel LEFA;
al fine di assicurare l’unitarietà e l’omogeneità del sistema informativo lavoro, definire:
a) gli standard e le regole per la trasmissione informatica delle comunicazioni dei dati per l’aggiornamento del LEFA e la sua unificazione con il libretto formativo del cittadino, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
b) la piena interoperabilità tra i dati presenti nel Sistema informativo per le comunicazioni obbligatorie e quelli della Borsa continua nazionale del lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
c) la creazione di una apposita area web del libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che viene aggiornata anche dai dati contenuti nel LEFA;
d) i criteri di trasmissione dei dati delle ore formative registrate nel sistema informatico Inps con quelli del Sistema informativo per le comunicazioni obbligatorie;
al fine di semplificare la redazione del piano formativo individuale di cui al comma 1, lettera a) dell’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, assicurare ai datori di lavoro, attraverso il Sistema informatico per le comunicazioni obbligatorie, l’automatismo della predisposizione, archiviazione e stampa del piano informatico individuale sulla base del repertorio delle professioni di cui al comma 3, dell’articolo 6 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, fornendo ai datori di lavoro, in fase di predisposizione del piano formativo individuale, un catalogo formativo da cui selezionare il macro settore, il settore, il profilo e la qualifica con cui si assume l’apprendista. L’inoltro del piano formativo attraverso il Sistema informatico per le comunicazioni obbligatorie deve valere ai fini dell’assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi, le comunicazioni e ogni altra informazione riguardanti l’apprendistato;
assicurare l’abilitazione all’ingresso nel sistema a tutti i soggetti obbligati alla registrazione dei dati della formazione effettuata dagli apprendisti e alla certificazione delle ore di formazione sul LEFA nonché dei soggetti che sono obbligati a registrare, certificare o anche convalidare i dati del libretto formativo del cittadino, di cui all’articolo 2) comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
dare la possibilità ai datori di lavoro di adempiere alla registrazione delle ore di formazione apprendista anche attraverso l’indicazione del dato nelle annotazioni della sezione retributiva del prospetto del libro unico del lavoro di cui articolo 39 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
G/1428-B/24/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
i commi 5 e 6 recano una delega al Governo per la definizione di norme di semplificazione e di razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti, a carico di cittadini e imprese, relativi alla costituzione ed alla gestione dei rapporti di lavoro, nonché in materia di igiene e sicurezza del lavoro;
in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32 e 41) fissa alcuni principi fondamentali, prevedendo la tutela della persona umana nella sua integrità psicofisica come principio assoluto ai fini della predisposizione di condizioni ambientai i sicure e salubri. Partendo da tali principi costituzionali, la giurisprudenza ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre;
il quadro normativo che disciplina la materia della salute e sicurezza sul lavoro è articolato e complesso essendo stato oggetto di molteplici interventi legislativi che hanno trovato un punto di sintesi e di riordinamento nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con cui, in attuazione alla delega contenuta nell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, si è dettata la normativa quadro per il riassetto e la riforma delle nonne vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che si erano succedute negli anni;
gli interventi recati dal decreto legislativo sono stati profondi e importanti a fronte di continui fatti tragici, emblematici del perdurare di gravi infortuni sul lavoro, frutto spesso di procedure di sicurezza mai seguite o della violazione di regole elementari di prudenza, sia nella grande che nella piccola impresa;
uno degli aspetti particolarmente positivi ed apprezzabili del decreto legislativo n. 81 del 2008 consiste, come già indicato, nell’aver dettato un quadro normativo organico e unitario, che richiede un radicamento diffuso della cultura della prevenzione e un impegno costante e coordinato delle istituzioni e dei soggetti che, da versanti diversi (responsabili aziendali del personale, consulenti per la sicurezza, dirigenti e operatori sindacali), sono impegnati in tale delicato settore;
inoltre, l’esigenza di riformare e razionalizzare il quadro normativo di tutela della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro ha tratto origine dal fatto che, a distanza di oltre un decennio dall’emanazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, il processo di produzione legislativa in materia di tutela e sicurezza del lavoro in pratica non si era mai fermato. In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria ed ha continuato nel corso degli anni a recepire nell’ordinamento interno quanto prodotto in sede europea. Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato o integrato le norme già inserite nel decreto legislativo n. 626 del 1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settori ali che si sono aggiunte alla disciplina-quadro per garantire la protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose;
pertanto, il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è stato caratterizzato da un’integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni Novanta, ha continuato a conoscere negli anni un progressivo ampliamento;
inoltre, l’impatto della disciplina comunitaria ha portato ad una profonda trasformazione della normativa applicabile alle diverse attività produttive e della sua ispirazione di fondo, con l’emergere in primo piano di una logica basata sulla prevenzione degli infortuni piuttosto che sulla tutela risarcitoria del lavoratore, che si esplica tra l’altro attraverso un’attività informativa e formativa cui i lavoratori e gli imprenditori sono chiamati a partecipare e collaborare attivamente;
le profonde modificazioni all’impianto normativo determinate dall’impatto della nuova legislazione di origine comunitaria sul previgente diritto interno, nell’offrire risposte più moderne ed efficaci ai problemi della sicurezza, hanno peraltro determinato difficoltà «di transizione», legate alla modificazione dello spirito di fondo dell’azione per la sicurezza imposta a imprenditori, lavoratori e autorità di controllo, alla oggettiva complessità normativa che ne è risultata, nonché ai tempi e alle modalità per la sua attuazione a livello secondario e per la sua concreta applicazione;
anche per tali motivi, il sistema delineato è apparso talvolta connotato da scarsa effettività: il campo della sicurezza sul lavoro è infatti caratterizzato da una non trascurabile dicotomia tra rigore formale delle norme e pratica applicazione delle stesse nel sistema produttivo;
a solo un anno di distanza dall’entrata in vigore del testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, il Governo era nuovamente intervenuto esercitando la delega per le disposizioni integrative e correttive già previste dalla medesima legge di delega, adottando il decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009;
durante l’esame dello schema di decreto legislativo correttivo (Atto n. 79), assegnato nel corso della XVI legislatura alle Commissioni riunite XI e XII, sono stati raccolti contributi delle parti sociali e degli altri organismi interessati ed è emersa anche in quella sede la necessità di procedere ad una manutenzione organica della disciplina di cui al decreto n. 81 del 2008 come corretto ed integrato dal successivo decreto legislativo n. 106 del 2009, al fine di colmare le lacune e i problemi riscontrati all’esito della prima fase di applicazione;
nonostante gli interventi correttivi e integrativi recati dal decreto legislativo n. 106 del 2009, ulteriori modifiche sono state successivamente apportate al decreto legislativo n. 81 del 2008 con successivi provvedimenti. Tali interventi di modifica, a volte proposti come misure di semplificazione hanno prodotto un indebolimento dell’impianto normativo con effetti negativi sulla effettiva tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori;
il fatto che i commi 5 e 6 rechino una delega al Governo per la semplificazione in materia di igiene e sicurezza del lavoro, senza nessun principio o criterio direttivo, suscita notevoli preoccupazioni, essendo fondato il rischio che il testo unico perda la sua organicità e venga ulteriormente indebolita la necessità di praticare la prevenzione nei luoghi di lavoro;
se a distanza di cinque anni dalla entrata in vigore del testo unico, si dovesse ritenere necessario procedere ad ulteriori manutenzioni sul decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, occorrerebbe prima verificare quale sia lo stato di attuazione coinvolgendo tutte le parti sociali,
impegna il Governo:
a istituire un tavolo con le parti sociali per verificare se e quali interventi di manutenzione operare sul testo unico di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, assicurando il rispetto del principio della preminenza della prevenzione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e mettendo la tutela della vita umana e della dignità dei lavoratori innanzi ad ogni scelta che si intenda operare, non cedendo a logiche mercantilistiche e di profitto.
G/1428-B/25/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»
premesso che:
l’articolo 1, comma 6, lettere a) del disegno di legge in esame reca disposizioni di delega circa la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero di atti di gestione, inerenti al medesimo rapporto, di carattere amministrativo;
impegna il Governo:
ad assicurare sull’intero territorio nazionale l’utilizzo esclusivo in materia di certificazione delle assenze dal lavoro per malattia, della certificazione in formato elettronico, evitando che si continui a mantenere in essere sia l’invio dei medico all’INPS della certificazione digitale e la presentazione della certificazione cartacea al datare di lavoro da parte della lavoratrice o lavoratore come ancora accade in alcune situazioni.
G/1428-B/26/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
all’articolo 1, comma 6, la lettera f) prevede la revisione del regime delle sanzioni per la violazione delle norme in materia di sicurezza del lavoro, tenendo conto dell’eventuale natura formale della violazione ed in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita. In questo ambito si prevede anche la valorizzazione degli istituti di tipo premiale;
per quanto riguarda, più in generale, i benefici riconosciuti dall’ordinamento a seguito di una corretta applicazione delle norme antinfortunistiche da parte delle imprese, la legge ha introdotto un regime premiale con la riduzione dei premi e dei contributi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
tale regime non va ovviamente valorizzato, perché le leggi, soprattutto quelle così importanti come quelle sulla sicurezza sul lavoro, si rispettano a prescindere e non dietro la promessa di un premio, semmai occorre introdurre nuove ipotesi tipiche di ricorso giudiziario da parte delle organizzazioni sindacali per la repressione della condotta antisindacale da rendere attivabili anche in caso di violazioni amministrative quali lavoro nero, appalti abusivi, mancata predisposizione delle misure di prevenzione e sicurezza, con facoltà di transigere identificando percorsi di graduale ritorno verso la legalità che, se rispettati, evitino la comminazione delle sanzioni,
impegna il Governo
in sede di adozione dei decreti legislativi allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, a sostituire la previsione, nell’ambito del regime sanzionatorio, di una valorizzazione degli istituti di tipo premiale con nuove ipotesi tipiche di ricorso giudiziario da parte delle organizzazioni sindacali per la repressione della condotta antisindacale da rendere attivabili anche in caso di violazioni amministrative quali lavoro nero, appalti abusivi, mancata predisposizione delle misure di prevenzione e sicurezza.
G/1428-B/27/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle, politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo ai criteri di delega contenuti nel comma 7 del provvedimento»;
premesso che:
il comparto delle regioni negli ultimi anni è quello che ha subito i maggiori tagli di risorse finanziarie sia in termini assoluti che in termini relativi, operati da parte dello Stato centrale che ha scaricato sugli enti territoriali la gran parte dei provvedimenti di revisione della spesa;
nonostante si stia sperimentando almeno sui fondi sanitari un criterio di ripartizione basato sui costi standard, in tutti gli altri settori di competenza regionale poco o nulla è stato fatto al fine di operare una ricognizione completa delle efficienze e delle inefficienze, con il risultato che i tagli sono stati imposti in maniera lineare a regioni virtuose e meno virtuose, con il risultato grottesco di penalizzare di più chi già operava con responsabilità e quindi senza margini di ulteriore risparmio;
in attesa della messa a punto completa e dell’applicazione del federalismo fiscale basato sui costi e sui fabbisogni standard, è necessario utilizzare da subito un metodo teso a premiare, nel trasferimento di fondi alle regioni al fine di attuare politiche attive del lavoro, gli enti che hanno attuato nel tempo una organizzazione efficiente;
impegna il Governo:
a favorire le amministrazioni maggiormente virtuose nei trasferimenti erariali da destinare a politiche attive e passive del lavoro premiando quelle che evidenziano un rapporto tra numero dei dipendenti e numero dei residenti inferiore alla media nazionale.
G/1428-B/28/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
il provvedimento al comma 7 chiede al Governo di intervenire a riformare i contratti di lavoro attualmente esistenti. Tra questi vi è il contratto di apprendistato che è stato disciplinato in maniera organica da parte del decreto legislativo n. 167 del 2011, su cui già più volte il Governo e il legislatore sono intervenuti, indebolendone rimpianto;
da ultimo con il decreto-legge n. 34 del 2014, è stato previsto che nell’apprendistato l’obbligo della forma scritta rimane per il contratto e per il patto di prova, mentre il piano formativo individuale può essere formulato in maniera sintetica e inserito nel contratto;
con tale ultima previsione si è determinato uno snaturamento del contratto di apprendistato, marginalizzando il ruolo e l’importanza della formazione, che è la ragione stessa di questo contratto. L’azienda può più facilmente sfruttare il lavoro di un apprendista che comporta vantaggi in termini fiscali e di salario;
il decreto-legge n. 34 del 2014 ha anche soppresso la condizione che legava la possibilità di assumere nuovi apprendisti, alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nelle aziende che occupino almeno 10 dipendenti;
in base alla nuova previsione legislativa la condizione rimane applicabile esclusivamente e solo parzialmente alle aziende che occupano almeno 30 dipendenti, le quali devono assicurare la prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato. Esse nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, devono aver assunto almeno il 20 per cento degli apprendisti il cui contratto di apprendistato sia terminato;
con il decreto-legge n. 34 del 2014 si era anche tentato di sopprimere la formazione pubblica (interna o esterna all’azienda), che prima era obbligatoria, che consente di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere svolta in azienda. Con il decreto-legge n. 34, la formazione è rimasta obbligatoria solo se le regioni provvedono «a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione di instaurazione del rapporto, le modalità per usufruire dell’offerta formativa pubblica»;
le modifiche apportate, in appena tre anni dall’adozione del Testo unico che disciplina il contratto di apprendistato, rivelano non un intento semplificatorio, ma il tentativo in atto già da tempo, di trasformare tale forma di contratto nel nuovo contratto modello per lo sfruttamento del lavoro precario e non finalizzato realmente alla formazione di lavoratrici e lavoratori, facendo venire meno la sua natura di contratto a causale mista (formativa e lavorativa);
il contratto di apprendistato stenta a decollare come contratto a causale mista. Si tende erroneamente ad ascrivere la disaffezione per tale contratto agli «appesantimenti» introdotti dalla riforma Fornero del mercato del lavoro, la quale è intervenuta sul regime della durata, sul numero complessivo degli apprendisti in servizio e sul regime delle conferme dei lavoratori apprendisti. Si tratta di accuse infondate, perché il trend negativo va avanti da svariati anni prima; i dati del bilancio ISFOL, INPS e Ministero del lavoro diffusi il 17 aprile 2014 rivelano che se dal 2011 al 2012 il numero di contratti è calato del 4,6 per cento (469.855 in tutto), il trend decrescente continua dal 2008. Nel 2008 gli apprendisti erano 645.385 unità (con una diminuzione di 175 mila unità rispetto al 2012);
un confronto meramente numerico mostra che in Germania ogni anno i contratti di apprendistato sono 1.5 milioni. Il confronto, tuttavia, non può andare più in là dei numeri, essendo sostanziali le differenze del mercato e dell’organizzazione del lavoro nei due Paesi; in Italia vanno particolarmente male i contratti di apprendistato tra i minori e nella fascia di lavoratori tra i 15 e 29 anni, che sono quelli ai quali – paradossalmente – tale contratto serve maggiormente;
lo scarso ricorso all’apprendistato ha diverse ragioni, nonostante la recente disciplina organica introdotta nel 2011, abbia previsto significativi sgravi fiscali e incentivi normativi. Le regioni hanno ridotto le risorse per la formazione; l’offerta formativa pubblica si è ridotta dellÍL’1,4 per cento tra il 2011 e il 2012. Solo 3 apprendisti sui 10 (31 per cento) hanno preso parte a interventi formativi organizzati da regioni ,e province autonome (si scende al 13 per cento nel sud e si sale al 43,5 per cento nel nord). Le risorse stanziate dalle regioni nel 2012 sono scese a 161 milioni, pari a meno 15,8 per cento. In alcune regioni, inoltre, non tutti i contratti di apprendistato sono ancora stati normativi per la parte di competenza regionale,
impegna il Governo:
a contrastare, con i decreti delegati, il tentativo di trasformare il contratto di apprendistato in un contratto in uno strumento per sfruttare i vantaggi fiscali e contributivi che esso assicura, riducendo o facendo scomparire la componente formativa e creando ulteriore precariato;
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di ridisciplinare nei decreti delegati l’obbligo di mettere per iscritto il piano formativo individuale, nel senso di escludere che esso possa trasformarsi nelle ripetizioni di mere clausole di stile o sterili precetti standard;
a individuare, insieme con le regioni, risorse necessarie per assicurare la formazione pubblica
a favore degli apprendisti, riportando gli stanziamenti almeno ai livelli del 2008 e rivendendo l’efficacia dei piani formativi;
a svolgere un esame delle disposizioni e prassi in materia di ispezioni e controlli ai datori di lavoro con riferimento ai lavoratori apprendisti, sviluppando, insieme con le patti sindacali e con esperti del settore, protocolli e standard per verificare l’eventuale abuso del contratto, mirato a sfruttare il lavoro degli apprendisti perché economicamente più conveniente e non già a realizzare la indispensabile formazione del lavoratore e della lavoratrice
G/1428-B/29/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
il provvedimento in esame, approvato con voto di fiducia dal Senato ed esaminato in sede referente dalla Commissione XI (Lavoro) della Camera dei deputati, appare nel complesso un testo assai pericoloso sia sotto il profilo della tutela e della protezione sociale dei lavoratori, sia e conseguentemente sotto il profilo del rilancio delle attività di sviluppo industriale del nostro Paese, perché omette di indicare in modo chiaro e preciso la via da seguire per riformare l’articolo 18 della legge n. 300/1970 in merito alle sanzioni per i licenziamenti individuali illegittimi e neppure parla di quelli collettivi;
si segnala in particolare, il comma 7 dell’articolo l della delega ove si prevede esplicitamente che il Governo adotti (entro 6 mesi) «un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro». In buona sostanza, non viene introdotta la previsione di un «codice semplificato per il lavoro» che corrisponda alla realizzazione di un «testo unico del lavoro». Si parla, invece, di «testo organico semplificato», ove proprio l’organicità e la semplificazione sono in grado di consentire all’Esecutivo non tanto di riordinare, recuperando, l’attuale normativa in materia di rapporti di lavoro, ma piuttosto di poterla riscrivere integralmente seppur nel rispetto della regolazione dell’Unione europea e delle convenzioni internazionali, oltre che dei principi e dei criteri direttivi della stessa legge delega, nell’ambito dei quali può senza dubbio riscontrarsi uno spazio di intervento particolarmente ampio per l’Esecutivo teso a diminuire le tutele oggi previste dall’articolo 18 della legge n. 300/1970;
non è un caso che il provvedimento in esame, di fatto, non menzioni espressamente l’articolo 18 ma neanche definisca i limiti specificamente individuati per circoscrivere l’intervento su tale norma che disciplina il quadro regolatorio delle sanzioni incombenti sui datori di lavoro per i licenziamenti nulli e illegittimi;
inoltre, fra i principi e i criteri direttivi che dovranno essere rispettati nella redazione del codice semplificato la lettera b) del comma 7 dell’articolo 1 della delega si prevede la promozione del contratto a tempo indeterminato quale «forma privilegiata di contratto di lavoro», con l’impegno a renderlo «più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto», con riferimento agli «oneri diretti e indiretti»;
al riguardo si segnala che proprio su questo passaggio finale del provvedimento in esame potrebbe agganciarsi perfettamente l’intervento sulla rimodulazione del sistema sanzionatorio per i licenziamenti individuali illegittimi, considerato che nell’ambito degli oneri indiretti connessi o comunque derivati dalla gestione dei rapporti di lavoro e dall’amministrazione del personale figurano proprio i «costi» relativi al contenzioso in materia di licenziamento individuale e i profili economici – indennizzo, risarcimento, indennità sostitutiva – attinenti alla stabilità dei rapporti di lavoro conseguente al regime sanzionatorio previsto per i licenziamenti;
anche su questo punto, l’Esecutivo, stando a quanto previsto dal provvedimento in esame, potrà ampiamente modificare i contenuti dell’attuale articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori fino a restringere in modo particolarmente rilevante i casi di reintegrazione del lavoratore licenziato e a ridurre gli importi dovuti dal datore di lavoro a titolo di indennizzo ovvero di risarcimento;
come chiaramente espresso nell’ambito della pregiudiziale di costituzionalità presentata dal Gruppo Parlamentare Sinistra Ecologia e Libertà, con riferimento al provvedimento in esame si deve sollevare più di un dubbio per quanto attiene alla compatibilità costituzionale, trattandosi di un testo di legge di delega al Governo talmente ampio e al contempo privo di contorni chiari e definiti;
sotto tale profilo si segnala come l’articolo 76 della Carta Costituzionale indichi i limiti entro i quali il Governo può essere delegato ad esercitare la funzione legislativa, stabilendo che «l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri difettivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»;
la Corte costituzionale si è più volte posizionata in una censura sulla costituzionalità dei decreti delegati per estraneità della disciplina regolatoria stabilita nel decreto delegato in raffronto con l’oggetto della delega (sentenze n. 503 del 18 novembre 2000 e n. 212 de118 giugno 2003), come pure per l’estraneità dell’oggetto rispetto ai contenuti della delega (sentenze n. 251 del 17 luglio 200 I e n. 170 del 17 maggio 2007);
con tutta probabilità, il provvedimento in esame, non avendo ricevuto specifiche puntualizzazioni sul tema delle modifiche da apportare all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori neanche durante l’esame in sede referente presso la Commissione Lavoro, potrebbe produrre un pesante contenzioso costituzionale attivabile da qualsiasi giudice che venga chiamato a valutare la legittimità di un licenziamento individuale;
nel corso dell’esame in sede referente del provvedimento in esame presso la Commissione Lavoro sono state apportate talune modifiche al testo trasmesso dal Senato che, pur tuttavia e con tutta evidenza, non rispondono alla soluzione delle criticità esiziali che caratterizzano l’impianto complessivo del provvedimento;
in particolare, con riferimento al riordino delle forme contrattuali, la modifica di maggiore rilievo ha riguardato la disciplina dei licenziamenti illegittimi nell’ambito del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio;
a tal fine, in particolare, la possibilità di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (ferma restando la disciplina vigente per i licenziamenti nulli e discriminatori, a fronte dei quali la reintegra è sempre ammessa) è stata esclusa per i licenziamenti economici, mentre per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari ingiustificati è stata limitata a «specifiche fattispecie»;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo parlare di licenziamenti disciplinari per «specifiche fattispecie» non ha alcun senso. Il disciplinare, infatti, può verificarsi per innumerevoli fatti specie che vanno dal litigio con il collega dentro e al di fuori del posto di lavoro, all’incompatibilità caratteriale con i propri superiori o con il proprio datore di lavoro, al furto sul luogo di lavoro eccetera;
per quanto riguarda, invece, la delega in materia di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, è stata prevista l’introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere; inoltre, è stata prevista la semplificazione e razionalizzazione degli organismi, delle competenze e dei fondi operanti in materia di parità e pari opportunità nel lavoro, con il riordino delle procedure connesse alla promozione di azioni positive di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ferme restando le funzioni in materia di parità e pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
per quanto concerne la delega per la razionalizzazione degli incentivi per l’autoimprenditorialità, è stata introdotta la possibilità di acquisizione delle imprese in crisi da parte dei dipendenti,
impegna il Governo:
ad adottare le opportune iniziative normative tese ad evitare il rischio di un pesante e costosissimo contenzioso che la presumibile incostituzionalità del provvedimento in esame potrebbe provocare, soffocando al contempo qualsiasi iniziativa imprenditoriale di operare nuove assunzioni;
ad adottare ogni iniziativa normativa tesa a valorizzare la conciliazione vita-lavoro come principio fondamentale che guida il datore di lavoro, pubblico o privato, nell’esercizio del potere organizzativo dell’azienda, per consentire ai lavoratori e alle lavoratrici di accrescere il proprio benessere .ed alle imprese di ridurre i propri costi e di beneficiare di una maggiore produttività dei dipendenti e delle dipendenti nonché di incrementare le assunzioni e di sostenere l’occupazione;
ad adottare ogni iniziativa normativa tesa a sostenere in particolare le nuove cooperative costituite da lavoratori dipendenti che intendano riscattare l’azienda subentrandone nella gestione per il mantenimento della continuità produttiva qualora si tratti di piccole e medie imprese che versano in gravi difficoltà di produzione e commercializzazione dei prodotti con imminente pericolo di chiusura oppure che abbiano avviato procedure di delocalizzazione delle attività produttive.
G/1428/B/30/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
l’articolo 1, comma 7 del disegno di legge in esame:
a) alla lettera b) reca disposizioni volte a promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
b) alla lettera c), reca la previsione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio nonché disposizioni in materia di cessazioni del rapporto di lavoro;
considerato che:
si rende necessario rafforzare la tutela dei lavoratori al momento della cessazione del rapporto di lavoro in caso di mancata trasformazione del contratto a tempo determinato di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, incrementando la quota del trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile;
impegna il Governo:
a disciplinare la cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato riconoscendo un aumento della quota del trattamento di fine rapporto per queste categorie di lavoratori.
G/1428/B/31/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
all’articolo 1 del disegno di legge in esame:
a) al comma 7, le lettere b) e c), recano disposizioni in materia di riordino dei contratti di lavoro;
b) al comma 13, viene disposto l’obbligo, per il Sistema permanente di monitoraggio e valutazione (istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 92 del 2012), di monitorare in maniera permanente gli effetti degli interventi di attuazione del provvedimento in esame;
considerato che:
le situazioni di disagio lavorativo sono in costante aumento: una percentuale compresa tra il 50 e il 60 per cento delle giornate lavorative perse in un anno è correlata allo stress lavorativo;
secondo studi condotti dalla «European Agency for Safety ànd Health at Work» sono cinque le aree di variabili che rendono emergenti i rischi psicosociali: 1) l’utilizzo di nuove forme di contratto di lavoro (contratti flessibili) e l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso; 2) forza lavoro sempre più vecchia per mancanza di adeguato turn over; 3) alti carichi di lavoro; 4) la tensione emotiva elevata; 5) le interferenze e squilibrio tra lavoro e vita privata;
il ricorso a forme di contratto di lavoro a tempo determinato e flessibile costituisce dunque il primo fattore di rischio per il lavoratore;
è necessario conoscere e monito rare i fattori lavorativi di stress ed in particolare lo stress derivante dall’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile e le conseguenze sulla qualità della vita e sul benessere psicosociale del lavoratore anche al fine di prevenire pesanti ricadute economiche sulle aziende e sulle economie nazionali derivanti dal rischio psicosociale di stress che subisce il lavoratore precario,
impegna il Governo:
a valutare l’opportunità di istituire (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) una Commissione di analisi e studio formata da esperti per le finalità di monitoraggio, contrasto e prevenzione delle conseguenze sulla qualità della vita, dei fattori lavorativi di stress e sugli effetti derivanti dalla condizione sociale di lavoratore assunto a tempo determinato e flessibile.
G/1428/B/32/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
all’articolo 1, comma 7, lettera c), del disegno di legge in esame si prevede, per le nuove assunzioni, l’istituzione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio nonché l’esclusione per i licenziamenti economici della possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento
considerato che:
l’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 ha introdotto la possibilità di stipulare contratti collettivi di livello aziendale o territoriale (cosiddetti «contratti collettivi di prossimità») in grado di derogare alla legge e alla contrattazione collettiva nazionale, facilitando, tra le altre cose, i licenziamenti dei lavoratori;
tale norma mette in discussione la legislazione del diritto del lavoro e indebolisce il quadro di tutele sancite nei contratti collettivi, violando, di fatto, l’accordo interconfederale unitario del 28 giugno 2011, che definisce la gerarchia delle fonti contrattuali e i riferimenti alla titolarità dei soggetti sindacali a negoziare, nonché le regole di validazione dei contratti previste nell’accordo, annullando i riferimenti per misurare la rappresentatività dei soggetti sindacali;
in sostanza, vi un è palese svilimento dei diritti fondamentali del lavoratore, compreso il licenziamento senza giusta causa,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di porre in essere, in coerenza con quanto stabilito all’articolo 1, comma 7, lettera c), del disegno di legge in esame, un apposito provvedimento volto all’abrogazione dell’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
G/1428-B/1/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
la proposta di legge in esame si pone l’obiettivo di incidere in modo sostanziale sul diritto del lavoro e sui diritti dei lavoratori, continuando la stagione dello smantellamento dello Statuto dei lavoratori, proprio nel bel mezzo di una crisi economica e del sistema produttivo senza precedenti, quando più forte è la necessità di tutele e garanzie dei lavoratori;
le disposizioni della proposta di legge evidenziano, inoltre, una assenza quasi completa del coinvolgimento delle rappresentanze sindacali nei processi che porteranno all’adozione dei decreti delegati, in continuità con i provvedimenti dei precedenti governi della destra e del Governo in carica, che fanno carta straccia delle relazioni sindacali e dimostrano la volontà di avocare al Governo la rappresentanza diretta dei lavoratori, in violazione della Costituzione;
già con la cosiddetta «manovra-bis», dell’estate 2011, e più precisamente con l’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, rubricato «Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità», è stato introdotto un nuovo meccanismo di regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione, fondato sulla stipulazione di contratti collettivi di livello aziendale o territoriale, cosiddetti «contratti collettivi di prossimità»; in grado di derogare alla stessa disciplina legale e alla contrattazione collettiva nazionale;
l’articolo 8 citato è intervenuto, quindi, a modificare la gerarchia delle fonti tra norme di legge ed accordi contrattuali e tra livelli contrattuali e la legittimazione dei soggetti negoziali;
la rappresentatività attribuita dalla citata disposizione alle associazioni sindacali non è qualificata dalle condizioni previste dall’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, che prevede una soglia minima del 5 per cento calcolata su iscritti e voti delle associazioni e certificazione degli iscritti. Infatti, il richiamo all’accordo del 2011 nell’attico lo 8 è operato solo con riferimento alle rappresentanze sindacali operanti in azienda, di modo che è da escludersi un suo valore generale, tale da potersi riferire anche alla rappresentatività dei sindacati esterni;
l’articolo 8 citato incidendo sulla gerarchia delle fonti contravviene, innanzitutto, all’articolo 39 della Costituzione con il rischio di lacerare le norme sulle relazioni dei contratti di lavoro e dei rapporti industriali, oltreché a porsi in totale contrasto con le norme comunitarie che, diversamente, impongono la parità di trattamento fra organizzazioni sindacali;
così facendo, il Governo dell’epoca ha voluto invadere la sfera negoziale a cui l’accordo del giugno del 2011 voleva dare risalto, imponendo, con una norma di legge, un principio di rappresentatività più ampio e svincolato di quello concordato fra le parti, riconoscendo maggiore forza alla contrattazione cosiddetta di «prossimità», che in questo modo può operare in deroga sia alla legislazione vigente (legge n. 300 del 1970, cosiddetto «Statuto dei lavoratori») che a quanto stabilito dal contratto nazionale, il tutto con l’avvallo della controparte datoriale che, facendo ricorso alla contrattazione aziendale, intravede la possibilità di avere meno vincoli sul futuro delle relazioni sindacali, oltreché in materia di licenziamenti;
con tale norma, infatti, è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano la possibilità di una deroga generalizzata ed illimitata ai diritti minimi stabiliti per legge. Non è più necessario stipulare un accordo, di estensione nazionale, ma in ogni porzione di territorio, anche piccolissima, e perfino in ogni singola azienda, diventa lecito ciò che ieri non era consentito, travolgendo ò eliminando garanzie acquisite in passato;
altro punto fondamentale della norma è la previsione della facoltà di stipulare accordi in deroga alla legge anche per quanto concerne la cessazione del rapporto di lavoro, visto che il testo normativo riferisce espressamente di intese sindacali che abbiano ad oggetto le «conseguenze» del recesso dal rapporto stesso;
si rileva altresì che la norma presenta una variegata serie di problemi interpretativi che potrebbero inficiarne l’effettiva utilizzabilità. Innanzitutto sono previsti per i contratti collettivi di prossimità «vincoli di scopo». Detti accordi, infatti, devono essere finalizzati «alla maggiore occupazione» ed alla «crescita dell’occupazione», che la norma, così formulata, pare ritenere condizioni essenziali per l’adozione dei suindicati patti: dunque sarà ammissibile la stipula ex articolo 8 solo in ragione di incrementi di produttività ed occupazione;
il problema, partendo dalla complessa ampiezza e genericità delle espressioni adottate dallo stesso Governo, nasce laddove si pensi ai potenziali contenziosi promossi dai lavoratori che, licenziati sulla base della disciplina prevista dall’accordo aziendale, potrebbero chiedere giudizialmente l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori eccependo che il contratto aziendale non abbia prodotto un reale aumento dell’occupazione della produttività. Si tratterà in tal caso di una questione da gestire in sede giudiziale, ma che presenta indubbie e notevoli problematiche;
un’ulteriore fonte di controversie potrebbe sorgere dal necessario rispetto dei vincoli comunitari espressamente previsto dal testo normativo. il problema più immediato sarà dato dal lavoratore che, potendo adire il giudice nazionale, invochi il rispetto del diritto comunitario, situazione in cui si riproporranno tutte le difficoltà di conoscibilità e corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea e della giurisprudenza della Corte di giustizia,
impegna il Governo:
a prendere le opportune iniziative al fine di abrogare l’articolo 8 del citato decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
G/1428/B/33/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34 (decreto Poletti) in materia di «Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese», ha introdotto disposizioni tese a facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine) in un’ottica che la rubrica chiama di «semplificazione», ma che nella sostanza ha comportato lo snaturamento del contratto a termine;
la proposta di legge in esame si prefigge l’obiettivo di introdurre il contratto a tempo indeterminato a tutele progressive e a rivedere le altre tipologie contrattuali attualmente in essere, al fine di razionalizzarle e ridurle di numero;
tale intervento non potrà prescindere dalla revisione del contratto, a tempo determinato, al fine di recuperare la sua natura e impedire un ricorso ad esso in maniera abusiva;
il decreto Paletti ha innalzato da 12 a 36 mesi la durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell’indicazione della causale per la sua stipulazione; ha previsto che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datare può essere fino al 20 per cento del personale complessivo impiegato a tempo indeterminato; infine, ha previsto che un contratto a tempo determinato può essere prorogato fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi;
sono numerose le storie di lavoratrici e lavoratori che hanno avuto più rapporti di lavoro con la stessa impresa fino ad un massimo di 36 mesi, in parte senza causale e in parte con causali che variavano, pur non cambiando l’attività lavorativa svolta. Nonostante la proroga del contratto a tempo determinato, molto spesso i lavoratori non ottengono che il loro rapporto di lavoro venga stabilizzato, dopo i 36 mesi, con un contratto a tempo indeterminato l’esperienza del mondo del lavoro, sempre più precarizzato, dimostra che il ricorso a forme di contratti, come quello a tempo determinato, non porta ad un aumento dei posti di lavoro, né ad una maggiore stabilizzazione degli stessi. Secondo l’Employment Outlook dell’OCSE, del settembre 2014, in Italia la quota di neo assunti con un contratto precario è al 70 per cento, «una delle più elevate tra i Paesi Ocse»;
il contratto a termine oggi vigente in Italia contraddice la direttiva europea che lo regola e contraddice il principio di legge secondo cui «la forma comune di rapporto di lavoro è quello a tempo indeterminato»;.
la richiamata direttiva del Consiglio del 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato è stata recepita dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368;
l’articolo 1 della direttiva 1999/70 stabilisce che essa persegue lo scopo di «attuare l’accordo quadro ( … ), che figura nell’allegato, concluso ( … ) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE);
il terzo comma del preambolo dell’accordo quadro recita:
«Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli, dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori»; il punto 10 delle considerazioni generali dell’accordo quadro stabilisce che:
«10. considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all’applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo stagionale»;
la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, rubricata «Principio di non discriminazione», così prevede:
«1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»;
la clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», dispone quanto segue:
«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le patti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
a) devono essere considerati «successivi»;
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
si deve ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro intende attuare uno degli obiettivi perseguiti dall’accordo, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (vedi sentenze Adeneler e a., cit., punto 63; del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C-378/07 a 0380/07, Racc. pag. 1-3071, punto 73, nonché del 26 gennaio 2012, Kiiciik, 0586/10);
detta disposizione dell’accordo quadro impone, quindi, agli Stati membri, per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure in essa enunciate qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti. Le misure così elencate al punto 1, lettere da a) a c) di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (vedi citate sentenze Angelidaki e a., punto 74, nonché Kuciik, punto 26);.
il decreto-legge Poletti, innalzando da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato che non necessita dell’indicazione della causale per la sua stipulazione e prevedendo la possibilità di prorogare fino ad un massimo di cinque volte in 36 mesi tal contratto, ha previsto un rispetto di natura puramente formale della clausola 5 dell’Accordo quadro, non prevedendo criteri oggettivi e trasparenti atti a verificare se il rinnovo dei contratti (troppi e in un tempo troppo lungo) e, soprattutto, la mancanza di causa (generalizzata in ogni settore produttivo e impresa, senza limitazioni) siano compatibili con lo scopo e l’effettività dell’accordo quadro;
oltre a esporre l’Italia al rischio dell’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, con le conseguenze sul piano economico e procedurale che questo può comportare, il decreto-legge Poletti ha peggiorato la condizione dei lavoratori italiani,
impegna il Governo:
a rivedere il contratto a tempo determinato, provvedendo a eliminare il ricorso ad esso in assenza di causali; a eliminare la possibilità di rinnovi dei contratti a termini per la stessa mansione svolta, stabilendo che in tal caso il contratto si considera a tempo indeterminato, con le garanzie oggi previste per tali contratti, aggravando le sanzioni per i casi di ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato.
G/1428/B/34/11
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge in oggetto, recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro,
premesso che:
l’articolo 1 del disegno di legge, al comma 7, reca la delega al Governo per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei relativi contratti, nonché per la razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva;
la lettera c) del predetto comma, tra i criteri e principi direttivi, indica per i licenziamenti economici l’esclusione della possibilità di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio, nonché la limitazione del diritto alla reintegrazione per i licenziamenti nulli e discriminatori e per specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, e prevedendo tempi certi per il licenziamento,
impegna il Governo:
nell’esercizio della delega, fermo restando il diritto alla reintegrazione nel caso di licenziamenti nulli e discriminatori, a prevedere l’esclusione del medesimo diritto per le specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, indicate nella predetta letterac).
G/1428/B/35/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
La Commissione 11 del Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia ai riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
all’articolo 1, comma 7, lettera c), del disegno di legge in esame si prevede, per le nuove assunzioni, l’esclusione per i licenziamenti economici della possibilità di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento;
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi della nonna richiamata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro per tutte le ipotesi di licenziamento così come stabilito all’articolo 18 della Legge 20 maggio 1970, n. 300.
G/1428-B/36/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (atto Senato n. 1428-B);
premesso che:
l’articolo 1, comma 7, lettera d) del disegno di legge in esame reca un criterio di delega, volto al rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro;
considerato che:
l’articolo 4 della legge n. 53 del 28 marzo 2003, e successive modifiche riportate all’articolo 5 della legge 12 settembre 2013, n. 104, prevede per tutti gli studenti delle scuole secondarie di ogni ordine che abbiano età compresa tra i 15 e i 18 anni, la formazione attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro,
impegna il Governo:
a valutare di aumentare le possibilità per tutti gli studenti di età compresa tra i 15 e i 18 anni di età, di svolgere l’alternanza scuola-lavoro, al fine di migliorare l’apprendimento e i legami tra scuola e mondo del lavoro per lo sviluppo culturale, sociale ed economico; di favorire le vocazioni, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; di sostenere l’innovazione metodologica e didattica.
G/1428-B/37/11
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Il Senato,
considerato che:
la proposta di legge si propone di modificare radicalmente il mondo del lavoro, affidando al Governo deleghe attraverso le quali l’esecutivo dovrebbe rivedere le forme contrattuali esistenti, ma soprattutto modificare ulteriormente lo Statuto dei, lavoratori del 1970;
il contenuto delle deleghe mostra l’intenzione di eliminare dal mondo del lavoro importanti regole conquistate nel corso del secolo scorso a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. La convinzione del Governo di Renzi e della sua maggioranza, in maniera del tutto simile a quanto praticato dai governi della destra, sembra essere che la classe imprenditoriale italiana e i singoli imprenditori siano in grado di assicurare da sé l’interesse dei lavoratori e che abbiamo a cuore il rispetto dei loro diritti;
tale convinzione è errata. Non perché gli imprenditori, al contrario, siano per definizione degli oppressori dei lavoratori, ma perché l’assenza di regole e l’obiettivo di massimizzare i profitti delle imprese ha come conseguenza che i lavoratori, parti deboli del rapporto contrattuale, vedono peggiorare la loro situazione e sono esposti a facili ricatti di licenziamento, di modifica delle condizioni contrattuali e di riduzione delle retribuzioni. Questo potrà avvenire, inoltre, in un contesto nel quale la portata del contratto collettivo nazionale e il ruolo dei sindacati sono stati ridotti e sviliti;
sul fronte delle retribuzioni, il comma 7, lettera g) della proposta di legge stabilisce che il Governo introduca, eventualmente anche in via sperimentale, il compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato;
le retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici italiane, specie in alcune aree del Paese o in relazione ad alcune tipologie contrattuali, non sono in grado di assicurare una retribuzione giusta e sufficiente a provvedere ai bisogni del lavoratore e della sua famiglia. Non è insolito che vi siano lavoratori al di sotto della soglia della povertà nonostante abbiano un lavoro o un contratto;
in ambito Europeo, un recente studio UE, sottolinea come l’Italia si classifichi seconda, dopo il Regno Unito, per livello di disuguaglianza distributiva dei redditi. In particolare, continuano ad essere ingiustificatamente alte le retribuzioni e i bonus dei manager. Il decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66 ha fissato il tetto retributivo nella pubblica amministrazione a 240 mila euro;
nella situazione di crisi nella quale si trova immerso anche il nostro Paese, l’opinione pubblica ritiene opportuno che tutti i settori della società siano compartecipi dei sacrifici necessari e ritiene non più tollerabile i considerevoli e sproporzionati emolumenti fissi e variabili che molti manager anche di società private si auto-elargiscono, nonché le loro super liquidazioni spesso neanche lontanamente giustificate dai risultati conseguiti nelle conduzione delle aziende loro affidate;
di fronte all’aumento delle disuguaglianze sociali e economiche, al crescere della sperequazione, è necessario intervenire per il contenimento delle retribuzioni dei manager anche privati e fissare parametri più precisi per i dirigenti pubblici, ai fine di ristabilire equità ed etica; per evitare di violare gli articoli 3 e 53 della Costituzione, i manager di banche e imprese private che ricevono a qualunque titolo denaro pubblico (dal Governo nazionale, da istituzioni europee e internazionali) dovrebbero essere sottoposti allo stesso regime dei pubblici;
occorre modificare il quadro normativo del diritto societario e la contrattualistica lavorativa nazionale per le figure dirigenziali prevedendo:
tetto massimo per gli stipendi dei manager pubblici e privati che non potranno superare la quota proporzionale 1/20 rispetto al salario medio dei dipendenti;
tetto massimo ai sistemi incentivanti che non potranno comunque superare il rapporto di 1 a 1 con la retribuzione annuale;
approvazione da parte degli azionisti con quorum del 50 per cento e voto favorevole del 66 per cento di ogni bonus o stock option, entro i limiti prima indicati, parametrando la percentuale da erogare al raggiungimento degli obiettivi di produttività e di utili prodotti;
abolizione dei bonus all’uscita e tutte le altre forme di indennità, retribuzioni anticipate, premi per acquisizioni e vendite, nonché di contratti di consulenza con società appartenenti al gruppo per il quale si svolge la prestazione;
liquidazione per la cessazione del rapporto di lavoro commisurata esclusivamente alla sua durata e proporzionale al limite massimo della retribuzione fissa annuale;
altri Paesi europei in tema di regolamentazione delle retribuzioni e dei bonus dei manager, nel settore pubblico e privato, hanno già intrapreso azioni concrete. Con il pacchetto CRD IV, nel 2013 l’UE ha fissato un tetto ai bonus dei banchieri. Nel caso C-507/13, l’avvocato generale della Corte di Giustizia ha invitato la Corte, nelle sue conclusioni formulate il 20 novembre 2014, a respingere il ricorso della Gran Bretagna che contesta la direttiva ritenendo le remunerazioni competenza degli Stati;
la ricetta indicazioni sopra fornite, insieme ad una profonda riforma del nostro sistema fiscale, possono costituire un ulteriore passo nella giusta direzione per ridurre le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi,
impegna il Governo:
a intraprendere le opportune iniziative, anche legislative, per riformare il diritto societario nel senso indicato in premessa, per il contenimento delle retribuzioni dei manager del settore privato e fissare parametri più precisi per i dirigenti pubblici, al fine di ristabilire equità ed etica nelle retribuzioni.
G/1428-B/38/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro;
premesso che:
il comma 7, lettera g) del provvedimento, nel testo licenziato dalla Camera, prevede il superamento dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
le collaborazioni coordinate e continuative propriamente dette permangono nell’ambito della pubblica amministrazione, giacché nel settore privato sono state sostituite – con il decreto legislativo n. 276 del 2003, attuativo dell’articolo 4 delle legge delega n. 30 del 2003, e successive modifiche – dalle collaborazioni a progetto;
in materia impropria si fanno rientrare nei rapporti di natura collaborativa, pur distinguendosi, anche le prestazioni di lavoro autonomo occasionale di cui all’articolo 70 del decreto legislativo n.276 del 2003;
il criterio di cui alla lettera h) del medesimo comma 7, nel prevedere l’ampliamento delle possibilità di ricorso al cosiddetto lavoro accessorio, lascia intendere l’esplicita volontà del legislatore – Governo di non procedere al superamento anche di questa tipologia contrattuale; tuttavia resta da chiarire gli intenti in merito alle collaborazioni a progetto; –:
impegna il Governo:
a precisare, nelle more di attuazione del provvedimento, se il superamento di cui alla lettera g) del comma 7, citata in premessa, si riferisca alle sole collaborazioni coordinate e continuative propriamente dette ovvero anche ai contratti di collaborazione a progetto.
G/1428-B/39/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
valutato il disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, con particolare riguardo alla delega conferita dal comma 8 del provvedimento;
considerata l’importanza che rivestono le politiche di sostegno alla genitorialità, specie alla luce del continuo aumento del tasso delle «nascite zero;»;
impegna il Governo:
a garantire la destinazione vincolata dei contributi di maternità confluiti nella apposita gestione INPS esclusivamente alle prestazioni in materia, senza distrazioni verso altre gestioni in disavanzo.
G/1428-B/40/11
CONTE
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»;
premesso che:
l’articolo 1, comma 8 del disegno di legge in esame reca una delega al Governo per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
impegna il Governo:
a prevedere il diritto al sussidio di disoccupazione nel caso in cui la donna debba licenziarsi in seguito alla situazione di violenza domestica;
a prevedere sgravi fiscali per le imprese che assumono nuove lavoratrici in sostituzione di quelle che hanno subito violenza, costrette a sospendere il contratto di lavoro per rendere effettiva la loro protezione o il loro diritto di assistenza integrale;
a introdurre il diritto di una donna, vittima di violenza, a ridurre, modificare o sospendere il contratto di lavoro con la riserva del posto di lavoro;
a corrispondere un assegno pari a sei mensilità del sussidio di disoccupazione nel caso in cui le vittime di violenza abbiano un reddito basso o si trovano senza nessuno impegno.
G/1428-B/41/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (atto Senato n. 1428-B);
premesso che:
all’articolo l del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni di delega volte a garantire adeguato sostegno alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportUnità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
considerato che:
il decreto legislativo n. 66 del 2003 prevede disposizioni in materia di orario di lavoro;
il lavoro e in particolare l’organizzazione del lavoro è fortemente cambiata per effetto delle nuove tecnologie: per molti lavoratori non sarebbe più necessario recarsi direttamente sul posto di lavoro per «timbrare il cartellino» ma l’avvento delle nuove tecnologie consente al dipendente di poter svolgere la medesima prestazione lavorativa anche fuori dai locali dell’azienda e in orari «non convenzionali» purché il lavoratore porti a termine l’obiettivo stabilito alle scadenze previste anche distribuendo l’orario di esecuzione della prestazione tra più lavoratori;
in tali casi si parla di smart working che consente una nuova modalità di esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali dell’azienda ma anche con una flessibilità in particolare dell’orario di lavoro scelto liberamente e determinato dal prestatore di lavoro;
tale nuova modalità di organizzazione dell’orario di lavoro consentirebbe anche una migliore armonizzazione tra tempi di vita e di lavoro;
è dunque necessario un intervento che preveda non solo la possibilità e le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali dell’azienda ma anche la possibilità di organizzazione della prestazione lavorativa in termini di flessibilità dell’orario di lavoro consentendo ad un gruppo di lavoratori di svolgere un determinato compito o obiettivo lasciando gli stessi «liberi di determinare la distribuzione oraria della prestazione,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta a introdurre la possibilità in capo ad un gruppo di lavoratori di determinare e stabilire la distribuzione oraria della propria prestazione lavorativa in funzione delle esigenze di vita di ciascuno di essi ed in funzione del raggiungimento di un determinato compito o obiettivo affidatogli dal datore di lavoro senza diminuzione della retribuzione.
G/1428-B/42/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS l428-B)
premesso che:
all’articolo 1 del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni di delega volte a garantire adeguato sostegno ,alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
considerato che:
nonostante i pur significativi progressi fatti negli ultimi anni, l’Italia ancora sconta un grave ritardo nell’adozione di politiche di sostegno al reddito, alla famiglia, alla maternità e della conciliazione tra vita familiare e lavoro: ciò determina, tra l’altro un aumento della disoccupazione, in particolare femminile, producendo effetti negativi per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese;
ancor peggiore appare il dato che vede protagonisti gli autonomi, ai quali purtroppo la legislazione non dedica la giusta attenzione: mancano ad oggi, per questa fetta di lavoratori, le giuste tutele riguardanti la malattia e la maternità;
un autonomo/a (sia esso iscritto alla gestione separata, ad un ordine professionale, alla gestione commercianti o artigiana) per avere le indennità per eventi quali malattia, degenza ospedaliera e maternità, a differenza dei lavoratori subordinati devono fare i conti non solo con i minimali di contribuzione, ma anche con i mesi di contribuzione e con la natura del reddito prodotto;
le differenze di tutele tra un subordinato e un autonomo si hanno sia riguardo l’importo erogato dall’istituto per lo stesso evento sia che per i giorni/periodi coperti: l’indennità di malattia, ad esempio, nell’ambito di un rapporto subordinato, è corrisposta per un massimo di 180 giorni contro i 61 previsti per il lavoratore autonomo;
l’assegno al nucleo familiare nell’ambito del lavoro autonomo, è ridotto in base ai mesi di contribuzione, ed è erogato solo se il nucleo familiare produce un reddito composto per almeno il 70 per cento da lavoro dipendente;
l’indennità di materialità per un autonoma è corrisposta solo in caso di effettiva sospensione dell’attività lavorativa (senza considerare i rischi in perdita di clienti che si riscontrano a seguito della sospensione dell’attività lavorativa) e nessun congedo è previsto per il padre autonomo;
tali differenze non fanno altro che creare ancor di più lavoratori di serie A e lavoratori di serie B,
impegna il Governo:
ad adottare in tempi rapidi le opportune iniziative legislative volte a introdurre misure di sostegno al reddito e alla famiglia uniformi e omogenee per tutte le categorie di lavoratori, equiparando, in ambito di tutele, il lavoratore autonomo a quello subordinato;
a prevedere l’universalità dell’assegno al nucleo familiare per tutti i soggetti che creano famiglia, prescindendo dal reddito prodotto e dai mesi di contribuzione, al fine di ridurre le disuguaglianze sociali e sostenere la genitorialità;
ad adottare e sostenere ogni iniziativa normativa volta a riformare l’attuale disciplina concernente i congedi obbligatori e parentali, prevedendone la concessione ai lavoratori autonomi, al pari dei dipendenti.
G/1428-B/43/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
all’articolo 1 del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni di delega volte a garantire adeguato sostegno alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
in particolare la lettera f) del comma 9 prevede la promozione dell’integrazione dell’offerta di servizi per le cure parentali, forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali, nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative, anche mediante la promozione dell’impiego ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi;
considerato che:
la funzione sociale della maternità continua ad. essere penalizzata rispetto all’accesso e alla permanenza nel mercato del lavoro. Ciò è imputabile a diversi fattori quali l’iniqua distribuzione dei carichi di lavoro familiare, la persistente carenza dei servizi per l’infanzia, le forme di discriminazione sul lavoro subite dalle donne madri o in gravidanza, l’insufficienza delle reti di aiuto formale (asili nido e strutture per l’infanzia);
la peculiarità del nostro Paese è ravvisabile nel ricorso intenso alla rete di aiuti informale e alla solidarietà intergenerazionale. Sei bambini su dieci sono affidati ai nonni quando la madre lavora. Inoltre l’interruzione dell’attività lavorativa dovuta alla nascita di un figlio può comportare un rischio elevato di non reinserirsi nel mondo del lavoro, o di rimanerne a lungo al di fuori. Tra le donne che nel corso della vita hanno smesso di lavorare, il 17,7 per cento lo ha fatto per la nascita del figlio;
emerge in tutta evidenza la necessità di tutelare i diritti della donna nella fase della vita in cui deve conciliare l’essere madre con la sua partecipazione alla vita attiva e produttiva anche nell’ambito del lavoro autonomo;
impegna il Governo:
a prevedere la revisione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti dèl1e lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con particolare riguardo all’obbligo di astensione dell’attività lavorativa previsto per la corresponsione dell’indennità, prevedendo che l’indennità medesima sia svincolata dall’effettiva astensione dall’attività.
G/1428-B/44/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B)
premesso che:
all’articolo 1 del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni volte a garantire adeguato sostegno alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conci1ìazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
considerato che:
l’articolo 2109 del codice civile prevede disposizioni in materia di ferie e il decreto legislativo n. 66 del 2003 disposizioni in materia di orario di lavoro;
il lavoro e in particolare l’organizzazione del lavoro è fortemente cambiata per effetto delle nuove tecnologie: per molti lavoratori non sarebbe più necessario recarsi direttamente sul posto di lavoro per «timbrare il cartellino» ma l’avvento delle nuove tecnologie consente al dipendente di poter svolgere la medesima prestazione lavorativa anche fuori dai locali dell’azienda e in orari «non convenzionali» purché il lavoratore porti a termine l’obiettivo stabilito alle scadenze previste;
in tali casi si parla di smart working che consente una nuova modalità di esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali dell’azienda ma anche con una flessibilità in particolare dell’orario di lavoro scelto liberamente e determinato dai prestatori di lavoro anche mettendo a disposizione tra di loro un monte ore;
tale nuova modalità di organizzazione dell’orario di lavoro consentirebbe anche una migliore armonizzazione tra tempi di vita e di lavoro;
è dunque necessario un intervento che rafforzi non solo la possibilità e le modalità di esecuzione della prestazione al di fuori dei locali dell’azienda ma anche la possibilità di organizzazione della prestazione lavorativa in termini di flessibilità dell’orario di lavoro prevedendo la possibilità di introdurre una (banca ore» che permetta all’impresa, ferma restando la retribuzione mensile, di utilizzare il lavoratore in modo variabile (a seconda delle esigenze produttive) nell’ambito di archi temporali predefiniti, e al lavoratore di godere di periodi di non lavoro da utilizzare per esigenze personali,
impegna il Governo:
al fine di migliorare la qualità della vita del lavoratore e di conciliare il rapporto tra tempi di vita e di lavoro, ad adottare interventi normativi volti a introdurre la possibilità in capo al lavoratore di mettere a disposizione del datore di lavoro un monte ore per svolgere l’attività lavorativa da utilizzare in modo variabile a seconda delle esigenze produttive nell’ambito di archi temporali predefiniti, ferma restando la retribuzione del lavoratore anche per i periodi di non lavoro da utilizzare per esigenze personali.
G/1428-B/45/11
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Il Senato,
in sede d’esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro» (AS 1428-B),
premesso che:
all’articolo 1 del disegno di legge in esame, i commi 8 e 9 recano disposizioni volte a garantire adeguato sostegno alle cure parentali attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;
considerato che:
appare necessario migliorare la conciliazione dei tempi di lavoro e vita privata del lavoratore per quanto concerne la determinazione del periodo di riposo previsto dall’articolo 2109 del codice civile;
in particolare, la legge riconosce all’imprenditore la determinazione delle ferie da comunicarsi al prestatore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dello stesso;
pertanto, vi è la necessità, anche mediante lo strumento del telelavoro e la riduzione dell’orario di lavoro, di permettere una maggiore conciliazione tra vita e lavoro modificando l’istituto della determinazione delle ferie,
impegna il Governo:
al fine di migliorare la qualità e la quantità del lavoro, prevedere una legislazione volta ad invertire il principio espresso dall’articolo 2109 del codice civile, riconoscendo al prestatore di lavoro il diritto di determinare il proprio periodo di riposo, senza pregiudizio per l’azienda e di concerto con gli altri dipendenti.
G/1428-B/46/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»,
premesso che:
il comma 9 del provvedimento, nel testo licenziato dalla Camera, contiene i criteri di delega al Governo a rivedere le misure volte alla tutela della maternità delle lavoratrici e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire un adeguato sostegno alla genitorialità;
tra i criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega è stato inserito, per volontà della Lega Nord e Autonomie, l’eventuale riconoscimento delle cosiddette «ferie solidali», vale a dire la possibilità di donare i giorni di riposo in più al collega di lavoro genitore di minore malato grave;
tale misura tuttavia, pur ribadendo che non deve costituire una forma di deresponsabilizzazione dello Stato nel garantire un sistema integrato di welfare ai propri cittadini malati gravi, suona come una beffa nei confronti dei tanti lavoratori e lavoratrici malati oncologici, i quali spesso si trovano ad affrontare il problema dell’insufficienza e quindi del superamento dei giorni di aspettativa con conservazione del posto di lavoro rispetto ai periodi di terapia;
l’ultimo caso emblematico denunciato a mezzo stampa il 21 novembre scorso riguarda quello di una donna di 52 anni, P.T., da 25 anni al servizio della Basell Poliolefine Italia, azienda americana con stabilimenti a Temi, Sesto San Giovanni e Ferrara ed operante anche all’interno del polo petrolchimico di Brindisi, rientrata al lavoro dopo aver lottato per tre anni contro un cancro al senso; solo per lei il 17 novembre scorso è arrivata la lettera di licenziamento senza preavviso. L’azienda ha precisato che si tratta di «un semplice processo di riorganizzazione», ma la motivazione suscita perplessità trattandosi dell’unico esubero su circa 130 unità,
impegna il Governo:
a costruire un modello di welfare che preveda misure di sostegno e di tutela dei lavoratore/lavoratrice malati oncologici che, costretti a lunghi periodi di terapia, rischiano di perdere il posto di lavoro.
G/1428-B/47/11
MUNERATO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI,STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Il Senato,
esaminato il disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro, dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»,
valutati nel dettaglio i criteri di delega cui il Governo deve attenersi per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
preso atto che la lettera c) del comma 9 del provvedimento all’esame recita: «introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico»;
nel timore che l’espressione «armonizzazione» sia un eufemismo per celare la volontà di procedere all’abrogazione della detrazione per coniuge a carico, come peraltro era esplicitato in una primissima bozza del disegno di legge delega;
ricordato che l’abolizione della detrazione significa un taglio dello stipendio o della pensione di circa mille euro annui per chi ha un reddito compreso tra gli 8 e i 20 mila euro annui e di circa 700 euro per chi ha un reddito da 21 a 25 mila euro annui, il che significherebbe una batosta per tutte le famiglie di lavoratori e pensionati monoreddito;
rammentato che secondo le stime dell’Agenzia dell’Entrate sono circa 5 milioni i contribuenti italiani ai quali viene riconosciuto in media un bonus di 65 euro al mese;
constato che persino “l’Avvenire” ha definito la paventata abrogazione come «il contrario delle pari opportunità e come l’ennesimo passo indietro nella tutela della famiglia»,
impegna il Governo:
a far salvo, nelle more di attuazione del provvedimento con l’emanazione dei decreti delegati, il vigente regime delle detrazioni per il coniuge a carico.
1.1
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Sopprimere l’articolo.
1.2
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Sopprimere l’articolo.
1.3
SERAFINI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, PICCINELLI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 2, lettera a), numero 1), sopprimere la parola: «definitiva».
1.4
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera a), numero 1), sopprimere la parola: «definitiva».
1.5
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera a), numero 2), dopo le parole: «a livello nazionale» inserire le seguenti: «e di anticipazione».
1.6
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera a), numero 2), dopo le parole: «dei trattamenti» inserire le seguenti: «anche in deroga».
1.7
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera a), numero 7), dopo le parole: «meccanismi standardizzati» inserire le seguenti: «e di anticipazione».
1.8
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 2, lettera b), numero 3), sostituire le parole: «fino al suo superamento,» con le seguenti: «e che hanno in essere rapporti di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle caratteristiche e dalla durata, nonché contratti di collaborazione di natura occasionale».
1.9
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera b), numero 3), dopo le parole: «fino al suo» inserire la seguente: «progressivo».
1.10
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera b), numero 3), dopo la parola: «superamento» inserire le seguenti: «con relativa conversione dei rapporti in essere in contratti a tutele crescenti».
1.11
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera c), sostituire la parola: «attivazione» con la seguente: «coinvolgimento».
1.12
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 2, sopprimere la lettera d).
1.13
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 2, lettera d), dopo le parole: «nello svolgimento», inserire le seguenti: «, per un numero di ore settimanali non superiore ad otto,».
1.14
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «ovvero a disposizione della Protezione civile in caso di eventi calamitosi nel territorio di residenza».
1.15
CERONI
Al comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e previsione che l’ente locale possa istituire un elenco del personale delle Forze armate e di polizia, e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, in quiescenza e residente nel territorio comunale, per un loro utilizzo, previo il loro consenso, in attività di pubblica utilità afferenti la sicurezza di strutture pubbliche, e previsione che l’ente locale, con risorse proprie, possa stabilire compensi per un importo non superiore ad un quarto del loro trattamento pensionistico mensile;».
1.16
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 4, lettera b), dopo le parole: «dell’acquisizione», inserire le seguenti: «, con la garanzia di benefici fiscali e contributivi,».
1.17
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 4, lettera g), sostituire le parole da: «avendo cura» fino alla fine della lettera con le seguenti: «avendo cura di valorizzare le competenze delle persone favorendo l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro attraverso il collegamento delle banche dati relative al collocamento obbligatorio;».
1.18
PAGLINI, CATALFO, PUGLIA
Al comma 4, lettera g), dopo le parole: «le competenze» inserire le seguenti: «e le peculiarità».
1.19
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 4, lettera g), dopo la parola: «competenze» inserire le seguenti parole: «e le professionalità».
1.20
BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, SERAFINI, PICCINELLI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 4, lettera g), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e mettendo a disposizione idonei strumenti di lavoro;».
1.21
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 4, lettera n), dopo le parole: «inoccupati o disoccupati» inserire le seguenti: «assicurando la confluenza di tutti dati ai servizi pubblici;».
1.22
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 4, lettera n), dopo le parole: «inoccupati o disoccupati» inserire le seguenti: «secondo quanto stabilito dalla lettera bb) e per l’implementazione del fascicolo elettronico unico di cui alla lettera z) nonché del libretto formativo del cittadino;».
1.23
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 4, lettera r), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «procedendo altresì al riordino e razionalizzazione dei Centri dell’impiego, con la soppressione di quelli che nell’arco solare non abbiano collocato ovvero ricollocato una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell’1 per cento, con relativo accorpamento di strutture e di personale a quello territorialmente più vicino».
1.24
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 4, lettera r), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «procedendo, altresì, alla revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per le agenzie per il lavoro di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che nell’arco solare di un anno non abbiano collocato ovvero ricollocato una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell’1 per cento».
1.25
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 4, lettera v), sostituire le parole: «e lavoro,» con le seguenti: «, orientamento al lavoro e inserimento lavorativo,».
1.26
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 4, lettera v), sostituire le parole: «e lavoro,» con le seguenti: «e orientamento al lavoro,».
1.27
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 4, lettera z), sostituire le parole da: «, assicurando» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «, assicurando il coordinamento con quanto previsto dal comma 6, lettera i) e dalla lettera bb) del presente comma;».
1.28
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 6, lettera b), sostituire la parola: «abrogazione» con la seguente: «soppressione».
1.29
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 6, lettera i), sostituire le parole da: «, anche con riferimento», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente prevedendo, in accordo con le Regioni, l’istituzione del registro nazionale delle qualifiche al fine di garantire il riconoscimento delle competenze a livello nazionale;».
1.30
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 6, lettera i), sostituire le parole da: «, anche con riferimento», fino alla fine della lettera, con le seguenti: «, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente fermo restando che ogni modifica deve essere volta alla semplificazione degli adempimenti;».
1.31
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera b), sostituire la parola: «comune», con la seguente: «unica».
1.32
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sopprimere le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera.
1.33
GALIMBERTI
Al comma 7 lettera c) sopprimere le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera.
1.34
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS, GALIMBERTI
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «escludendo» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «che includa una disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca l’incertezza e la discrezionalità di un procedimento giudiziario con la chiarezza di un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità, abolendo la possibilità del reintegro. Il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli di natura disciplinare, di cui sia provata la manifesta insussistenza del fatto contestato nella misura in cui esso prefiguri una lesione della dignità e della figura morale e professionale del lavoratore. In tale ultimo caso, resta ferma l’opzione per il datore soccombente di optare per l’erogazione di una indennità risarcitoria, stabilita dal giudice, entro il limite massimo di 36 mesi».
1.35
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS, GALIMBERTI
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «escludendo» fino alla fine della lettera, con le seguenti: «che includa una disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca l’incertezza e la discrezionalità di un procedimento giudiziario con la chiarezza di un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità, abolendo la possibilità del reintegro. Il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli di natura disciplinare, di cui sia provata la manifesta insussistenza del fatto contestato nella misura in cui esso prefiguri una lesione della dignità e della figura morale e professionale del lavoratore. In tale ultimo caso, resta ferma l’opzione per il datore soccombente di optare per l’erogazione di una indennità risarcitoria, in misura di 1,5 mensilità per ogni anno di anzianità, entro il limite massimo di 36 mesi».
1.36
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, attribuendo alle parti sociali e alla contrattazione collettiva il compito di defInire i criteri per la progressione delle tutele, i tempi e i contenuti della scala crescente di acquisizione dei diritti, mantenendo in ogni caso la tutela reale in caso di licenziamento per motivi discriminatori, per cause vietate dalla legge o irrogato in forma orale e introducendola nelle ipotesi di licenziamento privo dei requisiti della giusta causa, del giustificato motivo soggettivo e oggettivo per i lavoratori delle aziende con almeno quindici dipendenti».
1.37
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, mantenendo in ogni caso la tutela reale in caso di licenziamento per motivi discriminatori, per cause vietate dalla legge o irrogato in forma orale e introducendola nelle ipotesi di licenziamento privo dei requisiti della giusta causa, del giustificato motivo soggettivo e oggettivo per i lavoratori delle aziende con almeno quindici dipendenti».
1.38
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, prevedendo che l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori si applichi integralmente trascorso un anno dalla data dell’assunzione».
1.39
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, fatta comunque salva la reintegrazione nel posto di lavoro a seguito di licenziamento ingiustificato, quando risulti necessaria al fine dell’adempimento dei doveri di cui all’articolo 30 della Costituzione».
1.40
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, prevedendo la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro per tutte le ipotesi di licenziamento di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300;».
1.41
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «escludendo per i licenziamenti economici» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, prevedendo che a partire al massimo dal diciottesimo mese dall’assunzione si applichino le tutele e le garanzie di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, che sono estese alle imprese di qualunque dimensione e settore produttivo».
1.42
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, che consenta alle parti la possibilità di prolungare il periodo di prova fino a dodici mesi, escludendo in ogni caso la possibilità del licenziamento senza motivazione o senza giusta causa e prevedendo la trasformazione del contratto in contratto subordinato a tempo indeterminato con tutte le tutele, nel caso in cui il licenziamento sia riconosciuto illegittimo».
1.43
BAROZZINO, DE PETRIS, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO, URAS
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «, che preveda la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro nei casi in cui il licenziamento sia riconosciuto nullo perché discriminatorio o sia annullato quello economico perché nasconde altre motivazioni e prevedendo che al lavoratore sia riconosciuta la possibilità di rinunciare alla reintegrazione optando per la liquidazione di una indennità stabilita dal giudice tra un minimo non inferiore a dodici mensilità di retribuzione e un massimo di trenta mensilità».
1.44
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «escludendo tale disciplina ai casi che abbiano già avuto corso tra le medesime parti, applicando sempre il diritto alla reintegrazione del lavoratore a licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento».
1.45
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), sostituire le parole da: «, escludendo» fino alla fine della lettera con le seguenti: «escludendo tale disciplina ai casi che abbiano già avuto corso tra le medesime parti».
1.46
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), apportare le seguenti modificazioni:
a) sostituire la parola: «, escludendo» con le seguenti: «escludendo tale disciplina ai casi in cui tra le medesime parti ci sia già stato un rapporto di lavoro ed escludendo»;
b) dopo le parole: «certo e crescente con l’anzianità di servizio» aggiungere le seguenti: «sommando in essa i periodi di lavoro precedentemente intercorsi tra le medesime parti».
1.47
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), sostituire la parola; «, escludendo» con le seguenti; «sommando in essa i periodi di lavoro precedentemente intercorsi tra le medesime parti nonché in aziende di società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, escludendo».
1.48
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), apportare le seguenti modificazioni:
a) sostituire le parole: «posto di lavoro», con le seguenti: «luogo di lavoro»;
b) dopo la parola: «prevedendo» inserire la seguente «anche»;
c) sostituire la parola: «limitando», con le seguenti: «applicando sempre».
1.49
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), dopo le parole: «certo e crescente con l’anzianità di servizio» inserire le seguenti: «, raddoppiandolo ai soggetti economicamente svantaggiati e ai soggetti appartenenti a famiglie economicamente disagiate ai sensi dell’articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266,».
1.50
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), dopo le parole: «nulli e discriminatori, » inserire le seguenti; «, ai licenziamenti economici nel riguardi di un lavoratore con valore ISEE inferiore a 15.000,00 euro, calcolato come valore medio dei cinque anni precedenti».
1.51
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera c), dopo le parole: «nulli e discriminatori,» inserire le seguenti: «, ai licenziamenti economici nel riguardi di un soggetto economicamente svantaggiato o soggetto appartenente a famiglia economicamente disagiata ai sensi dell’articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266,».
1.52
PICCINELLI, BERTACCO, SERAFINI, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS, GALIMBERTI
Al comma 7, lettera c), sopprimere le seguenti parole: «e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato».
1.53
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 7, sostituire la lettera d), con la seguente:
«d) rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro assicurando, fermo restando le competenze delle Regioni e della province autonome e tenuto conto della vigente normativa in materia, la possibilità per le scuole di ogni ordine e grado di diventare sedi formative per l’apprendistato di cui agli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 14 settembre 2011 n. 167, tenendo anche conto delle buone pratiche realizzate a livello regionale;».
1.54
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, sostituire la lettera d), con la seguente:
«d) rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro la quale deve assicurare un credito formativo per il rilascio del diploma tecnico-professionale o della qualifica professionale;».
1.55
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, sostituire la lettera d), con la seguente:
«d) rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro con particolare riguardo all’apprendistato;».
1.56
GALIMBERTI
Al comma 7 lettera f), sopprimere le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro».
1.57
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «esclusivamente sugli impianti e comunque escludendo coloro che hanno un grado di disabilità,».
1.58
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «esclusivamente sugli impianti e non sugli strumenti di lavoro digitali,».
1.59
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «esclusivamente sugli impianti limitatamente per finalità di protezione degli impianti stessi e del lavoratore,».
1.60
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «esclusivamente sugli impianti e non sugli strumenti di lavoro,».
1.61
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole; «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti; «esclusivamente sugli impianti».
1.62
CATALFO, PAGLINI, PUGLIA
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «esclusivamente sugli impianti e sugli strumenti di lavoro».
1.63
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro escludendo ogni clausola contrattuale che acconsenta di cedere parte della propria riservatezza,».
1.64
PAGLINI, PUGLIA, CATALFO
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro escludendo qualsiasi forma di registrazione che leda la riservatezza pur se preventivamente acconsentita dal lavoratore,».
1.65
PAGLINI
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro utilizzati durante l’orario di servizio».
1.66
PAGLINI, CATALFO, PUGLIA
Al comma 7, lettera f), sostituire le parole: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro», con le seguenti: «sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, esclusi i computer e gli apparecchi telefonici che utilizzano dati personali e di sicurezza del lavoratore,».
1.67
PAGLINI, CATALFO, PUGLIA
Al comma 8, sostituire le parole: «alle cure parentali», con le seguenti: «alla genitorialità».
1.68
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 9, lettera f), alle parole: «in coordinamento» premettere le seguenti: «attraverso specifici meccanismi di incentivazione».
1.69
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 9, lettera f), sostituire le parole: «in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative» con le seguenti:«attraverso specifici meccanismi di incentivazione in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative».
1.70
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI, ENDRIZZI
Al comma 9, sostituire la lettera h), con la seguente:
«h) introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza nonché per tutti i lavoratori che seguono trattamenti terapeutici e riabilitativi rispetto a patologie di dipendenza, compreso il gioco d’azzardo patologico, debitamente certificati dai competenti servizi per le dipendenze patologiche delle ASL;».
1.71
PUGLIA, CATALFO, PAGLINI
Al comma 9, sostituire la lettera h), con la seguente:
«h) introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza nonché per i soggetti affetti da patologie legate al gioco d’azzardo debitamente certificate dai competenti servizi per le dipendenze patologiche delle ASL;».
1.72
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 9, lettera h), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «garantendo la destinazione vincolata dei contributi per i congedi confluiti nella apposita gestione INPS esclusivamente alle prestazioni in materia, senza distrazioni verso altre gestioni in caso di avanzo».
1.73
MUNERATO, CENTINAIO, ARRIGONI, BELLOT, BISINELLA, CANDIANI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI,TOSATO, VOLPI
Al comma 9, lettera h), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «ed istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un apposito Fondo per il sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici, dipendenti e autonomi, affetti da malattie oncologiche ovvero genitori di minori affetti da malattie oncologiche».
1.74
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 9, lettera l), dopo la parola: «organismi» inserire le seguenti: «al fine di eliminare la duplicazione di funzioni e mansioni».
1.75
SERAFINI, PICCINELLI, BERTACCO, PICCOLI, MARIN, AMIDEI, MARIAROSARIA ROSSI, AURICCHIO, FLORIS
Al comma 9, lettera l), dopo la parola: «organismi» inserire le seguenti: «prevedendo la completa gratuità dei componenti esterni».
118ª Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
SACCONI
indi della Vice Presidente
SPILABOTTE
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.
La seduta inizia alle ore 14,45.
IN SEDE REFERENTE
(1428-B) Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Seguito dell’esame e rinvio)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta antimeridiana di oggi.
Il senatore LEPRI (PD) esprime un giudizio fortemente positivo sulle modifiche apportate dalla Camera dei deputati al testo del disegno di legge già approvato dal Senato, auspicando una celere conclusione del provvedimento.
La senatrice CATALFO (M5S) manifesta contrarietà sui contenuti del disegno di legge, sottolineando che il sostegno all’inserimento occupazionale dei lavoratori richiede un miglioramento del sistema di accesso al lavoro e provvedimenti di sostegno del reddito supportati da adeguate risorse finanziarie. Occorre pertanto investire nelle politiche attive del lavoro e nel sostegno al reddito senza incidere sulla flessibilità in entrata o in uscita dal lavoro, conformemente agli orientamenti dell’Unione europea.
Il senatore PUGLIA (M5S) evidenzia talune difficoltà interpretative relative alla individuazione degli ambiti di tutela, legali o contrattuali, che la delega legislativa lascia insolute. Paventa inoltre il rischio di pericolose incursioni nella vita privata dei lavoratori mediante i controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, poiché sono possibili forme di abuso a danno dei lavoratori, anche mediante l’estorsione di un consenso ad effettuare tali verifiche.
Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII) ritiene opportuno procedere ad un confronto più ampio con le parti sindacali nel merito dei contenuti del disegno di legge, anche in considerazione dello sciopero generale già programmato per il prossimo 12 dicembre.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) ritiene che la mancata previsione del reintegro in caso di licenziamento determini lo svilimento della dignità dei lavoratori e costituisca un grave pregiudizio della difesa dello stato sociale. Richiama i contenuti del recente discorso del Papa al Parlamento europeo, nel quale il Pontefice ha sottolineato i diritti della persona e la loro connessione allo svolgimento di una dignitosa attività lavorativa. Demansionamento e controllo a distanza rappresentano invece una pericolosa deriva da contrastare con una azione politica e sindacale nelle piazze. Non è possibile che la concorrenza tra le imprese si sostanzi in una corsa al ribasso della dignità dei lavoratori. Conclude ricordando le parole del presidente Pertini secondo cui quando un Governo non fa ciò che vuole il popolo va cacciato anche con mazze e pietre.
Il sottosegretario BELLANOVA interviene per stigmatizzare l’uso di un linguaggio violento nell’ambito della discussione parlamentare, anche in considerazione delle conseguenze che tale atteggiamento può ingenerare in persone che vivono una situazione di estremo disagio.
Il presidente SACCONI si associa alle considerazioni del sottosegretario Bellanova, giudicando impropria l’estrapolazione di una frase da un discorso del presidente Pertini contro il fascismo e i totalitarismi.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) ribadisce che le sue parole non miravano a nessuna forma di istigazione alla violenza.
La senatrice PAGLINI (M5S) giudica il disegno di legge contrario ai diritti fondamentali enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. La cultura politica di cui è espressione considera evidentemente i lavoratori un mero intralcio da cui liberarsi mediante il pagamento di un indennizzo. Inquietante è la previsione di controlli sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, poiché concreto diviene il rischio di intrusioni nella vita personale del lavoratore. Parimenti rischioso sarebbe tale controllo, se finalizzato a verificare la produttività degli stessi lavoratori. Il lavoro è un diritto costituzionalmente sancito da assicurare a tutti indipendentemente dalla condizione sociale.
La senatrice PARENTE (PD) ritiene che il dibattito debba condurre a soluzioni comuni scevre da pregiudizi ideologici. Il disegno di legge punta su politiche sul lavoro attive senza modificare il modello del contratto a tempo indeterminato e trova supporto nel disegno di legge di stabilità, che prevede sgravi contributivi per i contratti a tempo indeterminato. Un altro aspetto rilevante è costituito dagli strumenti di sostegno al reddito nei periodi di disoccupazione e dall’Agenzia nazionale per il lavoro, che costituisce il luogo di incontro tra domanda e offerta del lavoro. Il testo oggi all’esame della Commissione è notevolmente migliorato rispetto a quello originario, anche in considerazione delle risorse finanziarie che il Governo ha previsto a seguito della sollecitazione parlamentare. Confida in una celere emanazione dei decreti attuativi, che sono lo strumento operativo attraverso il quale sarà possibile rendere concrete le scelte politiche adottate.
La senatrice BENCINI (Misto) ritiene che i 2 miliardi di euro a sostegno del reddito previsti dal disegno di legge debbano essere incrementati per ottenere risultati tangibili. La premialità degli sgravi contributivi andrebbe riferita all’incremento netto del numero dei lavoratori per impresa, piuttosto che alle nuove assunzioni ed andrebbero previsti incentivi fiscali per il reimpiego delle risorse liberate dall’agevolazione contributiva.
La senatrice CATALFO (M5S) interviene incidentalmente facendo presente che sarebbero necessari almeno 20 miliardi di euro e sgravi contributivi per la disoccupazione strutturale di lungo termine per riuscire a sortire un primo effetto di rilancio del mercato del lavoro.
Poiché non vi sono altri interventi, la presidente SPILABOTTE dichiara conclusa la discussione generale.
In sede di replica, il relatore ICHINO (SCpI) osserva preliminarmente che taluni diritti fondamentali dei lavoratori italiani sono spesso pregiudicati dalla impossibilità di beneficiare di reti professionali e amicali ad essi precluse. Svolge quindi considerazioni puntuali sulle statistiche relative ai contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati in Italia nel corso del 2013, evidenziando che spesso a tale tipologia contrattuale i giovani lavoratori non possono accedere. Auspica pertanto che la riorganizzazione dei servizi per l’impiego possa facilitare ad essi tale accesso, svolgendo un servizio pubblico necessario per la fruizione di diritti fondamentali. In tale contesto, il disegno di legge consentirebbe una riqualificazione della spesa per il sostegno del lavoro puntando maggiormente su politiche attive. Fa inoltre presente che il sistema italiano di servizi per l’impiego è differente da quello tedesco, anche perché punta sulla valorizzazione delle agenzie private di collocamento. Ricorda poi che la Corte costituzionale ha sancito – con la sentenza n. 36 del 2000 – che rientra nella competenza legislativa ordinaria la scelta tra reintegro e indennizzo in caso di licenziamento illegittimo e che, nell’Occidente industrializzato, la sanzione indennitaria è preferita a quella reintegratoria. Il sistema di protezione dei lavoratori cresce e si stabilizza in funzione dell’ampliamento della platea dei giovani lavoratori interessati ed è pertanto improprio discutere di sperequazioni nella tutela tra lavoratori giovani e anziani, poiché non si può imporre un contratto unico, ma si può adottare un unico sistema di protezione.
Per quanto riguarda le modalità mediante le quali erogare gli sgravi contributivi, la formula prescelta punta ad ampliare il numero dei dipendenti a tempo indeterminato anche attraverso l’incremento della loro produttività e del relativo sistema di sicurezza.
Il sottosegretario BELLANOVA fa presente che l’atteggiamento del Governo è sempre stato costruttivo ed aperto ai suggerimenti finalizzati a migliorare l’impianto del disegno di legge e comunque con esso compatibili. E’ peraltro del tutto naturale che il Governo chieda la delega al Parlamento e che il Parlamento valuti se se accoglierla o meno. Per quanto riguarda le polemiche pretestuose sul demansionamento, invita ad un uso accorto del linguaggio, anche nell’ambito della dialettica politica, sottolineando che le modalità con cui è previsto il demansionamento nell’ambito del disegno di legge sono migliori di quelle già disciplinate dalla legge n. 293 del 1991. Strumentali sono altresì le critiche ai controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro. Per quanto riguarda l’articolo 18, premesso che nel corso dell’esame alla Camera il Governo e la sua maggioranza hanno dimostrato capacità di tenuta, osserva che occorre distinguere tra tutele, che sono differenziate, e diritti, che sono universali. Fa infine presente che, pur nella diversità delle visioni e nelle asperità della polemica politica, è irresponsabile rivolgere messaggi devastanti ad un Paese già lacerato dalla crisi occupazionale, poiché gravi rischierebbero di essere le conseguenze in termini di coesione sociale e di democraticità del sistema.
La presidente SPILABOTTE si associa alle ultime considerazioni del sottosegretario Bellanova e, in considerazione dell’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato
La seduta termina alle ore 16,30.
117ª Seduta (antimeridiana)
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.
La seduta inizia alle ore 8,30.
SULLA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI porge un cordiale benvenuto al senatore Di Biagio, entrato a far parte della Commissione in sostituzione del senatore Mario Mauro, che ringrazia per il prezioso contributo fornito alla Commissione durante il periodo in cui ne è stato componente.
IN SEDE REFERENTE
(1428-B) Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Esame e rinvio)
Il relatore ICHINO (SCpI) premesso che il disegno di legge è qualificato come collegato alla legge di stabilità, illustra le modifiche apportate al testo dall’altro ramo del Parlamento, che a suo avviso, lungi dal mutare l’impianto del provvedimento, lo hanno al contrario confermato, apportandovi unicamente precisazioni riguardanti il contenuto della delega e alcuni perfezionamenti formali.
Dopo aver ricordato gli obiettivi e i pilastri della riforma, e in particolare il rilievo della disciplina dei contratti di lavoro e del loro scioglimento, con specifico riferimento al punto più controverso, concernente il licenziamento, passa all’esposizione del contenuto delle modifiche introdotte. La prima consiste nell’aggiunta, al comma 2, lettera a), n. 1, dell’aggettivo “definitiva” all’espressione “cessazione di attività aziendale” e conferma, dunque, la limitazione dell’intervento della Cassa integrazione guadagni ai soli casi di cessazione temporanea, entro il termine di durata dell’intervento. Si sofferma quindi sulla modifica della lettera b) del comma 2 (sostanzialmente identica a quella relativa alla lettera g) del comma 7), in materia di applicazione dell’assicurazione contro la disoccupazione per chi è stato titolare di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
La modifica alla lettera c) conferma l’obbligo di attivarsi da parte del beneficiario di un trattamento di sostegno del reddito, spostando il riferimento alle attività socialmente utili per le comunità locali in una nuova lettera d) e raccordando invece la disposizione con quanto disposto a questo proposito nel comma 4, lettera v).
Dopo aver illustrato le modifiche riguardanti la semplificazione burocratica, passa alla disciplina dei contratti di lavoro, soffermandosi sul significato della modifica della lettera b) del comma 7, in virtù della quale il contratto a tempo indeterminato deve essere promosso come forma “comune” (invece che “privilegiata”) di contratto di lavoro. Dà quindi conto della modifica più rilevante, avente ad oggetto la lettera c) del comma 7, e volta a precisare il contenuto del nuovo “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti”, che il legislatore delegato dovrà regolare limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. A suo avviso in tal modo si conferma in modo inequivocabile l’intendimento di superare la peculiarità dell’ordinamento italiano nel panorama delle democrazie occidentali, consistente in una ampia applicazione in questa materia della sanzione della reintegrazione, che dovrà ora essere esclusa per tutti i licenziamenti non sorretti da contestazione disciplinare e per la generalità dei licenziamenti disciplinari. La modifica successiva innesta opportunamente nel comma 7 una nuova lettera d), mirata a rafforzare le iniziative per l’alternanza scuola-lavoro, mentre la lettera f) si riferisce alla nuova disciplina degli strumenti di controllo a distanza e la modifica alla lettera h) dello stesso comma 7 mira al coordinamento della disposizione ivi contenuta con quella contenuta nella lettera a).
Illustra infine ulteriori modifiche, rispettivamente al comma 8 e alla lettera f) del comma 9, l’aggiunta delle lettere h) ed l) al comma 9, la modifica al comma 13, nonché l’ultima modifica, mirata a ridurre a un solo giorno il periodo divacatio legis, in funzione della necessità di una immediata entrata in vigore del provvedimento.
Il presidente SACCONI ringrazia il relatore per l’ampia ed accurata disamina delle modifiche apportate dal provvedimento dalla Camera dei deputati. Come già anticipato nella seduta di ieri, premesso che l’esame è limitato alle sole modifiche apportate al testo dalla Camera e che il disegno di legge è collegato alla manovra economico-finanziaria, con le relative conseguenze procedurali, previste dall’articolo 126-bis del Regolamento, propone che l’esame prosegua oggi alle ore 14,45 e, ove necessario, alle ore 20, allo scopo di esaurire nella giornata odierna la discussione generale. Propone altresì che l’esame si svolga nella giornata di giovedì in due sedute, l’una alle ore 8,30 e l’altra al termine della seduta antimeridiana dell’Assemblea, al fine di concludere l’esame della Commissione. Propone infine di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di oggi, ricordando che, ai sensi dell’articolo 104 del Regolamento, saranno ammissibili solo quelli in diretta correlazione con le modifiche apportate dalla Camera.
Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII), premesso che stasera alle 20 è prevista una riunione del suo Gruppo, dichiara di non comprendere i motivi della fretta con la quale si intende esaminare un provvedimento tanto delicato e preannuncia la propria contrarietà al calendario proposto.
Si unisce a tale dissenso il senatore BAROZZINO (Misto-SEL), a cui giudizio una tempistica così stringente rischia di marginalizzare il ruolo della Commissione e del Parlamento. Chiede pertanto tempi più ampi a disposizione del dibattito e per la presentazione degli emendamenti, precisando che il suo Gruppo intende dare un autentico contributo all’iter parlamentare.
Concorda con tale posizione la senatrice CATALFO (M5S).
Favorevoli alla proposta di calendario si dichiarano invece la senatrice SPILABOTTE (PD), che sottolinea la centralità del lavoro nell’agenda del Governo, e i senatori DI BIAGIO (PI) e BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE), i quali notano che il provvedimento è molto atteso e che il testo è nella sostanza già conosciuto da ieri da parte dei parlamentari.
La senatrice BENCINI (Misto) insiste sull’opportunità di disporre di un tempo maggiore, che consenta un’accurata disamina del testo.
Concorda la senatrice PAGLINI (M5S), sottolineando che i parlamentari del suo Gruppo operano in costante raccordo con le istanze del territorio che rappresentano e che, sulla base del calendario proposto, tale raccordo risulterebbe fisicamente impossibile. Lamenta inoltre che la struttura del provvedimento e tempi così compressi di esame finiscano con l’ingenerare una confusione dei ruoli istituzionalmente spettanti a Parlamento e Governo.
Il senatore PAGANO (NCD) sottolinea invece l’opportunità che l’esame del disegno di legge si svolga in tempi rapidi, al fine di pervenire quanto prima alla definitiva approvazione, e annuncia il voto favorevole del suo Gruppo alla proposta di calendario del Presidente.
Conclusivamente, il presidente SACCONI, nel ribadire che i margini della facoltà emendativa sono in questa sede delimitati dall’articolo 104 del Regolamento, sottolinea che il provvedimento contiene principi e criteri di delega e non è immediatamente prescrittivo. Ricorda inoltre che già in prima lettura la Commissione prima e l’Assemblea successivamente hanno visto una discussione assai concreta e un vero e proprio lavoro comune, che ha consentito anche l’accoglimento di alcuni emendamenti proposti dall’opposizione, riguardanti aspetti non secondari del testo; e ciò indipendentemente dalla diversità di opinioni e di posizioni riguardanti le materie oggetto degli articoli 4, 12 e 18 dello Statuto dei lavoratori. Ferme restando queste considerazioni, tenuto conto della segnalazione del senatore Serafini, modifica la sua precedente proposta, prevedendo, in aggiunta alla seduta antimeridiana di oggi, unicamente una seduta pomeridiana, a partire dalle ore 14,45, ed insiste per l’approvazione di tale calendario.
Messa ai voti, la proposta di calendario del Presidente, come testé modificata, risulta approvata a maggioranza.
Il presidente SACCONI dichiara quindi aperta la discussione generale.
Interviene per prima la senatrice D’ADDA (PD), la quale sottolinea che le modifiche inserite alla Camera sono tutt’altro che minori o inessenziali: alcune di esse sono, al contrario, particolarmente apprezzabili e, in qualche caso, riproducono proposte che in realtà erano già state presentate al Senato, come quella relativa ai controlli a distanza, e che quindi avrebbero ben potuto essere già inserite in questa sede. Esprime quindi un certo disagio per quanto detto dal relatore nel dar conto della modifica più rilevante inserita dalla Camera, vale a dire quella che precisa il contenuto del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. In sede di illustrazione, il relatore ha affermato che tale modifica precisa l’intendimento del legislatore di superare l’applicazione in tale materia della sanzione della reintegrazione, che rappresenterebbe a suo giudizio una peculiarità dell’ordinamento italiano rispetto alle democrazie industriali dell’Occidente. Al riguardo, ella ricorda che anche in Germania è previsto il ricorso al giudice avverso il licenziamento e sottolinea l’opportunità di trattare con adeguata delicatezza una tematica che tocca profondamente il diritto delle persone. Quanto al licenziamento discriminatorio, fa osservare che la nullità in questo caso trova diretto fondamento nella Costituzione e che il licenziamento disciplinare ingiustificato non è in alcun modo equiparabile al licenziamento discriminatorio. Chiede conclusivamente al relatore di approfondire adeguatamente questi profili.
Il presidente SACCONI coglie l’occasione per precisare che il lavoro effettuato alla Camera dei deputati rappresenta una sostanziale conferma dell’impianto del disegno di legge licenziato in prima lettura dal Senato. Le modifiche più importanti a quell’impianto sono assimilabili a due tipologie. Talune hanno irrobustito i criteri di delega riguardanti la ristrutturazione del mercato del lavoro, nell’intendimento di superare quelle difficoltà che si determinano in chi cerca lavoro a causa di una vera e propria confusione istituzionale. Tale confusione è stata peraltro confermata dalle considerazioni svolte nella seduta di ieri dal ministro Maria Carmela Lanzetta a proposito della attuazione di Youth Guarantee.
Un secondo ordine di modifiche ha invece riguardato il passaggio da un’attenzione limitata alle tipologie contrattuali – che comunque non sono certo quaranta, come argomentato da taluno – all’obiettivo di redigere un testo unico dell’insieme dei rapporti di lavoro e delle tipologie contrattuali, sostitutivo dunque delle disposizioni contenute nello Statuto dei lavoratori, eccezion fatta per la parte sindacale. In questo senso, il testo in esame, lungi dall’essere meramente compilativo, è anzi fortemente innovativo rispetto alla disciplina vigente. Quanto all’acceso dibattito che ha riguardato la tematica connessa all’articolo 18 dello Statuto, si riporta a quanto espresso nel corso di una intervista del 2002 dall’onorevole Giugni, insigne giuslavorista e padre dello Statuto. In quella sede, l’onorevole Giugni sosteneva infatti che il testo da lui originariamente proposto non conteneva il cosiddetto reintegro e che all’epoca l’obiettivo della sinistra era essenzialmente quello di proteggere i quadri sindacali. In particolare, l’onorevole Giugni sottolineava le proprie perplessità sull’introduzione della reintegrazione, effettuata nel corso del dibattito parlamentare, perplessità che si appuntavano in particolare sull’estensione di tale possibilità alle piccole aziende.
In considerazione dell’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea, il Presidente dichiara quindi chiusi i lavori e rinvia il seguito dell’esame alla successiva seduta.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
CONVOCAZIONI DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI ricorda che la Commissione tornerà a riunirsi oggi alle ore 14,45 e domani in due sedute, una alle ore 8,30 e l’altra al termine della seduta antimeridiana dell’Assemblea, per il seguito dell’esame del disegno di legge n. 1428-B.
La seduta termina alle ore 9,30.
116ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Interviene il ministro per gli affari regionali e le autonomie Maria Carmela Lanzetta.
La seduta inizia alle ore 15,30.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il presidente SACCONI comunica che, in relazione all’andamento dei lavori della Camera dei deputati, il disegno di legge delega lavoro (A.S. 1428-B), ove trasmesso e assegnato nella giornata odierna, come già preannunciato in calce alle convocazioni diramate la scorsa settimana, potrà essere incardinato dalla Commissione domani alle ore 8,30. Propone altresì che l’esame prosegua in due ulteriori sedute, pomeridiana e notturna, nella giornata di domani, e in due sedute nella giornata di giovedì. Il termine per la presentazione degli emendamenti potrebbe essere fissato alle ore 18 di domani. Conseguentemente, le audizioni e gli altri provvedimenti previsti nelle giornate di mercoledì e giovedì sono rimandati ad altra data. Ricorda infine che il disegno di legge è collegato alla manovra economico-finanziaria.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) protesta vivacemente con riferimento ad un calendario di esame così ristretto da impedire a suo giudizio la conoscenza stessa del testo e da rendere l’esame del Senato puramente rituale.
Il presidente SACCONI replica che il testo è già conosciuto dai Gruppi, al di là della trasmissione dalla Camera, non avendo l’Assemblea di quel ramo del Parlamento modificato il testo approvato dalla Commissione. Egli ha peraltro ritenuto di effettuare un doveroso preannuncio, atteso che la trasmissione dalla Camera, la sua assegnazione e l’esame in Commissione avranno effetto sulla precedente programmazione dei lavori della stessa. Ribadisce infine che domattina alle ore 8,30, subordinatamente alla suddetta assegnazione, l’esame verrà incardinato in Commissione, per proseguire nelle modalità che in quella sede verranno stabilite.
IN SEDE REFERENTE
(8) CASSON ed altri. – Norme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente dall’amianto, nonché delega al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di amianto
(631) SCILIPOTI. – Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di eliminazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, all’amianto e alle altre sostanze dannose per la salute nei luoghi di lavoro
(1268) Ivana SIMEONI ed altri. – Disposizioni per il recepimento della direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro, nonché modifica all’articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle, ai sensi dell’articolo 79, comma 1, del Regolamento
(1645) CASSON ed altri. – Misure sostanziali, processuali e previdenziali a tutela delle vittime, a qualsiasi titolo, dell’amianto
(Seguito dell’esame congiunto e rinvio. Costituzione di un comitato ristretto)
Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 19 novembre scorso.
Il presidente SACCONI, in considerazione dell’orientamento già emerso nel corso delle precedenti sedute, propone alla Commissione l’istituzione di un comitato ristretto con il compito di predisporre un testo unificato delle iniziative in esame.
La Commissione conviene.
Il presidente SACCONI invita pertanto i Gruppi parlamentari a far pervenire i nominativi dei rispettivi rappresentanti, tenuto conto che alcuni di essi si sono già attivati in tal senso. Suggerisce quindi che il comitato ristretto ascolti innanzitutto i rappresentanti dell’INAIL e del Ministero del lavoro.
La senatrice CATALFO (M5S) chiede che la programmazione delle audizioni del comitato ristretto avvenga in Ufficio di Presidenza, e comunque in tempi tali da consentire a ciascun Gruppo di avanzare le proprie proposte.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI
Il presidente SACCONI comunica che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata richiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha fatto preventivamente conoscere il proprio assenso.
Poiché non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Avverte, inoltre, che della procedura informativa sarà redatto il resoconto stenografico.
La Commissione prende atto.
PROCEDURE INFORMATIVE
Comunicazioni del Ministro per gli affari regionali e le autonomie sul programma europeo Garanzia giovani
Il presidente SACCONI introduce brevemente il tema e ringrazia il Ministro per la sua presenza.
Il ministro Maria Carmela LANZETTA, nel citare i dati della drammatica situazione venutasi a creare in conseguenza della crisi economica iniziata nel 2008, che ha visto nel 2012 la percentuale di disoccupati da almeno 12 mesi superare il 52,5 per cento, contro il 46,8 per cento del 2007, nota che i giovani sono la fascia di età maggiormente colpita dalla crisi occupazionale in atto: nel 2012 il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è stato pari al 35,3 per cento e i primi tre trimestri del 2013 hanno registrato un ulteriore rialzo. Particolarmente grave è la situazione del Mezzogiorno, in cui il tasso di disoccupazione giovanile rasenta il 47 per cento e il tasso di occupazione è bloccato al 13,2 per cento. In questo contesto, già con il decreto legge n. 185 del 2008 sono state adottate misure per collegare l’erogazione del sostegno al reddito alla fruizione da parte dei lavoratori di percorsi di politica attiva del lavoro, affidandone la programmazione e l’attuazione alle regioni.
Nel contesto di perdurante gravità della situazione di disoccupazione giovanile, l’Unione europea ha ridefinito la sua strategia con la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 che ha istituito la “Garanzia giovani”.L’Italia ha dato attuazione alla raccomandazione oltre che con il decreto legge 104 del 2013, con il decreto-legge n. 76 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 99 del 2013. Per realizzare gli obiettivi previsti dalla Garanzia, il Governo, in collaborazione con Regioni, Province ed altre istituzioni, ha predisposto il Piano nazionalee lo ha sottoposto alla Commissione europea. Dopo l’approvazione del Piano, è stato adottato il decreto direttoriale n. 404 del 4 aprile 2014, che ha ripartito le risorse tra le regioni, e sono state stipulate convenzioni tra Ministero del lavoro e singole regioni. Mentre al Ministero del lavoro è stato affidato un ruolo di coordinamento, alle regioni è stato attribuito il ruolo di organismo intermedio, venendo loro affidata la definizione del piano attuativo dei diversi interventi di politica attiva del lavoro. Alle regioni, in particolare, è delegata la definizione e la realizzazione delle misure e tra esse sono suddivise le risorse complessive; rientra poi tra le facoltà delle singole Regioni implementare i finanziamenti o affiancare al finanziamento europeo e nazionale eventuali altri stanziamenti regionali. Le Regioni, attraverso convenzioni stipulate con il ministero del Lavoro, ripartiscono, inoltre, le risorse loro assegnate tra le varie misure. I fondi complessivi a disposizione dell’Italia per realizzare la Garanzia giovani sono pari a 1 miliardo e 513 milioni di euro e la quasi totalità di tali risorse (1,4 miliardi) sarà direttamente gestita dalle Regioni, che attueranno le misure nell’ambito della cornice nazionale.
Il Ministro fornisce quindi una descrizione della situazione per singole regioni, da cui emerge come il livello di attuazione sia molto differenziato sia per le singole misure di intervento che con riferimento alle diverse realtà regionali. A ciò si aggiungono i ritardi in alcune situazioni specifiche (Calabria e Sicilia), conseguenza delle vicende istituzionali che hanno interessato tali regioni. Riafferma quindi la valenza strategica del coinvolgimento delle regioni nelle politiche attive del lavoro e la notevole potenzialità connessa al loro apporto. Le strutture statali dovranno, però, svolgere un attivo ruolo di controllo e stimolo, intervenendo prontamente per affrontare i ritardi che paradossalmente stanno interessando alcuni dei territori che maggiormente soffrono il dramma della disoccupazione giovanile.
Assicura infine il suo forte impegno istituzionale, sensibilizzando a tal fine i rappresentanti dei territori interessati ed approfondendo, assieme al ministro Poletti, i possibili ambiti di intervento sostitutivi, compatibilmente con l’attuale quadro costituzionale, ma anche favorendo forme di “assistenza tecnica” e supporto a quelle amministrazioni che più necessitano di sostegno.
Il presidente SACCONI ringrazia il Ministro per l’ampia disamina e le chiede in quale misura il Governo utilizzi la metodologia della dote allo stesso inoccupato o disoccupato, che sceglierebbe quale via praticare e a quale servizio rivolgersi, servizio che sarebbe remunerato in relazione al risultato.
La senatrice D’ADDA (PD) auspica che nel corso della prossima riunione della Conferenza Stato-Regioni si ponga attenzione ai problemi riguardanti le regioni nelle quali si sono verificate criticità dovute a problematiche istituzionali e quelle, soprattutto del Meridione, che si trovano in uno stato di sofferenza particolarmente accentuato. Ovviamente la distribuzione dei fondi del programma viene fatta in relazione alla popolazione; domanda tuttavia se il Governo non ritenga di fornire uno specifico percorso per sostenere le regioni in maggiore difficoltà di programmazione.
La senatrice CATALFO (M5S) esprime preoccupazione per la difformità con la quale il programma Youth Guarantee è attuato sul territorio nazionale, notando che le regioni meridionali sono quelle con maggiori difficoltà anche a far partire i programmi. Nota inoltre che i dati forniti dal Ministro fanno riferimento all’intero blocco di giovani compresi tra i 15 e i 24 anni e che nell’esposizione svolta alcune settimane fa dal ministro Poletti e nei dati forniti dal Ministero del lavoro ci si riferisce a giovani fino a 18 anni di età. Invita ad un accurato monitoraggio della situazione, perché in alcuni casi i giovani non sono inseriti né in percorsi di istruzione né in percorsi di formazione o apprendistato, e dunque vanno considerati tout court in dispersione scolastica. Invita conclusivamente a rafforzare i servizi pubblici per l’impiego e ribadisce che, come da lei già evidenziato in una precedente seduta della Commissione, il bando dei tirocini in Sicilia è stato revocato.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) parte dalla constatazione che nella sua regione di provenienza, la Basilicata, la disoccupazione giovanile sfiora il tasso del 50 per cento e quella generale si attesta sul 25 per cento, osservando che in molte zone i giovani non vanno più a scuola perché i genitori non possono più permetterselo. Esprime inoltre preoccupazione con riferimento ai tirocini, notando che si tratta di una formula che non solo negli anni non ha prodotto risultati positivi, ma dal cui utilizzo sovente è scaturito il licenziamento di un altro lavoratore. Ritiene pertanto che il fenomeno vada accuratamente monitorato. In un Paese civile, i giovani fino a 18 anni dovrebbero essere scolarizzati; se questo non è possibile, sarebbe necessario che lo Stato ponesse almeno le condizioni per garantire loro un futuro dignitoso.
Il senatore LEPRI (PD) ritiene che i dati forniti dal Ministro siano di particolare utilità e forniscano indicatori interessanti con riferimento alla ripartizione effettuata dalle singole regioni dei fondi ad esse assegnati. In particolare nota che tre regioni, vale a dire la Campania, la Sicilia e il Piemonte, assegnano una percentuale di gran lunga più alta delle altre a misure dedicate all’accoglienza, alla formazione e all’accompagnamento, a discapito di apprendistato, tirocini, autoimpiego, mobilità professionale, servizio civile e bonus. Pur convenendo con l’opportunità di affidare alle regioni il riparto interno dei fondi, riterrebbe necessario che il Governo garantisse l’omogeneità delle politiche pubbliche.
Il ministro Maria Carmela LANZETTA ringrazia gli intervenuti per gli interessanti quesiti rivoltile, sui quali si ripromette un approfondimento a breve ed una riflessione già a partire dalla prossima Conferenza Stato-Regioni, convocata nella giornata di domani. Si dichiara fin d’ora disponibile a tornare nuovamente in Commissione nella prima metà di dicembre per fornire ulteriori dati riguardanti il monitoraggio sollecitato da più senatori.
Il presidente SACCONI ringrazia il Ministro anche per questa ulteriore disponibilità, notando che il quadro emergente dalla sua relazione e dai dati forniti è di grande disordine e testimonia una non convergenza tra Stato e Regioni anche rispetto ad un programma che è straordinario sia con riferimento agli stanziamenti che agli obiettivi che si prefigge. Chiede pertanto che il Governo solleciti con maggiore intensità quella convergenza, a cui l’Italia è tenuta come membro dell’Unione europea. Coglie l’occasione per segnalare che anche questa situazione conferma l’opportunità di ricondurre determinate competenze dalle Regioni allo Stato, proprio al fine di garantire omogeneità d’azione sul piano nazionale.
La seduta termina alle ore 16,25.