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Il Diario del Lavoro

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

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Home - Camera - Commissione Lavoro, pubblico e privato (Dai Resoconti Sommari)

Commissione Lavoro, pubblico e privato (Dai Resoconti Sommari)

30 Luglio 2013
in Camera

SEDE REFERENTE

Giovedì 1o agosto 2013. — Presidenza del vicepresidente Walter RIZZETTO.

La seduta comincia alle 13.50.

Modifiche all’articolo 2112 del codice civile, in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.
C. 363 Madia.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l’esame del provvedimento.  

Giuseppe ZAPPULLA (PD), relatore, fa presente che la proposta di legge C. 363, d’iniziativa del deputato Madia, promuove l’adozione di alcune modifiche all’articolo 2112 del codice civile, recante disposizioni in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. In proposito, ricorda anzitutto che il trasferimento d’azienda (disciplinato dal citato articolo 2112 e da altre disposizioni dell’ordinamento, tese a recepire talune direttive comunitarie) consiste nella cessione di un’entità economica, vista come un insieme organizzato di mezzi per lo svolgimento di una determinata attività, che mantiene la sua identità, sia pubblica sia privata, indipendentemente dal fatto che venga perseguito o meno un fine di lucro. Rammenta, peraltro, che secondo quanto previsto dall’attuale formulazione dell’articolo 2112 del codice civile il trasferimento può anche riguardare un ramo d’azienda, a condizione che l’attività ceduta sia idonea ad essere collocata utilmente sul mercato, costituendo un’entità economica suscettibile di essere oggetto di un’attività autonoma di impresa da parte dell’acquirente, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Sottolinea, inoltre, che il predetto articolo 2112 del codice civile interviene a disciplinare il rapporto di lavoro tra cessionario e lavoratori, con riferimento ai diritti relativi all’inquadramento di categoria e retributivo e all’anzianità di servizio, nonché in materia di applicabilità del contratto collettivo (con prevalenza del contratto collettivo applicato dal concessionario) e di recesso dal rapporto.
Ricostruito, quindi, il quadro normativo di riferimento sulla materia del trasferimento d’azienda, ritiene, tuttavia, che vada rilevato come dall’applicazione di tale normativa siano derivate, nel corso degli anni, importanti problematiche interpretative, sulle quali appare opportuno fare chiarezza a tutela dei diritti dei lavoratori e delle imprese sane: la proposta di legge in esame, quindi, intende intervenire sulla disciplina vigente, modificandola e integrandola, proprio al fine di perseguire l’obiettivo di rafforzare le tutele dei lavoratori (che, nell’ambito di tale fattispecie, possono rischiare di subire un peggioramento delle loro condizioni di lavoro) e di garantire le stesse imprese oneste dal rischio di concorrenza sleale, che può essere determinato da un ricorso spregiudicato a tale procedura da parte di determinate tipologie di aziende.
Fa presente che l’intervento proposto, dunque, secondo quanto indicato nella stessa relazione illustrativa del provvedimento, si pone in armonia con le tendenze della normativa comunitaria, che spingono a delineare una cornice di garanzie per i lavoratori, per la stabilità dei posti di lavoro e per i diritti acquisiti, nonché per un leale e proficuo sistema di relazioni industriali tra le imprese e le rappresentanze dei lavoratori, anche in occasione di operazioni di trasferimento della titolarità dell’impresa o di cessione di parti di essa o di suoi stabilimenti. Osserva che il testo in esame mira, pertanto, a prevenire taluni fenomeni degenerativi, connessi al trasferimento d’azienda, attraverso i quali certe imprese, per abbassare impropriamente i costi del lavoro, cedono alla tentazione di ricorrere alla normativa in tema di trasferimento proprio per ridurre l’occupazione, dequalificando il personale e «tagliando» addirittura i diritti dei lavoratori.
Fa notare che la proposta di legge in esame, con riferimento a tali aspetti, apportando alcune modifiche al citato articolo 2112 del codice civile (in particolare, intervenendo sul terzo comma di detto articolo), dispone che la prevalenza del contratto collettivo applicabile dal concessionario in relazione alle condizioni di lavoro dei lavoratori soggetti al trasferimento d’azienda operi solamente nel caso in cui il contratto medesimo contenga condizioni più favorevoli per i lavoratori. Evidenzia che la norma descritta, dunque, fa sì che ai lavoratori sia comunque garantito, anche a seguito della cessione di parte dell’azienda, il mantenimento delle condizioni economiche e normative preesistenti, salvo il caso che queste siano sostituite da condizioni più favorevoli. Rileva, inoltre, che tale proposta di legge, modificando anche il quarto comma del predetto articolo 2112 del codice civile, secondo il quale che il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, prevede che, nel caso in cui lavoratore rassegni le dimissioni a seguito di una sostanziale modifica delle proprie condizioni di lavoro in seguito all’avvenuto trasferimento d’azienda, la risoluzione del contratto o del rapporto di lavoro si presume come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro. Evidenzia poi che il provvedimento all’esame della Commissione, modificando il quinto comma del più volte citato articolo del codice, ne ripristina il testo previgente rispetto a quello introdotto 276 del 2003, che aveva apportato dall’articolo 32 del decreto legislativo n. sostanziali modifiche all’istituto; più specificamente, il nuovo testo dispone che le disposizioni dell’articolo 2112 del codice civile trovino applicazione anche nel trasferimento di parte dell’azienda preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità, e non più come identificata dalle parti contraenti al momento del trasferimento: la disposizione, dunque, mira ad assicurare che tali operazioni di cessione riguardino esclusivamente le articolazioni funzionalmente autonome, come tali preesistenti all’atto negoziale, in armonia con le più recenti tendenze giurisprudenziali europee.
Inoltre, evidenzia che la proposta in esame, inserendo quattro nuovi commi al richiamato articolo 2112 del codice civile, intende introdurre un ulteriore istituto di tutela, non solo della stabilità del lavoro, ma anche di un leale rapporto tra l’impresa e i suoi collaboratori: si prevede, infatti, il diritto di prelazione ai lavoratori, a parità di condizioni, in caso di trasferimento d’azienda o di parte di essa, riconoscendo tale diritto entro quattro mesi dalla notifica del trasferimento ai lavoratori che si costituiscono in società.
In conclusione, considerate le importanti finalità del provvedimento, auspica che si sviluppi un dibattito in Commissione che si ponga l’obiettivo di pervenire in tempi brevi all’approvazione di un testo che possa essere condiviso da parte di tutti i gruppi.

Walter RIZZETTO, presidente, preso atto che non vi sono richieste di intervento e preannunciato che l’avvio del dibattito di carattere generale sarà fissato per la prossima settimana, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 31 luglio 2013.

L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.35 alle 15.45.

SEDE REFERENTE

Martedì 30 luglio 2013. — Presidenza del vicepresidente Walter RIZZETTO. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Carlo Dell’Aringa.

La seduta comincia alle 9.05.

Norme in materia di rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di efficacia dei contratti collettivi di lavoro.
C. 5 Iniziativa popolare, C. 519 Damiano, C. 709 Airaudo, C. 1376 Polverini.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l’esame del provvedimento.  

Teresa BELLANOVA (PD), relatore, ricorda che l’articolo 39, primo comma, della Costituzione, sancisce la libertà di organizzazione sindacale, mentre i successivi commi del medesimo articolo prevedono garanzie per l’attività svolta dai sindacati, nonché criteri per la stipula di contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. In proposito, rammenta che, mentre ai commi finali dell’articolo 39 non è stata data attuazione legislativa, è invece stato reso effettivo, nei luoghi di lavoro, il principio della libertà di organizzazione sindacale, di cui al primo comma, mediante l’approvazione dello Statuto dei lavoratori, di cui alla legge 300. In particolare, ricorda che il Titolo III dello Statuto 20 maggio 1970 n. (articoli da 19 a 27) contiene una serie di misure di sostegno dell’attività sindacale, tra le quali (articolo 19) il diritto di costituire, ad iniziativa dei lavoratori, rappresentanze sindacale aziendali (RSA) in ogni unità produttiva, nonché organismi di coordinamento nell’ambito di aziende con più unità produttive, che occupa oltre 15 dipendenti: l’articolo citato rappresenta, dunque, un tassello fondamentale nel progetto complessivo dello Statuto, unitamente ad altri istituti nuovi, tra i quali l’assemblea e il referendum nei luoghi di lavoro, il procedimento per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro, e la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.
Osserva, dunque, che le quattro proposte di legge di cui la Commissione avvia oggi l’esame, una delle quali di iniziativa popolare, intervengono a integrare questa delicata e fondamentale materia, essendo finalizzate a introdurre nell’ordinamento interno una disciplina legislativa della rappresentanza e della rappresentatività sindacale, nonché dell’efficacia dei contratti collettivi di lavoro: si tratta di un tentativo che il Parlamento ha posto in essere anche nelle passate legislature, ma senza mai portare a compimento il percorso legislativo. Sottolinea, pertanto, che le proposte di legge abbinate intendono ora riproporre l’apertura di quel percorso, al fine di indicare una soluzione stabile di carattere normativo, che vada anche oltre l’impostazione dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori: tali provvedimenti, infatti, oltre a definire i criteri minimi per rappresentanza e rappresentatività sindacale, presentano il comune obiettivo dell’introduzione di una disciplina delle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) – definendo in termini sostanzialmente analoghi le modalità di costituzione delle RSU (e degli organismi di coordinamento), i soggetti titolati a presentare liste, il sistema elettorale proporzionale – nonché dell’efficacia erga omnes dei contratti collettivi, in caso di rappresentatività superiore al 50 per cento, intesa come media tra dato associativo e dato elettorale.
Al riguardo, peraltro, rileva che i provvedimenti in esame intervengono su argomenti di recente affrontati – con un indubbio impatto sulla vita sindacale e sul mondo del lavoro – dalle parti sociali e dalla stessa giurisprudenza costituzionale, rispettivamente attraverso un accordo interconfederale e una sentenza della Corte costituzionale che, sia pure partendo da differenti profili, hanno in ogni caso rappresentato un punto di svolta sulla materia.
In primo luogo,richiama il Protocollo d’intesa tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL, del 31 maggio 2013, al quale ha aderito anche l’UGL il 6 giungo 2013, che definisce (in attuazione dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011) le modalità con cui misurare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e le regole con cui validare e rendere esigibili i contratti collettivi nazionali di lavoro: in particolare, ai fini della partecipazione alla contrattazione collettiva di categoria, l’effettiva rappresentatività di ciascuna organizzazione sindacale viene misurata conteggiando il numero degli iscritti; a tal fine, rilevano le deleghe sindacali (trattenuta operata dal datore di lavoro su esplicito mandato del lavoratore), comunicate dal datore di lavoro all’INPS, certificate dall’Istituto medesimo e trasmesse al CNEL, e i voti ottenuti nell’elezione delle RSU da ogni singola organizzazione sindacale. Ricorda che l’accordo interconfederale disciplina poi altri aspetti dell’attività sindacale e, soprattutto, della validità degli accordi contrattuali stipulati tra le parti, nonché meccanismi per la validazione degli accordi medesimi.
Al contempo, segnala come, negli ultimi anni (in particolare, per effetto del contenzioso che ha visto contrapposte FIOM e FIAT all’interno di alcuni stabilimenti), anche per la giurisprudenza costituzionale il problema di una lettura dell’articolo 19 coerente con la sua ratio (che è quella di assicurare rappresentanza a sindacati realmente rappresentativi all’interno dei luoghi di lavoro, a prescindere dalla sottoscrizione di un contratto) sia emerso come questione ineludibile. Considerando, infatti, che le sollecitazioni a una interpretazione adeguatrice della norma, volta a superare lo scoglio del suo tenore letterale (che fa espresso riferimento ai sindacati «firmatari»), non hanno trovato pieno accoglimento nella giurisprudenza di merito, segnala che la Corte costituzionale 231 del è nuovamente intervenuta sulla materia con la recentissima sentenza n. 2013, con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 1, lettera b), dello Statuto (per violazione degli articolo 2, 3 e 39 della Costituzione), «nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda». Rileva come nella sentenza la Corte, partendo dalla constatazione che in varie circostanze «dalla mancata sottoscrizione del contratto collettivo è derivata la negazione di una rappresentatività che esiste, invece, nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all’unità produttiva», osserva che «nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività e, per una sorta di eterogenesi dei fini, si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli artt. 2, 3 e 39 Cost.». Evidenzia, infatti, che la Corte prosegue, segnalando che il principio di uguaglianza tra sindacati viene violato nel momento in cui questi, «nell’esercizio della loro funzione di autotutela dell’interesse collettivo – che, in quanto tale, reclama la garanzia di cui all’articolo 2 Cost. – sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentatività e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l’azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa».
Osserva, dunque, che proprio per queste ragioni (legate, per un verso, alla necessità di dare un seguito legislativo all’accordo tra le parti sociali e, per altro verso, all’opportunità di affrontare i principi emersi dalla pronuncia della Corte costituzionale) diversi gruppi parlamentari hanno avvertito l’esigenza di avviare un percorso normativo sull’argomento, al fine di verificare i margini per giungere alla definizione di un intervento legislativo che sia in grado di fissare regole certe e stabili sulla materia.
Sotto questo profilo, piuttosto che illustrare nel dettaglio i progetti di legge di cui oggi la Commissione inizia l’esame, si limita a porre in evidenza le principali differenze tra le varie proposte di legge abbinate, segnalando, innanzitutto, che la proposta di legge C. 709 si caratterizza, rispetto alle altre, per un maggior grado di dettaglio delle disposizioni, mentre le altre tre proposte di legge presentano una natura molto più sintetica. Inoltre, rileva che la sola proposta di legge C. 709 interviene a modificare la vigente disciplina nel settore del pubblico impiego e che le sole proposte di legge C. 5 e C. 709 prevedono espressamente che le controversie sulla costituzione delle RSU siano devolute al giudice del lavoro. Evidenzia, poi, che la proposta di legge C. 519 prevede, nelle imprese con più di 300 dipendenti, l’istituzione di comitati consultivi, ossia di organi composti da rappresentanti dei lavoratori all’interno delle società, titolari di diritti di informazione e poteri consultivi in ordine alle decisioni della società con ricadute sull’occupazione dei lavoratori e le condizioni lavorative; in termini simili, la proposta di legge C. 1376 prevede una delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, relativo alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Segnala, altresì, che la sola proposta di legge C. 519 prevede il superamento delle RSA (mediante l’abrogazione dell’articolo 19 della legge 300 del 1970), mentre la costituzione delle RSU nelle aziende fino a 15 n. dipendenti è prevista solo nelle proposte di legge C. 5 (un componente) e C. 519 (due componenti); inoltre, le sole proposte di legge C. 5 e C. 709 prevedono la costituzione di comitati paritetici provinciali (con il compito di raccogliere i risultati elettorali delle RSU) e la proposta di legge C. 1376 prevede espressamente la possibilità di stipulare intese a livello aziendale o territoriale in deroga al contratto collettivo nazionale e a norme di legge, definendo, altresì, la rappresentatività a livello territoriale (che è riconosciuta alle segreterie provinciali delle organizzazioni sindacali rappresentative a livello nazionale e alle organizzazioni sindacali presenti negli organismi di coordinamento).
Osserva, dunque, che – al di là delle evidenti differenze di dettaglio – ognuno dei provvedimenti abbinati pone l’esigenza di un approfondimento serio e rigoroso, soprattutto considerando che la Commissione si trova di fronte a un argomento che impatta direttamente sul cuore della libera attività sindacale e della validità della stessa contrattazione collettiva. Per queste ragioni, ritiene che il percorso più opportuno da seguire sia quello di verificare, in primo luogo, gli orientamenti dei gruppi sull’argomento e di acquisire, non appena possibile, anche la posizione del Governo, cercando di comprendere se l’Esecutivo abbia l’eventuale intenzione di intervenire con un provvedimento di propria iniziativa. In ogni caso, fermo restando che la prossima settimana potrà essere previsto l’inizio di un dibattito di carattere generale, giudica utile che, sin dalla ripresa dei lavori a settembre, la Commissione avvii comunque un’istruttoria sui progetti di legge abbinati, anche mediante l’ascolto delle parti sociali e degli altri soggetti interessati, per poi proseguire lungo l’iter di esame parlamentare e valutare le più adeguate soluzioni normative da proporre all’Assemblea.

Il sottosegretario Carlo DELL’ARINGA dichiara di avere seguito con grande interesse la relazione introduttiva, facendo presente che il Governo ritiene di poter condividere l’avvio di una riflessione comune su una materia così importante, in una fase del Paese che presenta, per il prossimo autunno, la prospettiva dell’adozione di ulteriori misure finalizzate a combattere la disoccupazione e a sostenere l’economia. Si tratta, a suo avviso, di una prospettiva di rilancio economico-sociale fortemente auspicata, in primo luogo, dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, che si è espresso, anche di recente, in favore dell’instaurazione di un positivo clima di confronto con tutti gli attori coinvolti, che possa essere realmente utile al rilancio occupazionale e produttivo del Paese.
Dopo avere sottolineato che le parti sociali, da qualche mese, sembrano avere individuato un terreno comune di azione per definire le regole della rappresentatività e della contrattazione, osserva come un eventuale intervento del Governo, a sostegno di iniziative che trasformino il predetto accordo tra le parti sociali in norme di legge, possa essere giudicato sostanzialmente condivisibile: preannuncia, pertanto, la disponibilità dell’Esecutivo ad approfondire, sin dal prossimo mese di settembre, i temi del confronto insieme al Parlamento.

Giorgio AIRAUDO (SEL) esprime apprezzamento per i toni della relazione introduttiva appena svolta e, più in generale, per l’avvio del percorso di esame delle proposte di legge abbinate, auspicando che le modalità di prosecuzione dell’iter siano tali da garantirne una rapida conclusione, pur nell’ambito di un’approfondita istruttoria, che preveda l’ascolto di tutti i soggetti dotati di una effettiva rappresentatività, ancorché non ricompresi negli accordi sindacali (cita, al riguardo, l’opportunità di convocare, ad esempio, i rappresentanti della FIAT), che ritiene possano dare un contributo utile e serio al dibattito.
Espressa soddisfazione per la disponibilità mostrata dall’Esecutivo all’avvio di un dialogo con la Commissione e con l’intero Parlamento, chiede poi al rappresentante del Governo se su tale tema siano previste specifiche iniziative governative, quale, ad esempio, la presentazione di una propria proposta di legge. Ritiene, più in generale, che un intervento legislativo condiviso in materia, a prescindere dalla paternità dell’iniziativa, possa essere utile a dare certezza, in un periodo di crisi come quello attuale, non soltanto ai datori di lavoro e alle imprese, ma anche e soprattutto ai lavoratori, che costituiscono la parte più debole del rapporto e che devono poter contare sulla più ampia opportunità di rappresentanza sindacale.

Claudio COMINARDI (M5S) chiede al relatore se abbia valutato la possibilità di approfondire taluni aspetti connessi alla libertà dei lavoratori di organizzarsi nell’ambito delle imprese, anche al di fuori delle ordinarie strutture sindacali, secondo un modello di codeterminazione aziendale. Richiama, a tal fine, talune esperienze registrate in altri Paesi europei, tra cui cita la Germania, che vedono protagonisti i dipendenti, non soltanto nell’ambito della gestione ordinaria dell’impresa, ma anche in quello della compartecipazione alla vita aziendale, mediante l’intervento, tra l’altro, all’interno degli stessi consigli di amministrazione.
Prospetta, peraltro, l’opportunità che, nel prosieguo dell’istruttoria in Commissione, sia possibile valutare l’eventualità di convocare in audizione anche quei lavoratori, non aderenti alle tradizionali parti sociali, che abbiano dato vita a forme di rappresentanza in organizzazioni non strutturate e non catalogabili, dunque, come tipiche associazioni sindacali.

Il sottosegretario Carlo DELL’ARINGA, intervenendo per una precisazione circa la questione posta dal deputato Airaudo, ricorda che attualmente non esiste alcuna iniziativa legislativa del Governo sulla materia della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali. Si riserva, dunque, di portare all’attenzione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, oltre che dell’intero Governo, l’esigenza oggi rappresentata in sede parlamentare, informando successivamente la stessa Commissione dei relativi esiti e ferma restando la piena disponibilità dell’Esecutivo a collaborare con le Camere su tali tematiche, in uno spirito di aperto e fattivo confronto.

Teresa BELLANOVA (PD), relatore, in ordine alla questione posta dal deputato Cominardi, segnala di essersi limitata, nella seduta odierna, a illustrare i progetti di legge all’ordine del giorno, fermo restando che – ove se ne registrasse la richiesta da parte di qualche gruppo – non vi sarebbe alcuna difficoltà ad affrontare eventuali, ulteriori, progetti di legge finalizzati ad intervenire su altri profili di interesse della Commissione, secondo le modalità che dovranno comunque essere definite nell’ambito dell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Walter RIZZETTO, presidente, fatto notare che il dibattito di carattere generale sui provvedimenti in titolo potrà continuare anche nella prossima settimana, compatibilmente con gli impegni dell’Assemblea, ritiene che le modalità di prosecuzione dell’istruttoria legislativa – che sarà avviata in modo effettivo alla ripresa dei lavori parlamentari, dopo la prevista pausa estiva – potranno essere attentamente valutate in una prossima riunione dell’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nell’ambito della quale si potrà riflettere sull’organizzazione di un ciclo di audizioni, da definire sulla base delle esigenze tecniche e politiche che saranno rappresentate dai gruppi medesimi. In ogni caso, giudica utile prendere atto che dal dibattito odierno sembra emergere una sostanziale convergenza circa l’utilità dell’intervento legislativo sull’argomento, con ciò confermando la validità di un confronto aperto e franco all’interno della Commissione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.30.

Pag. 181

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 30 luglio 2013. — Presidenza del vicepresidente Walter RIZZETTO.

  La seduta comincia alle 9.30.

DL 78/2013: Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.
C. 1417 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell’esame e conclusione – Parere favorevole).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta di   ieri.

  Walter RIZZETTO, presidente, ricorda che il relatore ha introdotto il contenuto del provvedimento in esame nella seduta di ieri, al termine della quale si è convenuto di rinviare alla giornata odierna l’espressione del parere di competenza della Commissione.

  Massimiliano FEDRIGA (LNA), nell’auspicare che il relatore possa fare tesoro delle considerazioni che il suo gruppo intende svolgere sull’impianto del testo trasmesso dal Senato, esprime una netta contrarietà rispetto al provvedimento in esame, in particolare manifestando serie perplessità sull’articolo 3-bis, che contempla forme di incentivo per l’assunzione di detenuti e internati addirittura superiori a quelle previste per 76 del 2013, attualmente tutti gli altri lavoratori nel decreto-legge n. all’esame del Senato. Si prefigura così, a suo avviso, una palese forma di discriminazione nei confronti di quei giovani lavoratori onesti, che non hanno commesso reati, i quali finiranno per essere penalizzati in maniera inaccettabile. Ritenuta condivisibile la finalità del reinserimento sociale del detenuto, fa notare che sarebbe, tuttavia, corrispondente a tale scopo, oltre che più equo nei confronti di tutte le altre categorie di lavoratori, limitarsi a favorire il coinvolgimento di tali soggetti in esperienze di lavoro gratuito.

  Titti DI SALVO (SEL) ritiene che il provvedimento in esame vada nella direzione giusta, in coerenza con una corretta idea dello Stato, immaginato non come vendicatore, ma come garante del reinserimento nella società di chi ha commesso un reato e ha scontato la propria pena. Osserva, comunque, come – a prescindere da valutazioni generali di tipo filosofico e indipendentemente da legittime e più pratiche considerazioni connesse al problema del sovraffollamento delle carceri, per il quale l’Italia è stata, peraltro, condannata in sede di giurisprudenza sovra-nazionale – la correttezza dell’intervento prospettato nel decreto-legge in esame derivi da evidenze empiriche e statistiche, che dimostrano come un corretto reinserimento del detenuto contribuisce a diminuire, per lo meno secondo i dati relativi ad altri Paesi europei, i casi di recidiva di reato.
In conclusione, pur facendo   rilevare che il testo in esame sembra peggiorato a seguito delle modifiche apportate dal Senato agli articoli che non risultano di diretta competenza della XI Commissione, anticipa sin d’ora l’orientamento favorevole del suo gruppo sul provvedimento.

  Tiziana CIPRINI (M5S) fa presente che, qualora il relatore dovesse formulare una proposta di parere favorevole, il suo gruppo sarebbe orientato a presentare una proposta di parere alternativa a quella del relatore, a fronte dei numerosi elementi di criticità che sembrano emergere dal testo in esame, riferiti, in particolare, agli articoli 3-bis e 4.

  Elisa SIMONI (PD), relatore, preso atto del dibattito svolto, presenta una proposta di parere favorevole sul provvedimento in esame (vedi allegato 1), che illustra dettagliatamente.

  Tiziana CIPRINI (M5S) presenta, a nome del suo gruppo, una proposta di Pag. 182parere alternativa a quella del relatore (vedi allegato 2), che espone diffusamente alla Commissione.

  Marialuisa GNECCHI (PD), dichiarato che il suo gruppo, come per il caso della riforma previdenziale, non intende alimentare inutili contrapposizioni tra lavoratori, rifuggendo dal rischio di metterli gli uni contro gli altri, a seconda della categoria di appartenenza, rileva come tutti i soggetti svantaggiati (tra cui cita giovani disoccupati, soggetti privi di pensione, donne e disabili) siano meritevoli di tutela e di pieno sostegno. Fa notare come, nel caso di specie, lo Stato, in un regime democratico, non possa sottrarsi al proprio ruolo, che lo induce a dare una nuova possibilità a chi ha sbagliato nella propria vita, provando a reinserirlo nella società attraverso lo strumento che giudica come la massima forma di inclusione sociale, ovvero il lavoro.
Fatto presente, dunque, che è proprio nei casi in cui vi è il   maggiore rischio di emarginazione sociale che il legislatore deve intervenire a sostegno, rileva che a giustificazione di tale forme di intervento soccorrono anche oggettive ragioni statistiche – oltre che quelle di mera opportunità pratica, connesse al problema del sovraffollamento delle carceri – che indicano come sia meno probabile la recidiva di reato in presenza di un coinvolgimento del detenuto in percorsi di qualificazione professionale. Dopo aver fatto presente che il testo in esame contempla, giustamente, forme di agevolazione anche nei confronti di coloro che non hanno potuto accedere alle misure alternative di detenzione, per motivi che nulla hanno a che fare con la loro condotta penale ma più che altro con la loro condizione sociale e familiare, manifesta la propria condivisione circa l’intervento normativo approvato dal Senato, che giudica in armonia con i principi di qualsiasi serio Stato democratico.
Dichiara, per le ragioni esposte, il voto favorevole del suo   gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

  Giovanna MARTELLI (PD), associandosi alle considerazioni del rappresentante del suo gruppo, ritiene che lo Stato debba esprimere valutazioni sui reati – attraverso l’operato dei giudici, ai quali spetta, peraltro, la concessione o meno delle misure alternative – e non sulle persone, alle quali, piuttosto, laddove ne ricorrano i presupposti, appare necessario concedere sempre una nuova opportunità di riabilitazione, attraverso l’avvio di processi di inclusione sociale. Giudica inaccettabile, quindi, che in uno Stato democratico possano essere considerate ricevibili argomentazioni come quelle incluse nella proposta alternativa di parere, che facciano leva su valutazioni punitive e penalizzanti nei confronti delle persone e che appaiono un tragico passo indietro nello sviluppo delle politiche sociali di un Paese.

  Tiziana CIPRINI (M5S), intervenendo per una precisazione, fa presente che quanto riportato nella proposta alternativa di parere presentata dal suo gruppo risponde a una valutazione di opportunità, tenuto conto della particolare situazione di crisi in cui versa il Paese, che induce a verificare con la massima attenzione gli interventi di sostegno elaborati dal legislatore, a fronte dell’enorme diffusione di fenomeni di emarginazione sociale, che coinvolgono un numero sempre maggiore di cittadini onesti.
Fa notare, quindi, che il condivisibile tema del reinserimento   sociale dei detenuti trattato dal provvedimento trasmesso dal Senato – al quale il suo gruppo, in tempi di «pace sociale», avrebbe offerto il proprio sostegno – merita, in questa particolare contingenza temporale (che configura una vera e propria «polveriera sociale»), di essere attentamente approfondito, anche in relazione al rischio di determinare discriminazioni tra ex detenuti e cittadini non detenuti, che non hanno commesso reati e che risultano altrettanto meritevoli di tutela. Fa notare che il tema del reinserimento dei detenuti è a lei particolarmente noto, alla luce delle sue precedenti esperienze lavorative svolte presso i Tribunali di sorveglianza, che la Pag. 183rendono ben consapevole, da un lato, di quanto sia difficile il recupero di tali soggetti e, dall’altro, di quanto sia elevato il rischio di abusi in presenza di agevolazioni generalizzate e non ponderate, sulle quali ricorda che, in passato, si sono concentrati anche gli interessi della criminalità organizzata (cita, in proposito, il caso di false ditte edili, costituitesi proprio al fine di godere delle agevolazioni previste per le assunzioni di soggetti svantaggiati).

  Massimiliano FEDRIGA (LNA), dopo aver rilevato come sia inesatto parlare di impossibilità di accedere alle misure alternative per ragioni sociali o familiari, visto che, a suo avviso, nell’ordinamento esiste anche l’istituto della semilibertà, per usufruire del quale non è richiesto uno specifico status familiare da parte del detenuto, ribadisce la sua profonda contrarietà rispetto a un intervento che mira ad agevolare chi ha commesso reati rispetto a qualsiasi altro giovane disoccupato, che non ha commesso reati e che vive gravi momenti di difficoltà a causa della crisi economica in atto. Rilevato che il testo in esame sembra quasi prefigurare una sorta di incentivo a delinquere, mostrando un’impostazione demagogica e poco attenta alle esigenze del Paese reale, preannuncia che il suo gruppo voterà a favore della proposta alternativa di parere dei deputati Ciprini ed altri e, dunque, contro la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  Giovanna MARTELLI (PD), intervenendo per una precisazione, intende ribadire che, proprio in un momento di crisi come quello che attualmente il Paese sta vivendo, occorre puntare alla coesione sociale e non allo scontro o al conflitto tra differenti vulnerabilità.

  Titti DI SALVO (SEL), nel preannunciare che il suo gruppo, in coerenza con l’intervento precedentemente svolto, voterà a favore della proposta di parere del relatore, fa notare che, al di là di ragioni filosofiche, sulle quali ci si può anche dividere, a seconda delle proprie convinzioni personali sul ruolo che deve assumere lo Stato rispetto alle modalità di esecuzione della pena (che, a suo avviso, dovrebbe tendere al recupero della persona e non alla sua penalizzazione, che è invece la caratteristica di uno «Stato vendicatore»), ritiene che vi siano inopinabili motivazioni empiriche, basate su oggettivi dati statistici, che dovrebbero far propendere per la legittimità dell’intervento normativo promosso con il provvedimento d’urgenza all’esame della Camera: ribadisce, infatti, che il reinserimento lavorativo dei detenuti diminuisce sensibilmente il rischio di recidive di reato, come dimostrato da numerose esperienze in ambito europeo. Ritenuto, inoltre, molto pericoloso innescare conflitti tra lavoratori in un periodo di grave tensione sociale come quello attuale, invita i gruppi a riflettere seriamente sulla delicatezza di tali questioni.

  Walter RIZZETTO, presidente, prende atto dell’esistenza di un’evidente diversità di posizioni tra i gruppi, che ritiene possa essere superata da una comune valutazione, anche di tipo informale, diretta ad individuare eventuali punti di mediazione. Prospetta, pertanto, l’opportunità di una breve pausa di riflessione, al fine di verificare le più utili modalità di conclusione dell’esame in sede consultiva del provvedimento in titolo.

  Tiziana CIPRINI (M5S) chiede alla presidenza di valutare l’opportunità di una breve sospensione della seduta, che consentirebbe ai gruppi un rapido confronto di natura informale.

  Walter RIZZETTO, presidente, preso atto della richiesta appena formulata, sospende la seduta.

  La seduta, sospesa alle 10.10, è ripresa alle 10.20.

  Elisa SIMONI (PD), relatore, avverte che, in esito a un confronto di natura informale appena svolto tra i gruppi, è emersa l’utilità di una limitata riformulazione Pag. 184della sua proposta di parere, finalizzata anche a favorire il ritiro della proposta alternativa di parere depositata dai deputati Ciprini ed altri.
Presenta, quindi, una nuova   versione della propria proposta di parere favorevole (vedi allegato 3), nella quale ha inserito un’ulteriore premessa, con cui si ritiene opportuno valutare la congruità della misura dell’incentivo di cui all’articolo 3-bis 76 rispetto agli incentivi analoghi previsti nel decreto-legge n. del 2013.

  Tiziana CIPRINI (M5S) osserva che, sentiti i componenti del suo gruppo, la nuova versione della proposta di parere del relatore rappresenta un accettabile compromesso: per tale ragione, ritira la proposta alternativa di parere in precedenza presentata.

  Massimiliano FEDRIGA (LNA) constata con estremo disappunto che la volontà dei gruppi, ad eccezione di quello da lui rappresentato, è di agevolare l’assunzione di persone che hanno commesso reati, a scapito di tutti i lavoratori onesti, magari giovani disoccupati, per i quali fa notare come non si registri una mobilitazione altrettanto forte da parte delle stesse forze politiche che sostengono il provvedimento in esame. Preso atto, con rammarico, che il gruppo del MoVimento 5 Stelle ha ritirato la propria proposta alternativa di parere, sulla quale il suo gruppo si era già espresso positivamente, preannuncia che non gli resterà altra strada se non quella di votare contro la nuova versione della proposta di parere favorevole del relatore, che giudica fortemente criticabile sotto molti punti di vista.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la nuova   versione della proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

La seduta termina alle 10.25.

 

SEDE CONSULTIVA

Lunedì 29 luglio 2013. — Presidenza del vicepresidente Walter RIZZETTO.

La seduta comincia alle 14.40.

DL 78/2013: Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.
C. 1417 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l’esame del provvedimento.  

Walter RIZZETTO, presidente, comunica che la Commissione inizia oggi l’esame del provvedimento in titolo, approvato dal Senato, ai fini dell’espressione del parere di competenza alla II Commissione, il quale – anche in relazione all’andamento dei lavori parlamentari e all’esigenza di assicurare il rispetto dei termini di definitiva conversione in legge del decreto-legge 78 del 2013 – sarà reso nella seduta già prevista per domani. 

Elisa SIMONI (PD), relatore, osserva che la Commissione è chiamata a esprimere un parere alla II Commissione sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 1o 78, recante luglio 2013, n. disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, già approvato dal Senato: si tratta di un provvedimento d’urgenza che, oltre a introdurre misure innovative sulle modalità per eseguire la pena in alternativa alla reclusione, ripropone, in talune sue parti, lo spirito e il contenuto di una proposta di legge di recente approvata dalla Camera – sulla quale la XI Commissione si era espressa con un parere favorevole – con la quale, oltre a prevedere una delega al Governo per l’introduzione di pene detentive non carcerarie, si interviene in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. Rileva, pertanto, che il provvedimento in esame, muovendosi lungo la strada già intrapresa con la richiamata proposta di legge di iniziativa parlamentare, intende favorire una riduzione della popolazione detenuta, ampliando le possibilità di ammissione ai relativi benefici e innalzando i «tetti» previsti dall’articolo 47-ter della legge sull’ordinamento penitenziario, per quanto riguarda la detenzione domiciliare.
Concentrandosi sulle norme di più immediato interesse della XI Commissione, segnala, innanzitutto, l’articolo 2, il quale, modificando la legge 354, prevede la possibilità di ampliare le modalità di 26 luglio 1975, n. esecuzione della condanna mediante il ricorso al lavoro esterno, con riferimento alla possibilità di svolgere queste attività non soltanto presso lo Stato, le regioni, le province e i comuni, ma anche presso aziende sanitarie locali, nonché organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. Al riguardo, peraltro, rileva che la disposizione prevede, per le fattispecie di lavoro esterno descritte, l’applicabilità, laddove compatibili, delle modalità previste per il lavoro di pubblica utilità.
Evidenzia, quindi, l’articolo 3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento, che reca misure per favorire l’attività lavorativa dei detenuti e degli internati: l’articolo in questione, modificando l’ultimo periodo dell’articolo 4, comma 3-bis381, , della legge 8 novembre 1991, n. estende gli sgravi contributivi previsti da tale normativa – ossia le riduzioni delle aliquote contributive per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale, dovute dalle cooperative sociali relativamente alle retribuzioni corrisposte ai lavoratori impiegati – prevedendone l’applicabilità, in favore delle imprese interessate, per un periodo successivo alla cessazione dello stato di detenzione pari a diciotto mesi (e non più, quindi, a sei mesi, come previsto dalla legislazione vigente) per i detenuti e internati che abbiano beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all’esterno, nonché di ventiquattro mesi per i detenuti e internati che non ne abbiano beneficiato. Inoltre, segnala che tale articolo 3-bis, modificando la legge 22 193 (che reca norme per favorire l’attività lavorativa dei giugno 2000, n. detenuti), prevede una serie di crediti di imposta a favore delle imprese che assumono – per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni – i detenuti ammessi al lavoro esterno o che svolgono attività di formazione nei loro confronti: tali crediti di imposta si applicano per un periodo di diciotto mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione, per i detenuti e internati che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all’esterno, ovvero di ventiquattro mesi per i detenuti e internati che non ne abbiano beneficiato.
Sempre con riferimento a disposizioni di interesse della XI Commissione, evidenzia, infine, il comma 7 dell’articolo 4, che assegna al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie (le cui funzioni, oltre ad essere integrate, sono prorogate dal medesimo articolo) una dotazione organica di ulteriori quindici unità, ripartite tra le varie qualifiche, ivi comprese quelle dirigenziali, secondo la pianta organica stabilita dallo stesso Commissario. Al riguardo, si sofferma sulla previsione per la quale il personale proveniente dalle pubbliche amministrazioni, dalle agenzie e dagli enti territoriali è assegnato a tale struttura, anche in posizione di comando o di distacco, secondo quanto previsto dai rispettivi 165, conservando ordinamenti, ai sensi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza; è, altresì, stabilito che il personale in posizione di comando o di distacco non abbia diritto a indennità o compensi aggiuntivi e che, al fine di assicurare la piena operatività della struttura, il medesimo Commissario sia anche autorizzato a stipulare contratti a tempo determinato, nei limiti delle risorse disponibili sulla contabilità speciale del medesimo Commissario.
In conclusione, preso atto del contenuto del testo approvato dal Senato e tenuto conto che occorre garantire una  anche al fine di sollecita conversione del decreto-legge n. fronteggiare con urgenza la drammatica questione del sovraffollamento carcerario, ritiene che vi siano le condizioni per un orientamento favorevole della Commissione sul provvedimento in esame, ferma restando l’opportunità di formulare per la seduta di domani una specifica proposta di parere, attendendo nel frattempo eventuali spunti o suggerimenti che dovessero emergere dal dibattito.

Walter RIZZETTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.50.

 

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