La premessa abituale, e cioè che “Confindustria non dà giudizi politici”, viene smentita due righe più in là, dove si esprime senza mezzi termini una promozione con lode di Mario Draghi: “la novità più positiva da diversi anni a questa parte nella vita pubblica italiana”. Ma attenzione: è una panzana che sia stata proprio Confindustria a muoversi per la caduta di Conte: “per favore non diciamo sciocchezze”, chiosa Carlo Bonomi. Che dei Conte, precisa, Uno e Bis, non sente comunque certo la mancanza: non aveva “visione”.
L’occasione di questi ragionamenti è l’assemblea privata dell’associazione degli industriali: in attesa di quella pubblica (fissata per l’autunno come lo scorso anno), Bonomi traccia una sintesi della situazione e butta uno sguardo sul futuro dell’economia. Ma, sopratutto, non rinuncia a una analisi politica molto esplicita, spiegando per quale motivo Conte ha fallito e Draghi, invece, si sta rivelando una mano santa. In primo luogo: la campagna vaccinale, che col precedente governo ristagnava e con Draghi è invece decollata. E come è noto, senza vaccini non c’è ripresa dell’economia. Secondo motivo: “Draghi ha “immediatamente accresciuto il peso dell’Italia nei consessi europei e internazionali”, sia per il nome e la reputazione che ha, sia perché ha saputo imporsi su ogni fronte, con un effetto “moltiplicatore per l’Italia di autorevolezza e credibilità”. E questo, aggiunge Bonomi, “bisogna sperare che duri il più a lungo possibile”: dunque, quanto meno, così sembrerebbe intendere, almeno fino al 2023, data in cui finirà la legislatura. (Il Quirinale può attendere, il paese no).
Terzo merito del governo Draghi: “aver saputo individuare le competenze adeguate” per tutte le nomine che ha fin qui fatto, dalla struttura commissariale per i vaccini, ai servizi segreti, all’Anpal. E la speranza è che si proceda così anche per le prossime nomine, non poche, oltre 500, che arriveranno a breve per le varie società a controllo pubblico (dalla Rai alla Cdp, alle Ferrovie, eccetera). Ma è il quarto punto quello che consente a Confindustria di applaudire senza riserve (per ora) il Governo Draghi e cioè la sua capacità di “visione”. Quella che mancava al suo predecessore: “sotto i governi Conte abbiamo detto e ripetuto che mancava una visione del paese. Quella visione generale del futuro che abbiamo invece ritrovato nelle prime 80 pagine del PNRR che l’attuale governo ha presentato”. Dove c’è tutto quello che gli industriali si aspettavano: la “giusta enfasi” sulle riforme strutturali, lo “sblocco” degli ascensori sociali, il contrasto alla povertà, la concorrenza, le scadenze precise per gli adempimenti, e così via.
Inoltre, con Draghi, sottolinea Bonomi, è finalmente ripreso il dialogo tra governo e parti sociali, punto essenziale per definire meglio le scelte che dovranno essere prioritarie per la ripresa. Tra queste c’è il nodo del lavoro, e in particolare la riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive. Terreno sul quale il presidente degli industriali ritiene necessario un confronto triangolare: basta con i bilaterali governo/sindacati e governo/imprese, ma tutti e tre allo stesso tavolo, “in compresenza”: ”facciamolo subito questo confronto diretto tra governo, noi e sindacato sulle reciproche proposte”, sollecita Bonomi, perché la situazione del lavoro è grave e non è prevedibile che senza interventi rapidi ed efficaci possa migliorare.
Fin qui i primi due terzi della relazione di Bonomi. L’ultima parte (delle 14 pagine totali) è invece tutta dedicata a lanciare una proposta concreta e anche, se vogliamo, abbastanza sorprendente, arrivando da Confindustria. E cioè: fare del Giubileo del 2025, che cade dentro il periodo di valenza del PNRR, un traino, una occasione di ulteriore crescita per tutto il Paese. Il modello, spiega Bonomi, è quello del Giubileo del 2000, ma più in grande e meglio. Per chi ha poca memoria: il Giubileo del 2000, con sindaco di Roma Francesco Rutelli, ottenne uno stanziamento pari a 6mila miliardi nelle lire dell’epoca, 3 miliardi di euro odierni. La Capitale ne approfittò per rifarsi bella ed efficiente come non era da decenni, lanciando un ambizioso piano di grandi opere, poi solo in parte attuato. Ma certamente di quel Giubileo Roma, e non solo Roma, ha tratto vantaggio e splendore per diversi anni.
Nella relazione Bonomi puntualizza come e dove le cose funzionarono o fallirono, con dovizia di dettagli e cifre. Il successo maggiore, ovviamente, si ottenne sulla presenza turistica: quasi 80 milioni di arrivi e oltre 300 milioni di presenze, di cui la metà stranieri. Il fatturato di hotel e turismo in genere superò quelli che oggi sarebbero 70 miliardi di euro, raggiungendo il 6% del Pil di allora. I soli alberghi di Roma e provincia registrarono quasi 15 milioni di ospiti. Anche per questo nel 2000 il Pil italiano fece meglio della Germania, chiosa Bonomi. Dunque, perché non approfittare delle “lezioni del passato” e rilanciare per il 2025? Bonomi propone quindi “un grande progetto strategico” basato non solo sull’impatto diretto degli eventi (al Giubileo del 2025 si potrebbe unire, suggerisce, il Bimillenario della Crocefissione, del 2033), ma su “una visione a 360 gradi di innovazione dei servizi e del valore aggiunto comparato dell’offerta turistica italiana”, con un masterplan che non riguardi solo turismo e ricettività, ma anche porti, aeroporti, industria culturale, sostenibilità dei servizi pubblici, eccetera. E che ovviamente non dovrà riguardare solo Roma Capitale, ma “tutta l’Italia, per compartecipare flussi e destinazioni”, con impatti pluriennali sul Pil: esattamente come accadde grazie al fortunato Giubileo del 2000.
Naturalmente non si può trascurare che l’epicentro del tutto dovrà essere, per l’appunto, la Capitale. Che da diversi anni naviga in acque non tanto tempestose quanto stagnanti, e che si appresta tra pochissimi mesi a votare per un nuovo sindaco, dopo i fallimenti degli ultimi tre, in un clima di totale incertezza sull’esito, e al momento perfino sui candidati. Bonomi, tuttavia, invita all’ottimismo: “la sfiducia verso i malesseri accumulati nella Capitale, nei suoi servizi pubblici, non deve e non può prevalere”, afferma. Quanto alla Confindustria e alle sue imprese, sono disposte a mettersi al servizio del progetto da subito, per creare una partnership tecnica pubblico-privata per elaborare un piano, anzi: “un grande piano condiviso dell’intera Italia per il Grande Giubileo e per il Bimillenario”.
Basterà? Nelle attuali condizioni – del paese, e soprattutto della Capitale – sembra difficile. Manca la forza, manca la voglia, manca la fiducia, manca la coesione, sia sociale sia politica, tra i partiti stessi della maggioranza. Ma quello che più di tutto manca, appunto, è un progetto ambizioso, un sogno pazzesco da perseguire, più “facile” da far capire ai cittadini rispetto all’ostico e troppo astratto, almeno per i comuni mortali, PNRR. Un progetto immediatamente comprensibile, proprio come quello che propone Confindustria. Certo ci vorrebbe un miracolo per realizzarlo. Ma chissà.
Nunzia Penelope