La Conftrasporto lancia l’allarme sull’effetto negativo che globalizzazione e burocrazia rischiano di avere sul settore dei trasporti e della logistica dell’Italia, sottolineando, in particolare, che sebbene il traffico merci in Italia prosegua la sua crescita, passando dai 437 miliardi tonnellate/km del 2015 ai 448 previsti nel 2018, di questo traffico stanno “approfittando” sempre più gli altri Paesi.
Secondo il rapporto dell’ufficio studi di Confcommercio, nel triennio 2016-2018 il trasporto su ferro cresce di oltre il 5% e quello su gomma del 4%, ma le imprese dei Paesi dell’est cannibalizzano il mercato italiano con una quota del 55%, favorite da un fisco meno pesante, un minor costo del lavoro e meno regole. E se il traffico merci su gomma delle imprese dell’est da e verso l’Itala sale del 198% in 10 anni, quello delle imprese italiane di circa il 70%.
Complessivamente nel periodo 2005-2015, il mercato del trasporto internazionale merci su gomma con origine/destinazione Italia è cresciuto di quasi 4 miliardi di euro, ma le imprese italiane perdono un valore della produzione di oltre 1 miliardo e mezzo di euro.
Sempre più aziende italiane dell’autotrasporto, per sopravvivere nel loro Paese delocalizzano e contemporaneamente si registra la colonizzazione del settore (dalle strade agli scali portuali) da parte di aziende e gruppi stranieri. In questo scenario, Conftrasporto avverte che senza misure di contrasto alla concorrenza sleale e al dumping sociale, la grande opportunità della Via della Seta rischia di trasformarsi in un’occasione mancata.
Nel 2005, 36,9 miliardi di t-km in entrata e in uscita dall’Italia erano lavorate da autoveicoli immatricolati in Italia, 42,7 mld di tonnellate erano appannaggio di altri Paesi tradizionalmente forti nell`autotrasporto (tra cui Germania e Spagna) e i veicoli immatricolati nell’Est europeo coprivano il 15,5%.
Il fenomeno si è acuito durante la recessione e non si è fermato neppure durante la timida ripresa del 2014-2015. In termini di quote di mercato i veicoli italiani hanno perso il 23% (passando dal 36,4% del 2005 al 13,4% del 2015), tutto a beneficio dei nuovi entranti che partendo dal 15,5% del traffico raggiungono nel 2015 una quota di mercato di oltre il 55%.
Tra il 2005 e il 2015 l’Italia perde molto più degli altri concorrenti tradizionali: -69,2% rispetto a -49,7% (mentre i Paesi dell`Est Europa schizzano a +198,5%), una distanza di 20 punti percentuali. Tra il 2005 e il 2015 anche la percentuale degli operatori italiani sul traffico complessivo si è ridotta, passando dall`8% al 2%. Per Conftrasporto, le politiche, la legislazione e le strategie implementate in Italia hanno funzionato peggio che negli altri Paesi nostri partner-concorrenti nell’autotrasporto.
In questo periodo, sebbene il mercato del trasporto internazionale delle merci con origine o destinazione l’Italia sia cresciuto di quasi 4 miliardi di euro, le imprese italiane non solo non ne hanno approfittato, ma addirittura hanno perso un valore della produzione stimabile in oltre 1 miliardo e mezzo di euro.
Fermo restando che le imprese italiane spendono, rispetto alla media di quelle dei Paesi competitor, il 52% in più delle giornate dedicate agli adempimenti burocratici, nella rilevazione Confcommercio e Isfort sono riportati i dati dei costi diretti effettivi sostenuti dalle imprese e quelli indiretti legati alle inefficienze amministrative.
Nella differenza tra tempo congruo – con un’amministrazione efficiente – ed effettivo – sperimentato sul campo dalle imprese – per quelle di navigazione (traghetti e mezzi veloci) i ritardi cumulati generano un danno di 140 milioni di euro all’anno, mentre per quelle dell’autotrasporto il danno in termini di mancato fatturato è di 790 milioni e supera i 260 milioni in mancato guadagno.
E. M.