Nello scenario globale sono apparsi sprazzi di tenuta e miglioramento, che arginano le spinte recessive. Lo sostiene il Centro Studi di Confindustria nel consueto Congiuntura Flash. Resta però, si legge, molto elevata l’incertezza. I progressi più rassicuranti sono stati in Usa: attività e ordini accelerano, specie nel manifatturiero; si consolida la creazione di posti di lavoro; la costruzione di case contribuisce alla crescita per la prima volta dal 2005. In Cina la frenata è risultata morbida e presto agiranno le misure espansive appena varate. L’India è ripartita e il Brasile sta tornando a marciare. Gli alti livelli dei prezzi delle materie prime confermano la resistenza della domanda internazionale. Il commercio mondiale è fermo, ma regge.
Nell’Eurozona sono tornati a salire gli indici di fiducia e il PMI della Germania, che beneficia dal 2010 di robusti guadagni occupazionali. La quasi normalizzazione dei rendimenti dei titoli sovrani a breve e la buona riuscita di tutte le aste disperdono i più acuti timori. Sono indizi forti che stanno funzionando le cure della BCE nell’iniettare massiccia liquidità alle banche, del Governo italiano nel riconquistare credibilità e delle autorità europee nel rendere meno disarmonica la governance. Il calo del cambio dell’euro (in parte rientrato) allenta ulteriormente le condizioni monetarie; in vista altri tagli nei tassi ufficiali. La selettività del credito resta però molto stringente e assai variabile tra i paesi, ampliando così i divari competitivi. In Italia i prestiti alle imprese, specie piccole, sono in netta frenata e il costo del denaro è in decisa salita. Ciò è tra le cause della nuova recessione
in cui è finita l’economia italiana, che risente anche dell’indebolimento dell’export, della diminuita fiducia di imprese e famiglie e dell’impatto delle ingenti manovre di riduzione del deficit pubblico (4,4 punti di
PIL nel 2012 e altri 1,6 nel 2013) varate dal 2009 al dicembre scorso. La contrazione della produzione industriale nel quarto trimestre (-2,9% sul terzo) accelera la riduzione del PIL; le attese restano negative e l’indice anticipatore OCSE non prelude a svolte prima dell’estate. L’occupazione diventa ancora più fragile e penalizza i consumi. Le scorte sono in aumento e i piani di investimento vengono ridimensionati. (LF)
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