La firma del contratto del commercio, poche settimane fa, chiude la lunga notte dei salari italiani? Il nuovo testo contempla aumenti annui fino al 2027 vicini al 4 per cento, contro un inflazione attesa assai più bassa. Il buco apertosi con la pandemia nel panorama salariale e contrattuale è, però, assai più ampio. La misura e la velocità con cui si riempirà effettivamente questo divario sono fattori cruciali per tutta l’economia, che stenta a riprendersi, per il clima sociale, avvelenato dalla perdita del potere d’acquisto e anche per il ruolo di un elemento importante, nel panorama e nella storia italiani, come il sindacato.
I dati sul primo trimestre, con una crescita dell’economia dello 0,3 per cento, rispetto a fine 2023, hanno molto attenuato il pessimismo degli economisti, fino a rendere quanto meno verosimile la promessa del governo di uno sviluppo dell’1 per cento per quest’anno. Ci si muove, però, su ghiaccio sottile: l’economia quest’inverno è stata sostenuta da un elemento fluttuante come il turismo e da un contributo delle esportazioni, sulle quali le previsioni del commercio mondiale ed europeo 2024 danno poche garanzie. Fino a che non riparte la domanda interna, ci sono poche certezze. E, con gli investimenti impiombati dalla stretta dei tassi della Bce (che, anche in caso di svolta a Francoforte, richiederà mesi per essere riassorbita) e i consumi svuotati dalla perdita di potere d’acquisto dei salari, la domanda interna è un miraggio.
Sotto questo profilo, infatti, l’aumento in corso dell’occupazione smuove poco, se non si muove anche la massa salariale. E, qui, la paralisi di questi anni ha scavato solchi profondi. In Italia, le retribuzioni crescono poco, almeno dagli anni ‘90, ma non erano mai andate così male, dicono gli economisti, come nell’era della pandemia. Fra il 2019 e il 2023, le retribuzioni previste nei contratti sono aumentate, in tutto, del 5,4 per cento, contro un incremento dei prezzi del 16,2 per cento. Salari reali e potere d’acquisto hanno perso, cumulativamente, il 9,3 per cento.
Maurizio Ricci