di Lilli Carollo *
Premessa
Il contratto di apprendistato, come noto, è stato recentemente riformato dal decreto legislativo n. 276 del 2003 (e successive modifiche), c.d. Riforma Biagi (1), che ne ha previsto tre distinte forme, due delle quali strettamente connesse al sistema dell’istruzione e della formazione, tali da percorre l’intero arco educativo del giovane: l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione e l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma e per l’alta formazione; la terza tipologia, l’apprendistato professionalizzante, oggetto del presente studio, è uno strumento che porta il giovane alla implementazione della propria professionalità attraverso un percorso formativo di specializzazione, teso al conseguimento di competenze spendibili nell’azienda e nel mercato del lavoro.
L’apprendistato, così riformato, è un contratto utilizzabile in tutti i settori di attività privati, non, invece, alle Pubbliche Amministrazioni, non applicandosi a queste ultime gran parte della riforma del mercato del lavoro (art. 1, comma 2, d.lgs. 276/2003). I limiti di età per assumere in apprendistato stabiliti dal d.lgs. 276/2003 sono dai 18 anni (17 se in possesso di una qualifica professionale) ai 29 (per la precisione, la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 30/2005 ha chiarito, fino ad un giorno prima il compimento del trentesimo anno di età), e così pare confermarsi nella contrattazione collettiva, che si è generalmente attenuta ai predetti limiti normativi. È a tutti noto come l’attuazione di questa tipologia contrattuale, così potenzialmente ricca di interesse per lavoratori ed imprese, per offrire ai primi un canale di ingresso nel mercato del lavoro ed un percorso formativo a ciò atto, ed ai secondi ingenti sgravi contributivi ed economici, nonché possibilità di stabilizzare giovane manodopera formata, stia scontando gli effetti di un difficile coordinamento e di una macchinosa interpretazione (2) delle fonti che la regolano, alla luce, soprattutto, del nuovo ordinamento costituzionale e dell’assetto così riformato delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Effettivamente, si incontrano e si intrecciano nella disciplina di questo istituto diverse fonti: legge statale, legge regionale, regolamenti regionali attuativi, contrattazione collettiva di diverso livello. Si può, infatti, certamente considerare l’attuazione dell’apprendistato un percorso che ha messo alla prova il nuovo sistema costituzionale o meglio, il raccordo tra le diverse fonti del diritto nel nuovo assetto di competenze. Ed anche, volendo, come “terreno di sperimentazione per una riforma delle relazioni industriali” (3), visto il ruolo che ricopre l’autonomia collettiva, nei diversi livelli e con diverse forme di intervento.
Il presente contributo intende analizzare come il contratto di apprendistato professionalizzante, ad oggi maggiormente richiesto dalle imprese (4), sia stato regolato dai testi contrattuali nazionali di categoria, i quali, in virtù proprio della novella apportata dalla legge n. 80/2005 (5), rivestono un ruolo determinante assurgendo a fonte regolativa ancorché sostitutiva e transitoria dell’apprendistato professionalizzante, allorché individuino i profili formativi, direttamente ovvero attraverso rinvio a quelli individuati dall’Isfol o dall’Ente bilaterale, in attesa della regolamentazione da parte delle leggi regionali dei profili formativi stessi.
L’attenzione è rivolta, in particolare, alle clausole collettive attuative del predetto istituto presenti nei CCNL Credito del 12 febbraio 2005, come integrato dall’Accordo del 23 giugno 2005, CCNL Telecomunicazioni del 3 dicembre 2005 e CCNL Metalmeccanici del 19 gennaio scorso (6).
Aspetti della disciplina dell’apprendistato professionalizzante devoluti dalla legge alla contrattazione collettiva
Come noto, il legislatore rinvia (anche in presenza di una legge regionale) la determinazione di alcuni aspetti del contratto di apprendistato professionalizzante, alla negoziazione delle parti sociali; è il caso della durata del periodo in apprendistato, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge (dai due ai sei anni) (così, infatti, l’art. 49, comma 3); ciò in ragione del fatto che le Parti sociali sono i migliori conoscitori nell’individuare l’adeguato periodo utile, in ciascun settore di attività, per conseguire le qualificazioni deducibili nei contratti di apprendistato.
Altrettanto, è previsto che la normativa regionale, nel determinare i profili formativi, rinvii ai contratti collettivi, anche di livello aziendale e locale, per la determinazione di clausole riguardanti le modalità di articolazione e di erogazione della formazione (7).
Si vedrà, nel prosieguo dell’analisi, che, oltre ai punti individuati dal legislatore di competenza dell’autonomia collettiva appena citati, ve ne sono altri, relativi a diversi profili della tipologia contrattuale in questione, che sono stati oggetto di interesse in sede collettiva; si consideri che, alle volte, in questi ambiti, la contrattazione non si è attenuta propriamente alla ratio del dettato legislativo.
Valutiamo dunque la durata – ed in che termini (se massima) – che le parti sociali hanno considerato consona per il rapporto di apprendistato nelle categorie prese in esame.
Si consideri, innanzitutto, che, a prescindere dalla durata, che varia tendenzialmente a seconda della qualificazione da conseguire, i rinnovi contrattuali hanno suddiviso il periodo di apprendistato in diversi “sottoperiodi” e ciò, lo si vedrà meglio in seguito, al fine di prestabilire il relativo livello di inquadramento dell’apprendista ed il minimo retributivo corrispondente.
Il CCNL Banche, diversamente dalle due categorie prese in considerazione, ha stabilito una unica durata dell’apprendistato in quattro anni, suddiviso in due bienni. Il CCNL Telecomunicazioni ha, invece, previsto diversi periodi di durata massima, a seconda del titolo di studio in possesso dell’apprendista, che varia da due anni e mezzo ai quattro anni e mezzo, divisibili a loro volta in periodi. Ciò significa che i contratti di lavoro individuali possono stipularsi per periodi più brevi, non inferiori, certamente, alla durata minima stabilita dal legislatore. È, peraltro, previsto che i periodi di apprendistato possono ridursi se il soggetto è già in possesso di un titolo inerente alle professionalità da acquisire, ovvero abbia svolto presso la stessa azienda un periodo di pari durata di stage o tirocinio. Questa clausola pare in contrasto con lo spirito prettamente formativo dell’apprendistato ed i necessari contenuti di formazione che tale tipologia contrattuale possiede, contrariamente a quella che è l’esperienza di tirocinio, tesa piuttosto all’orientamento del giovane. Ne risulterebbe un periodo di apprendistato decurtato di parte del percorso formativo considerato dal CCNL utile al conseguimento della qualificazione, previsti dalle norme e dalle clausole collettive.
Il CCNL Metalmeccanici ha, invece, stabilito periodi di durata massima dai 42 mesi ai 60 mesi con possibilità di accedere alle alte qualifiche solo in possesso di laurea inerente; una eccezione riguarda quegli apprendisti che siano assunti per esplicare mansioni caratterizzate da attività brevi, semplici e ripetitive; in tal caso la durata prevista è di 24 mesi (8). Ma i periodi di durata così determinati, subiscono diminuzioni se il giovane sia già in possesso di qualifica o titolo di studio inerente.
Ulteriore intervento richiesto all’autonomia collettiva riguarda, come prima accennato, l’individuazione delle modalità di erogazione e articolazione della formazione; vale qui osservare che, differentemente dal previgente modello di apprendistato, il legislatore ha dato maggiore spessore alla formazione interna all’azienda, tanto è vero che esso indica apertamente all’autonomia collettiva di dare possibilità a percorsi di formazione esterna ove si presume che le aziende (intese anche come gruppo) possano fornire percorsi adeguati di formazione.
Il CCNL Telecomunicazioni dispone che la formazione possa avvenire sia all’interno che all’esterno dell’azienda per 120 ore annue medie, con un minimo di 80 ogni anno; individua, poi, quale formazione di base e trasversale (pari ad un terzo del monte ore annuo) quella destinata all’apprendimento di nozioni di igiene, sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro (poste all’inizio del percorso formativo), conoscenza dei diritti e doveri del rapporto di lavoro, organizzazione aziendale e del ciclo produttivo, competenze relazionali.
Simili previsioni sono inserite nelle clausole del CCNL Banche, il quale aggiunge una descrizione delle attività di carattere professionalizzante e le competenze da conseguire sul lavoro, quali: conoscere i prodotti e servizi di settore e il contesto aziendale, conoscere e saper applicare le basi tecniche e scientifiche della professionalità, conoscere e saper utilizzare le tecniche e i metodi di lavoro, conoscere e saper utilizzare gli strumenti e le tecnologie di lavoro, conoscere e utilizzare misure di sicurezza individuale e di tutela ambientale, conoscere le innovazioni di prodotto, di processo e di contesto. È possibile, poi, svolgere la formazione e-learning e on the job.
Stesse definizioni sono presenti nel CCNL Metalmeccanici che, dopo aver dato la definizione di formazione formale (9), indica che la stessa possa essere erogata, in tutto o in parte, all’interno dell’azienda, attraverso diverse modalità applicative, quali in aula, e-learning, on the job, affiancamento, seminari, visite aziendali, rolo playing, ecc.
Intervento dell’autonomia collettiva oltre il dettato della legge
a) sulla disciplina del rapporto di lavoro
Per quanto, invece, riguarda l’intervento dell’autonomia collettiva ove non esplicitamente richiesto dal legislatore, sono innanzitutto da menzionare quelle clausole relative a indirette limitazioni al ricorso del contratto di apprendistato da parte dell’azienda.
Ricordiamo, innanzitutto, che sussiste, da sempre, una limitazione legale a garanzia di un effettivo affiancamento dell’apprendista da parte di personale qualificato; infatti, il numero degli apprendisti non può superare il numero totale dei lavoratori specializzati in azienda, a meno che non abbia alle proprie dipendenze un numero di lavoratori inferiori a tre, potendo in tal caso assumere sino a tre apprendisti, prevedendo un particolare regime per le aziende artigiane.
Così il CCNL Metalmeccanici ed il CCNL Telecomunicazioni prevedono le c.d. clausole di conferma, per cui l’assunzione con contratto di apprendistato è interdetta se l’azienda non proceda alla stabilizzazione di almeno il 70% dei lavoratori il cui contratto sia venuto a scadere nei 24 (18 mesi per le aziende telecomunicazioni) mesi antecedenti, escludendo dal conteggio gli apprendisti che non hanno concluso il periodo di apprendistato o di prova e quei contratti di apprendistato non trasformati in misura pari a quattro (10).
L’autonomia collettiva è intervenuta, altresì, rispetto alla possibile sommatoria di più periodi di apprendistato professionalizzante in diversi rapporti di lavoro, ricalcando così la disciplina previgente ed estendendo la norma attuale che ammette la sommatoria delle sole due tipologie di apprendistato: apprendistato professionalizzante e quello per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione. In questa prospettiva del CCNL Telecomunicazioni e del CCNL Metalmeccanici che individuano tale possibilità ove i due distinti rapporti di lavoro riguardino le stesse mansioni, non si superino le durate prestabilite e l’interruzione non sia superiore ai 12 mesi.
In ordine all’inquardamento ed al relativo minimo retributivo spettante all’apprendista, possiamo rilevare che le tre esperienze contrattuali considerate si sono attenute al sistema previsto dal legislatore del sottoinquadramento del giovane per non più di due livelli rispetto a quello di destinazione finale (e cioè una volta conseguita la qualificazione), diversamente da altri rinnovi in cui è stato mantenuto esclusivamente o alternativamente a questo, il sistema delle percentualizzazione della retribuzione (11).
Così, il CCNL Telecomunicazioni prevede che nel primo periodo di apprendistato professionalizzante il lavoratore è inquadrato due livelli inferiori a quello di destinazione finale, mentre nel secondo periodo ad un livello inferiore. Gli apprendisti con destinazione finale al terzo livello, saranno inizialmente inquadrati al secondo livello. Valgono le stesse regole (tranne questa ultima) per il CCNL Credito. Qui, se rientrante nella seconda area professionale (mansioni di carattere amministrativo e/o contabile, o tecnico), l’apprendista in un primo periodo è inquadrato ad un livello inferiore, rispetto a quello del periodo successivo in cui sarà trattenuto anche in caso di conferma in servizio (12).
Il CCNL metalmeccanici, invece, suddividendo il periodo di apprendistato in tre “sottoperiodi”, stabilisce per i primi due, regole simili ai contratti appena citati, mentre per il terzo periodo prevede che l’apprendista sia inquadrato al primo livello inferiore, percependo, però, la retribuzione prevista per il livello di destinazione finale.
Vale la pena considerare che il CCNL Telecomunicazioni devolve al livello aziendale la definizione dell’applicazione agli apprendisti, dei premi di risultato e di tutte le altre voci retributive eventualmente in atto a livello aziendale.
Secondo alcuni contratti collettivi, come il CCNL Credito, il periodo in apprendistato può essere svolto in modalità a tempo parziale (13); tuttavia, allo scopo di soddisfare le esigenze formative, il rapporto non può avere durata inferiore a 25 ore settimanali.
In ordine all’eventuale periodo di prova, il CCNL Credito ha previsto, ripercorrendo, di fatto, la lettera della previgente normativa, un periodo di prova non superiore ai 2 mesi; ugualmente il CCNL Telecomunicazioni per il 6° ed il 7° livello di inquadramento, per gli altri, non più di un mese. Il CCNL metalmeccanici è, invece, orientato su periodi di prova più brevi, non superiori ai 30 giorni, a seconda dell’area professionale a cui appartiene il tipo di qualifica da acquisire; oltre, poi, una recupero della disciplina codicistica del periodo di prova (forma scritta della clausola, particolare regime di recedibilità), il CCNL Metalmeccanici inserisce la possibilità che, se il periodo di prova sia interrotto per causa di malattia o infortunio, l’apprendista sarà ammesso a completare il periodo di prova, se in grado di riprendere l’attività lavorativa entro un numero di giorni pari alla metà previsti per la prova.
A proposito, per l’appunto, del trattamento di malattia ed infortunio, tutti e tre i contratti collettivi in questione, hanno previsto una propria regolamentazione. Il CCNL Credito stabilisce che, in caso di malattia, l’apprendista, superato comunque il periodo di prova, conserva il posto di lavoro per tre mesi o per quattro, a seconda che il periodo di comporto sia secco o per sommatoria. Mentre i CCNL Telecomunicazioni e Metalmeccanici, rinviano sostanzialmente alle clausole relative ai lavoratori stabilmente inseriti in azienda; questo ultimo, in particolare, aggiunge una Dichiarazione a verbale attraverso la quale le parti si impegnano a verificare la possibilità che l’Inps concorra ad assicurare un trattamento economico per malattia. Se tale intervento non dovesse avvenire, l’apprendista percepirà un parziale trattamento erogato dalla sola azienda.
b) sui profili attinenti alla formazione
Al di là degli aspetti relativi alle modalità di erogazione e articolazione della formazione già considerate, le clausole dei CCNL individuano ulteriori aspetti attinenti al percorso formativo dell’apprendista.
Merita senza dubbio considerarsi preliminarmente la questione riguardante la spesso non concorde individuazione da parte dei CCNL e, nel nostro caso, il CCNL metalmeccanici, della finalità propria del contratto di apprendistato professionalizzante tra qualifica e qualificazione. La confusione è senza dubbio dovuta alla disciplina previgente dell’apprendistato, legge 25 del 1955, legge 56/1987, legge 196 del 1997, dove lo scopo del contratto era portare il giovane a conseguire una qualifica. Diversamente, il d. lgs. n. 276/2003 ha apportato una considerevole modifica, e cioè che questa tipologia di apprendistato faccia conseguire al giovane una determinata qualificazione, intendendo in tal senso accompagnare il giovane attraverso il percorso formativo individuato nel Piano formativo Individuale a conseguire una implementazione della propria professionalità, spendibile nell’azienda e nel mercato del lavoro.
Venendo propriamente al percorso formativo, il legislatore determina la necessità che il giovane sia affiancato da una figura di tutor aziendale con “formazione e competenze adeguate” (art. 49, comma 5, lett.e). Sul punto i CCNL hanno inteso determinare, ad esempio, un numero di ore minimo di formazione ad hoc per lo stesso (12 ore per il CCNL Metalmeccanici, 8 ore per il CCNL Credito, dove si parla di lavoratore specializzato). Il CCNL Telecomunicazioni rinvia per la individuazione dei requisiti del tutor al d.m. 28 febbraio 2000.
Altre clausole sono riferite alla “capacità formativa dell’impresa” o “capacità formativa interna” che permette alle aziende, per l’appunto, di erogare formazione all’interno dei propri locali o presso i locali di una società del gruppo. Per questa, con una clausola generica, il CCNL banche intende la presenza di risorse umane idonee a trasferire competenze, tutori con competenze e formazione adeguate, locali idonei in relazione agli obiettivi formativi. Simile definizione è data dal CCNL Telecomunicazioni che prevede la possibilità che la formazione sia erogata anche in strutture ubicate in altra Regione. Il CCNL Metalmeccanici, invece, ne dà una definizione più esaustiva, ammettendo che l’azienda abbia tale capacità formativa, anche ove sia in grado di avvalersi di docenze adeguate esterne. Oltretutto, sottolinea che l’idoneità dei locali in cui è erogata la formazione è dovuta dal non essere siti destinati prevalentemente alla produzione, ma dotati di strumentazione adeguata alla modalità di formazione posta in essere.
Sempre in ordine alla formazione, un ruolo determinante è devoluto agli Enti bilaterali.
Innanzitutto, è possibile che sia stato concordato nelle clausole contrattuali il preventivo parere di conformità dell’Ente bilaterale in ordine al Piano formativo individuale (14), anche se in senso contrario si sono espresse le circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 40/2004 e n. 30/2005 (15). In realtà, nei rinnovi collettivi presi in considerazione, non è stato devoluto tale particolare funzione agli organismi paritetici, ma generalmente è devoluto loro il compito del monitoraggio delle offerte formative e di diffusione di buone pratiche delle esperienze più significative, oltre all’incarico di delineare nuovi schemi esemplificativi di profili formativi in aggiunta a quelli già individuati dall’accordo, anche in collaborazione con l’Isfol.
Osservazioni conclusive
Dai tre contratti collettivi qui esaminati, si evince una seria presa d’atto delle Parti sociali dell’importanza di questa tipologia contrattuale e della volontà di renderla immediatamente operativa ai sensi dell’art. 49, comma 5bis, d.lgs. n. 276/2003; effettivamente, la forma contrattuale de qua sta riscuotendo un particolare successo da parte del mondo imprenditoriale, ma allo stesso tempo è oggetto di vive discussioni da parte degli attori chiamati ad attuarla. È senza dubbio vero che la sentenza costituzionale n. 50/2005 è stata risolutoria di nodi interpretativi che impedivano all’apprendistato di decollare, ma è altrettanto indubitabile che sussistono esperienze normative regionali che adottano regole del tutto contrastanti con la legislazione statale, e gli stessi attori, sociali ed istituzionali, si trovano di fronte ad un intreccio di fonti, normative e collettive, ancora discordanti.
Purtroppo, una tipologia contrattuale così importante per il mercato del lavoro oggi, in linea con le sollecitazioni europee per far divenire la nostra società, una società basata sulla conoscenza, aprendo ai giovani strade di formazione volte alla loro specializzazione ed affermazione professionale, sconta le difficoltà manifestate da parte dei soggetti chiamati a realizzarla di cavalcare lo spirito del principio di “leale collaborazione”, ed anche di distaccarsi ciascuna parte dai rispettivi interessi, in nome piuttosto della realizzazione di una tipologia contrattuale che tiene con sé l’equilibrio di diverse politiche (formativa, occupazionale, economica), strumento utile allo sviluppo del nostro Paese.
1) Per una visione di insieme sullo stato di attuazione dell’apprendistato professionalizzante a più di due anni dall’entrata in vigore del d. lgs. n. 276/2003, si veda l’edizione speciale del Bollettino Adapt, 2005, n. 50, in www.csmb.unimo.it. Per una disamina dell’istituto così come riformato e dei relativi problemi attuativi, si rinvia a Bellocchi P., Apprendistato e contratto di inserimento, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli, Bologna, 2004, 635. Garofalo D., Commento agli artt. 47-53 del D. Lgs. 276/03: Apprendistato (file .pdf), in http://www.unicz.it/lavoro/RICERCAMISCELLANEA.htm; Tiraboschi M., La riforma dei contratti a contenuto formativo: il nuovo apprendistato e il contratto di inserimento, in Tiraboschi M. (a cura di), La riforma Biagi del mercato del lavoro, Collana ADAPT – Fondazione “Marco Biagi”, n. 2, Giuffrè, Milano, 2004, 191. Sull’attuazione del contratto di apprendistato sul territorio e nella contrattazione si rinvia a Tiraboschi M., La messa a regime del nuovo apprendistato tra chiarimenti ministeriali e regolamentazioni regionali, in DRI, n. 1, 2005; Carollo L., Il lungo processo per la messa a regime del nuovo apprendistato, in DRI, n. 1, 2006, in corso di pubblicazione.
Per una visione, invece, dell’apprendistato nell’ambito delle problematicità dell’occupazione giovanile, Tiraboschi M., Il problema della occupazione giovanile nella prospettiva della (difficile) transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro, in Working Papers C.S.D.L.E., n. 76, 2005.
2) Si fa in particolare riferimento all’attività ermeneutica necessaria per individuare le norme che regolano attualmente il contratto di apprendistato, posto che alcune della previgente disciplina, non espressamente abrogate dal d.lgs. n. 276/2003, e non contrastanti con le nuove, continuano ad applicarsi.
3) Così una intera sessione del Convegno tenuto a Modena il 23-24 febbraio 2006 “Riformare le relazioni industriali- Luci ed ombre del caso italiano”
4) L’attenzione all’apprendistato professionalizzante, anche in settori dove veniva poco utilizzato (settore del credito), è dovuta non solo alla nuova veste che permette di assumere giovani sino ai quasi compiuti trenta anni e sino ai sei anni di durata, ma anche dal fatto che ora esso assurge ad unico contratto a contenuto formativo nel settore privato, essendo venuto meno il contratto di formazione e lavoro, a seguito, come noto, del riconoscimento di questo ultimo come forma surrettizia di aiuti di Stato da parte dell’Unione europea.
5) L’art. 13, comma 13-bis del D.L. n. 35/2005 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, legge 14 maggio 2005, n. 80, in DPL, 2005, 22, 1231), dispone: “All’articolo 49 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: ‘‘5-bis. Fino all’approvazione della legge regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale’’.
6) I testi dei contratti collettivi nazionali di categoria summenzionati, di cui questo contributo intende analizzare le clausole relative al contratto di apprendistato professionalizzante, sono reperibili alla voce “apprendistato” all’indirizzo internet www.csmb.unimo.it.
In merito ad un commento dell’intero CCNL bancari si rinvia a Giovani R., Il CCNL del credito, in DPL, n. 34, inserto. Invece, in ordine al CCNL Metalmeccanici, Falasca G., Metalmeccanici (Confindustria): al via l’apprendistato professionalizzante, in GL, n. 6, 2006, 86; nonché Muratorio A., L’apprendistato professionalizzante nel CCNL Metalmeccanici, in DPL, n. 8, 2006, 413. Sancio S., Il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, in DPL, n. 11, 2006, spec. 592-593
7) Non è possibile in tal sede approfondire le problematiche inerenti al riparto di competenze tra legge statale e legge regionale (o regolamentazione regionale), si rinvia, pertanto, a Scagliarini S., La disciplina del mercato del lavoro e la questione della ripartizione di competenze Stato-Regioni, in Tiraboschi M. (a cura di), La riforma Biagi del mercato del lavoro, Collana ADAPT – Fondazione “Marco Biagi”, n. 2, Giuffrè, Milano, 2004, 522.
È d’obbligo tuttavia ricordare che sul punto è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2005, che ha sancito, in virtù del principio di “leale collaborazione” tra le istituzioni, una costante interferenza di competenze tra legislazione statale e regionale in materia di formazione in apprendistato, seppur considerando questa di competenza del legislatore statale, poiché, riguardando un contratto di lavoro, rientrerebbe nelle materie riconducibili all’”ordinamento civile” (art. 117, lett. m, Cost.).
9) Per formazione formale si intende, all’art. 4, CCNL metalmeccanici, «il processo formativo, strutturato e certificabile secondo la normativa vigente, in cui l’apprendimento si realizza in un contesto formativo organizzato volto all’acquisizione di conoscenze e competenze di base, trasversali e tecnico-professionali”
10) Vale la pena qui solo accennare che alcuni CCNL hanno previsto altre clausole concernenti condizioni di ammissibilità per l’assunzione in apprendistato, come ad esempio quelle riguardanti il Ruolo autorizzatorio degli Enti Bilaterali, come il CCNL Terziario, ovvero deroghe al rapporto percentuale rispetto alle maestranze qualificate in azienda (mutuato dalla legge n. 25/1955) (es. CCNL porti che fissa il rapporto percentuale al 60% e non al 100%).
Per un’analisi completa dell’intervento della contrattazione collettiva dell’istituto dell’apprendisrtato si rinvia al saggio di Garofalo D., L’apprendistato tra sussidirietà verticale ed orizzontale, in Working Paper n. 14/2005 Adapt, in www.csmb.unimo.it; nonché, dello stesso Autore, l’intervento tenuto nel corso del Convegno ““Riformare le relazioni industriali- Luci ed ombre del caso italiano”, tenuto a Modena il 23 e 24 febbraio 2006.
11) CCNL Porti, CCNL Artigianato, ecc.
12) Si ricorda che una delle peculiarità del contratto di apprendistato risiede nelle modalità di recesso; infatti, fermo restando che il datore di lavoro possa licenziare il lavoratore per giusta causa o giustificato motivo durante il periodo in apprendistato, lo stesso può esercitare il recesso ad nutum ex art. 2118 c.c. al termine del periodo prestabilito. Non compiuta tale azione, il lavoratore risulta confermato stabilmente in azienda.
13) Interessante, è l’analisi compiuta da Rausei P., Apprendistato part-time: limiti quantitativi per l’assunzione, in DPL, n. 7, 2006, 357, in ordine alle problematicità nascenti da un rapporto di apprendistato a tempo parziale in ordine al computo del limite numerico di apprendisti in azienda.
14) Il Piano formativo individuale è un documento allegato al contratto di lavoro di apprendistato di particolare importanza, in quando è ivi determinato e descritto il percorso formativo, nella sua articolazione e nei suoi obiettivi, che deve compiere il giovane. Essendo parte integrante del contratto di apprendistato, deve essere redatto in forma scritta, pena la nullità dello stesso (sulla forma scritta del contratto di apprendistato, art. 49, comma 4, lett. a).
15) Contra Vallebona A., De Fusco E., Apprendistato professionalizzante e parere di conformità degli enti bilaterali, in GL, n. 41, 2005, 12.
* dottoranda di ricerca in relazioni di lavoro internazionali e comparate presso il Centro studi internazionali e comparati ‘Marco Biagi’, Università di Modena e Reggio Emilia