L’Istat ha pubblicato i primi risultati dell Censimento permanente delle imprese 2023, secondo cui si rileva che tra il 2018 e il 2021 le imprese diminuiscono dell’1,2% (-12mila), mentre aumentano del 3,8% gli addetti (+480 mila) e dell’11,6% il valore aggiunto. La dinamica è trainata dall’aumento dell’occupazione delle grandi imprese, mentre in termini di settori produttivo il terziario segna un lieve arretramento e le costruzioni avanzano sotto la spinta degli incentivi.
Rispetto al 2011, le imprese con 3 e più addetti diminuiscono del 2,5% a fronte di un aumento del 5,1% del personale in esse impiegato, con una flessione del numero di microimprese (con 3-9 addetti) e della relativa occupazione, sia in termini assoluti sia in relazione al loro peso sul complesso delle imprese. Nel 2011 le microimprese pesavano sul totale per il 79,9% e in termini occupazionali del 30,5%, nel 2018 si scende, rispettivamente, al 79,5% e al 29,5% e nel 2021 al 78,9% e al 28,1%.
Le piccole imprese (con 10-49 addetti) registrano un leggero aumento (+3mila unità in valore assoluto tra il 2011 e il 2021), ma diminuisce il loro peso occupazionale (26,4% nel 2011; 26,1% nel 2018; 25,7% nel 2021). Contestualmente, aumenta il peso occupazionale delle imprese di medie (50-249 addetti) e grandi dimensioni (con 250 e più addetti). In particolare, il peso delle medie imprese, in termini di occupazione, passa dal 16,0% del 2011 al 16,1% del 2018 al 16,9% del 2021, quello delle grandi dal 27,0% del 2011 al 28,3% del 2018 al 29,3% del 2021 (era il 26,8% nel 2001). Tale dinamica è trainata dalle imprese con 500 e più addetti che nel 2021 arrivano ad impiegare il 23,2% del totale degli occupati.
Le conseguenze economiche della crisi sanitaria – afferma Istat – hanno comportato un rallentamento del processo di terziarizzazione delle attività produttive: nel 2001 le imprese di 3 e più addetti appartenenti ai Servizi (incluso il commercio) costituivano il 58,8% del totale, nel 2011 il 65,6%, nel 2018 raggiungono il 70,4% mentre nel 2021 arretrano al 69,6%. Anche in termini occupazionali, il peso dei servizi (63,4% nel 2021) risulta più contenuto rispetto al 2018 (64,0%), sebbene continui ad impiegare circa i due terzi degli addetti totali. Tale risultato è riconducibile alle difficoltà incontrate dalle imprese di alcuni settori del terziario di tornare a livelli pre-pandemia. Si tratta, in particolare, delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (+41,3% di imprese e +16,7% di addetti tra il 2011 e il 2018) e dei servizi di alloggio e ristorazione (+23,3% e +28,6%) che tra il 2018 e il 2021 registrano un calo dell’occupazione pari rispettivamente al 10,7% e al 6,2%. Nel complesso i Servizi rilevano una diminuzione del 2,2% delle imprese e un aumento del 2,8% degli addetti.
Le imprese che operano nell’industria aumentano invece dell’1,3% e del 5,5% in termini di addetti, con un peso sul totale dell’economia pari al 30,4% delle imprese e al 36,3% degli addetti (era pari al 29,6% e al 36,0% nel 2018). Tale dinamica è attribuibile principalmente al comparto delle Costruzioni, interessato a partire dal 2020 dalle politiche di incentivi fiscali (superbonus 110%), che tra il 2018 e il 2021 presenta una crescita importante del numero di unità (+10,2% a fronte del -3,8% registrato dall’industria in senso stretto) e dei relativi occupati (+18,8% rispetto al +2,4% dell’Industria in senso stretto), arrivando a rappresentare il 12,0% delle imprese e il 7,8% degli addetti (a fronte del 10,7% e del 6,8% registrato nel 2018). Il settore delle costruzioni inoltre è l’unico in cui si registra un aumento del numero di imprese e dell’occupazione delle aziende micro: +6mila imprese e +38mila addetti.
Il rallentamento del terziario e l’espansione delle costruzioni avviene in un contesto in cui la quota di imprese appartenenti all’industria in senso stretto continua a diminuire (20,7% nel 2011, 18,9% nel 2018, 18,4% nel 2021). Tra il 2018 e il 2021 le imprese diminuiscono del 3,8% (-7mila imprese in valori assoluti). La contrazione dell’industria in senso stretto riguarda esclusivamente le realtà industriali di piccole e piccolissime dimensioni che, nel complesso, hanno fatto registrare una perdita di 46mila occupati (-4,7% degli addetti tra le microimprese e -0,5% tra le piccole). Crescono invece le medie (+8,1%) e grandi (+9,1%) imprese dell’industria in senso stretto e gli addetti in esse impiegati (+9,0% e +4,4%). Il bilancio occupazionale è dunque positivo per l’intero settore: +89 mila addetti rispetto al 2018 (+2,4%), un dato che, come analizzato in precedenza, risulta comunque inferiore a quanto rilevato dal comparto delle costruzioni.
Analizzando i singoli comparti industriali, in 12 divisioni su 24 appartenenti alla manifattura l’occupazione cresce. Il dato più alto riguarda il settore della fabbricazione di prodotti in metallo (+13,9% gli addetti tra il 2018 e il 2021), quello più contenuto la fabbricazione di macchinari e apparecchiature industriali e agricoli (+1,7%). In sette comparti cresce anche il numero di imprese. Positive anche le perfomance della fornitura di servizi di rete (+8,2% le imprese e +5,3% gli addetti). Tra i settori in contrazione sono numerosi i comparti tradizionali del Made in Italy, come il tessile (-12,5% e -7,6%) e la confezione di articoli di abbigliamento (-7,9% e -6,3%), dell’industria del legno (-14,2% e -7,4%) e della fabbricazione di mobili (-11,4% e -4,0%).
e.m.