I sindacati di categoria Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno indetto uno sciopero di otto ore nel settore del legno arredo per il prossimo 21 aprile con manifestazioni territoriali in sette città (Treviso, Forlì, La Spezia, Pesaro, Calangianus, Matera e Milano) a seguito dell’interruzione delle trattative con Federlegno per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto il 31 dicembre 2022 e che interessa 200mila addetti del comparto. Le manifestazioni saranno anticipate dai volantinaggi al Salone del Mobile di Milano, previsti già domani nell’area del Fuorisalone, dalle ore 18.00 alle ore 20.00 in via Durini.
I sindacati spiegano che lo sciopero è stato preceduto in queste settimane dal blocco degli straordinari e della flessibilità e dallo svolgimento di assemblee in tutti i luoghi di lavoro. “Si parla tanto del Salone del mobile e del prestigio di questo settore nel mondo, ma noi vogliamo ricordare che dietro tanta bellezza e qualità c’è la professionalità e il duro lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori del legno che attendono il rinnovo del loro contratto in momento economico assai complicato. Negli ultimi anni il settore ha realizzato fatturati da capogiro – proseguono – e non si riesce a capire perché Federlegno chieda il blocco del contratto per un anno negando di fatto ai lavoratori ogni miglioramento su orario, diritti e tutele mentre l’inflazione è alle stelle”.
Enormi, per i sindacati, le distanze con la controparte registrate in materia salariale, “su cui pesa inoltre l’indisponibilità a riconfermare il modello contrattuale consolidato dal 2016, che consentirebbe di recuperare per il 2022 in maniera più efficace il potere di acquisto per i lavoratori, con circa 130 euro di aumento della paga base”.
Tra le richieste ci sono la riduzione dell’orario di lavoro a pari retribuzione (da 40 a 38 ore, dedicando una parte alla qualificazione professionale) e una maggiore formazione per gli operai e gli impiegati di un settore che resta all’avanguardia in Italia.
“Non si può chiedere di applicare le regole solo quando fa comodo, ora che l’inflazione è alta le imprese devono riconoscere quanto dovuto. A queste condizioni – concludono – noi non ci stiamo”.
e.m.