È difficile prevedere che fine farà l’ex Ilva. Le incognite sono molte e, sembra, tutte impervie. L’ipotesi peggiore è quella della chiusura del sito produttivo di Taranto. Sarebbe la fine per 15mila famiglie, messe sul lastrico. Le alternative occupazionali alla siderurgia nella città pugliese praticamente non esistono. Qualcosa si può fare per risollevare l’economia della città, e ci si sta già, anche qui forse, pensando, ma non si tratta comunque di soluzioni risolutive.
In un modo o nell’altro bisogna sperare che la produzione di acciaio continui. Il problema è chi comanderebbe questa nuova partenza. Sui Mittal è meglio non contarci troppo. Troppo esposti, invischiati in una rete dalla quale non possono uscire, non agevolmente, non in modo da poter ricominciare. Alternative imprenditoriali però non sembra essercene molte, né italiane, né straniere. Almeno per ora, quindi non in tempi utili per non far crollare l’intero castello.
Resta sul tappeto l’idea della nazionalizzazione. Era un’azienda pubblica, poi è stata privatizzata, sappiamo con quali esiti. Nulla vieterebbe di tornare indietro, se non che nell’immaginario collettivo le nazionalizzazioni vengono indicate come il peggiore dei mali possibili. Anni e anni di spinte alle privatizzazioni hanno lasciato il segno. Del resto, le partecipazioni statali furono praticamente chiuse quando erano diventate un peso insopportabile, mangiavano soldi dello Stato senza fondo e non riuscivano a produrre. Un peso di cui bisognava liberarsi, e così fu.
Ma forse bisognerebbe ricordarsi degli anni belli, quando, negli anni 60 e 70 le aziende pubbliche erano una vera eccellenza. La formula Iri era studiata in tutte le università del mondo, venivano delegazioni tutti i giorni da molto lontano per capire come facevano quelle aziende pubbliche a funzionare così bene, a fare profitti, a spingere per l’industrializzazione dell’Italia. E l’Eni non era da meno se era riuscita a scalfire (e forse anche qualcosa in più) il potere delle grandi multinazionali statunitensi del petrolio, le mitiche Sette sorelle.
Poi la mano pubblica cominciò a pesare, gli interventi imposti a salvataggio dell’impossibile a moltiplicarsi. I conti iniziarono a sballare, si persero anche le capacità manageriali, svanì l’energia vitale che sapevano esprimere e che era stata tanto forte da trainare tutto l’apparato imprenditoriale italiano. Si chiusero le partecipazioni con sollievo generale. Ma quello spirito non è mai morto. A ben vedere in Italia oggi investono potentemente quasi solo le aziende ex pubbliche. Eni, Enel, Leonardo, Fincantieri, Terna, Poste italiane, Ferrovie dello Stato, sono questi, tra gli altri, i gioielli dell’industria e dei servizi italiani. Sono loro che rispondono positivamente alla richiesta, fortissima, di investimenti. I privati per lo più fanno altro, pensano alla finanza, quando possono vendono agli stranieri. Non tutti ovviamente, le esperienze positive ci sono e sono loro a far galleggiare l’economia italiana, ma le vere eccellenze sono quasi tutte di proprietà pubblica.
Con questo non voglio dire che le nazionalizzazioni siano il nostro futuro. Le ragioni che ci hanno spinto alla privatizzazione sono tante e tuttora molto valide, ma non dobbiamo dimenticare che a Taranto si sta vivendo una vera emergenza, economica e soprattutto sociale. E allora eliminare dalle possibilità di intervento la strada della nazionalizzazione potrebbe essere un errore. Certo, sarebbe una strada impervia. Servirebbero grandi capacità manageriali, ma le partecipazioni statali sono state sempre capaci di esprimerle. Negli anni passati hanno fatto grande l’Italia consentendone lo sviluppo, adesso sono le aziende pubbliche a investire e a guadagnare. I loro bilanci sono in attivo, e anche in misura consistente.
Servirebbero però tanti soldi, è vero, almeno quanto ci avrebbero messo i Mittal, miliardi di euro, e per questo il ministro dell’Economia sconsiglia questa possibilità. Ma nel conto vanno considerato anche i costi sociali, altissimi, che verrebbero una volta che la bomba di Taranto esplodesse. E come dimenticare che la siderurgia è vitale per l’economia di un paese altamente industrializzato come il nostro? L’Italia ha bisogno dell’acciaio, oggi come lo aveva quarant’anni fa. Sarebbe un investimento strategico, non certo come quello per l’Alitalia, per la quale peraltro nessuno teme di impegnare lo Stato.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Nel settore dei trasporti è stato firmato un accordo tra Trenitalia e i sindacati di categoria per 400 nuove assunzioni. Di queste 293 saranno impiegate sui treni, 66 nella manutenzione dei mezzi e 41 nel settore commerciale, tra vendita e assistenza. Con l’accordo l’azienda si impegna a fare ulteriori investimenti per i prossimi tre anni. Nel comparto bancario i sindacati di categoria hanno sottoscritto un accordo che garantisce l’applicazione del contratto complementare del credito ad Exetra S.p.A. Exetra è una nuova società controllata e partecipata all’ 85% da Intesa Sanpaolo, che svolge attività di compravendita di beni mobili di consumo e trading commerciale. Nel commercio si è svolto un nuovo incontro per il rinnovo del contratto integrativo tra i sindacati e Unicoop Tirreno. Nella seduta la cooperativa ha presentato i nuovi modelli di organizzazione del lavoro. I sindacati hanno inoltre chiesto garanzie rispetto alla continuità sia occupazionale che del perimetro commerciale attualmente operativo. Inoltre con un accordo firmato tra i sindacati di categoria e l’azienda Gustofast è stato stabilito che ai lavoratori dell’area di servizio Secchia Est di Modena e di San Nicola Ovest di Caserta sarà applicato lo stesso contratto.
Interviste
Fernando Liuzzi ha intervistato Gianni Venturi, responsabile siderurgia della Fiom-Cgil, sulla vicenda Ilva. Venturi ribadisce la validità dell’accordo del settembre 2018, assieme alla centralità dell’intero gruppo siderurgico nella struttura della nostra industria manifatturiera, e indica quali misure siano più urgenti per combattere l’inquinamento provocato per anni dallo stabilimento di Taranto.
Tommaso Nutarelli ha intervistato Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem-Cgil. Falcinelli fa il punto sullo stato di salute delle relazioni industriali del settore, dopo il rinnovo del contratto gas e acqua, che ha seguito quello del petrolio e degli elettrici. Sempre Nutarelli ha intervistato Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit-Cisl, che analizza le criticità presenti nel settore dei trasporti. Accanto alle molte vertenze, spiega Pellecchia, serve un sistema di regole e appalti più chiaro e rilanciare con forza il rinnovo dei contratti. E ancora Nutarelli ha intervistato Nicolò Montesi, portavoce dell’Associazione Nazionale Autonoma Riders. Al Diario del lavoro Montesi spiega quali sono gli elementi che continuano ad alimentare una narrazione distorta e parziale del mondo dei rider.
Interviste video
Il direttore de Il diario del lavoro Massimo Mascini ha intervistato il presidente di Manageritalia Guido Carella. In quest’intervista Carella delinea l’ottimo stato di salute del sindacato che riunisce i manager del turismo, del commercio e del terziario, in vista dell’imminente congresso quadriennale.
Servizio a cura di Emanuele Ghiani
Analisi
Maurizio Ricci spiega come “il centro” stia diventando sempre di più un miraggio nella politica italiana, e non solo. Un’isola che non c’è inseguita da molti, ma difficile da trovare. Un elemento la cui scomparsa mette a rischio la democrazia.
Alessandra Servidori ci parla della proposta di legge avanza dal Parlamento polacco che criminalizza l’educazione sessuale in Polonia. Una proposta che il Parlamento europeo ha chiesto che venga respinta, in quanto lede la libertà individuale e di insegnamento, gettando i giovani polacchi in un’oggettiva insicurezza verso le patologie sessuali senza un’adeguata educazione.
Il guardiano del faro
Marco Cianca racconta la banale profondità del male che contraddistingue i nostri tempi. Non sono in pochi, afferma Cianca, coloro che sostengono che a muovere le leve economiche e politiche sia davvero una cupola pluto-giudaica-massonica. E non manca chi afferma che le minacce a Liliana Segre siano state volutamente enfatizzate per creare un caso.
I blog del Diario
Giuliano Cazzola spiega come il caso Taranto è un’immagine dell’Italia, dove sembrano essere in azione, congiuntamente, i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse: l’insipienza della politica, l’inefficienza della pubblica amministrazione, l’interventismo anomalo della magistratura, il disorientamento dell’opinione pubblica.
Paolo Pirani sottolinea la necessità di rilanciare il paese. Per Pirani bisogna tornare a crescere, tornare a dare peso ai progetti di sviluppo, tornare a fare del confronto con i corpi intermedi da parte delle Istituzioni anche un pilastro per combattere gli estremismi di tutti i generi, da quelli nostalgici al razzismo.
Diario della crisi
I sindacati degli edili, Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal Uil, sono scesi in piazza per chiedere il rilancio del settore e lo sblocco di numerosi cantieri. Si è svolto al Mise un nuovo incontro tra i sindacati di categoria e Pernigotti. I sindacati chiedono maggiori garanzie sul piano industriale per il rilancio dell’attività.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il testo dell’ipotesi di accordo del contratto gas-acqua, il testo dell’accordo per nuove assunzioni in Trenitalia, il documento dell’accordo di Exetra e il rapporto dell’Istat sulla produzione industriale. Inoltre si sono svolte tutta una serie di audizioni sulla Legge di Bilancio. In merito si possono visualizzare il testo delle audizioni della Corte dei Conti, dell’Ufficio parlamentare di bilancio, del Cnel e di Bankitalia.