Dal 1 al 21 agosto il lavoratori degli uffici postali di Veneto ed Emilia Romagna cesseranno ogni prestazione straordinaria e aggiuntiva, compresa la flessibilità operativa del personale addetto al recapito e il conto ore del personale addetto allo sportello. Ad annunciarlo sono le segreterie regionali di Slc-Cgil, Slp-Cisl e Failp Cisal, che denunciano una situazione caratterizzata da carenze di personale, precarietà e peggioramento delle condizioni di lavoro.
Per l’Emilia Romagna, le sigle sindacali affermano infatti che, nonostante i precedenti scioperi “l’azienda non ha dato risposte positive alle richieste dei lavoratori e alle gravi carenze di personale in tutti gli ambiti produttivi e lavorativi presenti in regione (recapito, logistica e smistamento, uffici postali). Carenza di personale dimostrata dal fatto che sono tuttora in servizio centinaia di lavoratori con contratto a tempo determinato”. Le richieste avanzate dai sindacati sono principalmente tre: trasformazione dei part-time a full time, mobilità professionale verso la sportelleria, verifica e rivisitazione del progetto della consegna della corrispondenza a firma inesitata.
Anche sul fronte veneto le proteste non mancano. “Non passa giorno senza che il disservizio postale conquisti titoli sui giornali – sottolinea la Slc-Cgil del Veneto – Ma i cittadini lo devono sapere che lo scadimento del servizio va di pari passo con il peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti delle Poste: pochi, malpagati, con un’azienda che pretende senza dare”. Anche per quanto riguarda l’orario di lavoro “è diventato un optional rispetto a pretese di una prestazione progettata a tavolino, ma impraticabile nella realtà, con ritmi che, per chi circola su un motorino per recapitare la posta, si traducono in costante repentaglio della sicurezza e della vita”.
“Gli stabilimenti postali – prosegue la sigla di categoria – sono diventati vere ‘fabbriche’, ma di disorganizzazione. Dietro l’angolo c’è sempre una nuova ristrutturazione per ridurre le teste, peggiorando la qualità del servizio”. Non gode di miglior salute il settore impiegatizio, “per il quale la riduzione del personale va di pari passo con l’aumento della domanda di fatturato sulle attività commerciali, sacrificando gli ultimi residui di socialità del servizio, mentre è sempre più a repentaglio l’apertura mattutina degli uffici. L’uso disinvolto del precariato, ormai incoraggiato da una legislazione sempre più orientata alla distruzione di lavoro stabile, ha passato ogni limite, senza offrire a questi lavoratori – ormai, sempre più spesso, neanche giovanissimi – sbocchi occupazionali fissi”.