Il centro studi di Confcommercio prevede per il primo trimestre una significativa frenata del Pil al 2,4%, con l’inflazione che su base annua ha raggiunto, a febbraio, il 6%, a causa dell’incertezza economica innescata dal conflitto. Per la vicepresidente con delega per lavoro e welfare, Donatella Prampolini, l’aumento dell’inflazione e il balzo dei beni energetici sono la tempesta perfetta sulla timida ripresa post pandemia. Servizi e commercio, spiega, ne risentiranno molto più di altri settori.
Prampolini quali sono le prospettive per la nostra economia?
Ci troviamo al centro di una tempesta perfetta, con l’aumento dell’inflazione e il conseguente calo del potere d’acquisto, l’abbassamento della fiducia di imprese e consumatori e il caro energia aggravato dal conflitto ucraino. A queste condizioni, il 2022 così come il 2023 non saranno anni facili, con il Pil in forte rallentamento. I consumi interni sono a forte rischio e di conseguenza i servizi e il commercio
Quando sta incidendo la salita vertiginosa dell’energia?
L’impennata dei costi dei beni energetici ha già un effetto devastante su molte realtà produttive, penso al turismo che con fatica stava uscendo dalla pandemia, ma anche a quello dei supermercati. Hotel, ristoranti e appunto i negozi che vendono generi alimentari, sono imprese fortemente energivore, benché non rientrino in questa categoria.
Si stanno registrando anche rincari per i beni alimentari?
Anche su questo versante stiamo già riscontrando gli aumenti. Per alcune filiere si temono rincari anche del 10%. Basti pensare che noi importiamo dall’Ucraina numerose quote di olio di girasole. Anche la produzione di cereali che abbiamo in Italia copre meno del 50% del nostro fabbisogno. Certo non manca una certa dose di speculazione se pensiamo che i prezzi dei cereali sono aumentati il giorno dopo lo scoppio del conflitto. È molto strano che la nostra industria cerealicola non avesse delle scorte per resistere anche poche settimane.
Come mitigare gli effetti di questa crisi sul mercato del lavoro?
Il prolungamento della cassa integrazione covid è sicuramente uno strumento utile, che consentirà ad alcune aziende, soprattutto del tessuto industriale, di congelare la produzione e quindi limitare i danni e aspettare tempi più propizi. Ma si tratta di uno strumento che non idoneo per tutti i tipi di imprese. Il commercio al dettaglio, bar, ristoranti non possono permettersi di stare chiusi per delle settimane come quando c’era il blocco a causa del covid.
La strategia sin qui adottata è sufficiente?
Viviamo una situazione emergenziale straordinaria che richiede risorse ottenibili solo attraverso uno scostamento di bilancio. I denari messi nel decreto energia sono pannicelli caldi, pezze che possono mettere una toppa nell’immediato, ma non nel medio-termine, dove poi dovremo ripensare interamente la nostra politica energetica, dipendendo totalmente dalle importazioni.
Tommaso Nutarelli