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Prampolini (Confcommercio), vogliamo un contratto al passo coi tempi, ma i sindacati sono indisponibili. Governo, bene la manovra, no ai tavoli troppo affollati

Tommaso Nutarelli
Ottobre30/ 2023

Un contratto che vuole essere al passo con i tempi deve rinnovarsi   in tutti i suoi aspetti. E’ questa la filosofia di Confcommercio, espressa dalla vicepresidente, Donatella Prampolini. La nostra disponibilità a riprendere il confronto con il sindacato c’è, a patto che si metta mano non solo all’aspetto economico ma anche normativo. Per il futuro la cosa più difficile è fare previsioni, vista la fluidità e l’instabilità del contesto internazionale, afferma Prampolini. La chiave per la crescita deve partire da una nuova stagione di dialogo, in un rapporto non conflittuale con il governo. L’avvio di una fase di concertazione che unisca istituzioni e parti sociali maggiormente rappresentative.

 Prampolini la trattativa per il rinnovo del contratto del commercio si è interrotta. Perché?

La trattativa non è mai entrata nel merito delle questioni. Abbiamo portato la discussione anche a livelli più alti, con i nostri vertici e i segretari generali, ma siamo stati costretti a registrare l’indisponibilità del sindacato ad andare avanti.

Su quali punti?

Noi vogliamo un contratto al passo con i tempi. Un contratto che sappia difendersi dalla contrattazione in dumping, ma anche da chi professa il salario minimo. Questo può essere fatto non solo mettendo mano alla parte economica, ma anche a quella normativa. Lo scorso anno abbiamo accettato di toccare unicamente il lato retributivo. Ma è un’operazione che non deve ripetersi. Se il sindacato vuole intraprendere questa via, noi siamo disponibili fin da subito a recuperare il confronto che loro hanno interrotto, ma non accettiamo un rinnovo che guardi unicamente al salario.

A che cosa è dovuto questo stallo?

Penso che questa interruzioni sia dovuta alle tensioni che ci sono in questo momento al livello confederale, e che si stanno ripercuotendo sui tavoli negoziali, nel nostro settore e altrove. Credo che all’interno del fronte sindacale ci siano sensibilità diverse, ma alla fine è emersa una linea unitaria che poi ha portato alla rottura del tavolo.

Che giudizio dà alla manovra?

Viste le risorse a disposizione il giudizio è positivo. Non può essere alto, ma hanno speso i soldi meglio di altri governi. La riforma delle aliquote Irpef è un primo passo, ma molto importante, perché mette mano a sistema ormai datato che deve essere rivisto, e va verso una riforma strutturale. Altro punto da non trascurare è il taglio del cuneo fiscale. Certamente questo è solo per un anno e non è permanente. Poi il fatto che non è prevista la detassazione per i rinnovi contrattuali è una cosa che non ci fa piacere. In questo modo si sarebbe data una mano alle imprese, che in questo momento fanno più fatica a sostenere gli aumenti retributivi, e con lo sblocco dei contratti si sarebbero messi più soldi in tasca ai lavoratori per far ripartire i consumi.

Quali sono le previsioni per il futuro, alla luce della recrudescenza del conflitto in Medio Oriente?

La cosa peggiore è che in questo momento non si possono fare previsioni. I mercati non sono facilmente leggibili. I consumi e gli investimenti sono frenati dal caro energia, che colpisce famiglie e imprese, e dall’inflazione, che non è più a doppia cifra, ma resta comunque a un livello di guardia. Per il 2024 avevamo ipotizzato un allentamento della morsa inflattiva, ma il conflitto nella Striscia di Gaza rende il quadro più incerto. Durante l’estate c’era stata una boccata di ossigeno per i consumi, ma con l’autunno le cose sono subito peggiorate.

Come dare respiro alla crescita, vero limite del paese?

Credo che sia importante riprendere un confronto non conflittuale con il governo. Abbiamo molte proposte per eliminare tutte le strettoie che rallentano la crescita o rendono difficile una vera messa a terra dei fondi del Pnrr. Sarebbe un bene per il paese se ci fosse più dialogo.

Ipotizza un ritorno alla concertazione o a un nuovo patto sociale?

Va bene un ritorno alla concertazione o a un patto sociale, a secondo della terminologia che si vuole usare, ma il punto è che questo confronto, che deve svilupparsi più su temi, deve coinvolgere solo le parti sociali più rappresentative. Basta con tavoli con troppi invitati.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Giornalista de Il diario del lavoro.