Memorizzate questo termine: “tempo di attraversamento”. Se la grande occasione del Recovery Fund si risolverà in un flop, perché continuerà ad essere normale impiegare 11 anni a realizzare un investimento pubblico da più di 5 milioni di euro, la colpa sarà proprio dei tempi di attraversamento. Non di appalti troppo complicati o procedure di trasparenza troppo occhiute, come piace dire ai dirigenti della Lega o di Forza Italia: avviare un’opera con un negoziato diretto fa risparmiare, rispetto ad una normale gara di appalto competitiva, meno di 30 giorni, su un arco complessivo di 5 anni per la realizzazione dell’opera. Il problema, invece, è “attraversare” la palude di bolli, firme, controfirme, pareri, timbri, certificati che qualsiasi opera pubblica deve superare e che, da sola, mangia quasi metà del tempo necessario alla realizzazione. Ma semplificare la burocrazia è solo metà della ricetta. Bisogna anche migliorarla: se sui cinque anni di faticosa avanzata dell’investimento pubblico, più di due passano, prima ancora di pensare all’appalto, per progettarla, c’è anche un problema di progettisti: geometri, ingegneri, architetti. Dove ci sono, il progetto viaggia più spedito anche di sei mesi.
A cronometrare il lento progresso degli investimenti pubblici, in particolare quelli foraggiati anche con fondi europei, è una ricerca dell’Ufficio studi di Bankitalia sulle opere avviate dai Comuni. Ne risulta che per realizzare un’opera pubblica il Comune impiega appena meno di 5 anni. Un po’ più di due per progettarla, sei mesi per decidere chi la costruisce, un anno e mezzo per realizzarla, quattro mesi per arrivare al collaudo. Attenzione, però. Una fetta cospicua del tempo viene assorbita non dal lavoro vero e proprio sui lucidi del progetto, sulle procedure di appalto, nei cantieri. Quasi due anni, cioè il 40 per cento del tempo totale, viene assorbito non dal lavoro, ma dal passaggio da una fase ad un altra: l'”attraversamento” dal progetto all’appalto, da questo al cantiere.
Il rallentamento diventa vistoso nel caso della progettazione. Qui ci sono tre passaggi: il progetto preliminare, quello definitivo e quello dettagliato. Le pause fra il momento in cui il preliminare è pronto, ma al definitivo ancora non si è messo mano e fra la conclusione del definitivo e l’inizio della stesura del dettagliato assorbono un tempo superiore a quello che si impiega nella progettazione: senza queste pause di attraversamento della burocrazia, il tempo fra l’idea del progetto e l’avvio della procedura di appalto si restringerebbe da due anni a dieci mesi.
Lo studio spiega che la burocrazia incide sul 60 per cento degli scostamenti fra i tempi previsti e i tempi effettivi della realizzazione di un’opera pubblica. Anzi, nel 42 per cento dei casi, la valutazione di impatto ambientale piuttosto che i certificati di collaudo o il protocollo della documentazione sono anche l’unico motivo del ritardo.
I tempi di attraversamento sono lievemente inferiori al Centro Nord (1,5 anni) rispetto al Mezzogiorno (1,9 anni). Ma le opere pubbliche è più facile che si incaglino al Sud. Solo un terzo delle opere pubbliche censite da Bankitalia è nel Sud, ma sono nel Sud i tre quarti di quelle che risultano incompiute. Su tempi e carenze incide, comunque, non solo la quantità di burocrazia, ma anche la sua qualità.
Ad esempio, più grande un Comune (e, quindi, presumibilmente meglio attrezzato come personale) più rapidi si va: si recupera, dice la ricerca, fino al 15 per cento di questi famigerati tempi di attraversamento. E’ il problema della eccessiva dispersione delle stazioni appaltanti, che più sono piccole, più hanno difficoltà a gestire i progetti. E più sono piccole, meno dispongono di competenze specifiche sul lavoro. Lo studio documenta che dove aumenta il numero di laureati nei ranghi dei dipendenti il risparmio di tempo da progetto a collaudo arriva fino a sei mesi.
La competenza non riguarda peraltro soltanto i tecnici. Anche i politici. Un sindaco esperto, ovvero non al suo primo mandato, può tagliare i tempi di realizzazione dell’opera di due-tre mesi. Ma anche chi non viene dai ranghi della politica tradizionale porta un beneficio aggiuntivo. I sindaci donna, dice lo studio Bankitalia, sono più rapidi dei colleghi maschi di circa tre mesi.
Maurizio Ricci