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Home - Rubriche - Giurisprudenza del lavoro - No allo spezzatino delle comunicazioni dei licenziamenti collettivi

No allo spezzatino delle comunicazioni dei licenziamenti collettivi

di Biagio Cartillone
8 Aprile 2022
in Giurisprudenza del lavoro
Il decreto Cura Italia non impedisce il licenziamento per superamento del periodo di comporto

No allo spezzatino delle comunicazioni dei licenziamenti collettivi. L’elenco dei licenziati deve essere trasmesso con immediatezza e completezza, in unica soluzione.

La norma: art. 4 comma 9 della legge 223/1991:

“9. Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l’elenco dei lavoratori licenziati, con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2”.

Il caso.

La Corte di Appello di Palermo ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore all’esito della procedura di mobilità; in conseguenza ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento comunicato dal datore di lavoro e ha condannato l’azienda al pagamento a favore del lavoratore di una indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita. La Corte di Appello ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento perché il datore di lavoro non ha tempestivamente ed in modo esauriente comunicato all’ufficio del lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego e alle Associazioni di categoria l’elenco dei lavoratori licenziati all’esito dell’espletamento della procedura di licenziamento collettivo. L’elenco dei lavoratori licenziati è stato comunicato dall’azienda con diverse lettere che si sono succedute nel tempo. La comunicazione, che conteneva il nome del lavoratore che ha proposto il ricorso giudiziario, è stata ritenuta inidonea “sotto i profili di trasparenza informativa, completezza contenutistica e di rispetto della rigida scansione procedimentale, a consentire un adeguato controllo alle parti sociali e alle amministrazioni interessate, non costituendo essere reale provvedimento terminale della procedura collettiva”. Conseguentemente la Corte di Appello, accertata la violazione formale della procedura del licenziamento collettivo, ha riconosciuto al lavoratore il diritto a percepire l’indennità di 18 mesi della sua retribuzione globale di fatto percepita, senza la reintegrazione nel posto di lavoro. Contro questa decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso in Cassazione l’azienda assumendone l’erroneità per violazione di legge.

La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso aziendale con la motivazione che riportiamo. “Ebbene, secondo il consolidato di questa Corte, in tema di licenziamenti collettivi, il requisito della contestualità della comunicazione del recesso al lavoratore e alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro, richiesto a pena d’inefficacia del licenziamento medesimo, non può che essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido ed analitico, e con termini molto ristretti, nel senso di una necessaria ed ineliminabile contemporaneità delle due comunicazioni la cui mancanza può non determinarne l’inefficacia, solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, da comprovare dal datore di lavoro. Ed ancora, in tema di licenziamento collettivo (secondo la disciplina antecedente alle modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n. 92, la contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell’elenco dei dipendenti licenziati e dei criteri di scelta, richiesta, a pena di inefficacia del licenziamento, dall’art. 4, nono comma I. 223/1991, si giustifica al fine di consentire alle organizzazioni sindacali (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo sulla correttezza nell’applicazione dei menzionati criteri da parte del datore di lavoro, anche al fine di sollecitare, prima dell’impugnazione del recesso in sede giudiziaria, la revoca del licenziamento eseguito in loro violazione: con la conseguenza che la funzione di tale ultima comunicazione implica che non possa accedersi ad una nozione “elastica” di contestualità, riferita anche alla data in cui il licenziamento abbia effetto, dovendosi ritenere irragionevole che, per non incorrere in una decadenza dal termine stabilito dall’art. 6 I. 604/1966, il lavoratore debba impugnare il licenziamento senza la previa conoscenza dei criteri di scelta.

Tale insegnamento è stato più recentemente ribadito, con la conferma che, in tema di licenziamento collettivo, il termine di sette giorni previsto dall’art. 4, nono comma I. 223/1991, siccome modificato dalla I. 92/2012, per l’invio delle comunicazioni ai competenti uffici del lavoro ed alla Commissione regionale per l’impiego nonché alle organizzazione sindacali, debba intendersi come cogente e perentorio, così come era stato interpretato il requisito della “contestualità” nel regime anteriore alla riforma del 2012, che ha inteso superare le precedenti possibili discrasie nella individuazione concreta di un parametro congruo assegnando un termine certo (Cass. 13 novembre 2018, n. 29183; Cass. 14 ottobre 2019, n. 25807). In particolare, tali ultime sentenze hanno affermato come il carattere cogente e perentorio del termine comporti, in caso di violazione, l’invalidità del licenziamento, a prescindere dalla circostanza che i lavoratori abbiano successivamente avuto conoscenza di tutti gli elementi che la comunicazione deve comunque avere ovvero che non sia stato dimostrato il danno derivante dalla mancata comunicazione; atteso che detta comunicazione è finalizzata a consentire alle organizzazioni sindacali (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo tempestivo sulla correttezza procedimentale dell’operazione posta in essere dal datore di lavoro, anche al fine di acquisire ogni elemento di conoscenza e non comprimere lo spatium deliberandi riservato al lavoratore per l’impugnazione del recesso nel termine di decadenza di cui all’art. 6 I. 604/1966). ” (Cassazione sezione lavoro ordinanza numero 10.120 pubblicata il 29 marzo 2022).

Il commento

Il datore di lavoro non poteva comunicare all’Ufficio del lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego e alle Associazioni di categoria, i lavoratori licenziati in diverse soluzioni; la comunicazione doveva essere unica e completa. Nel caso in esame, l’azienda avrebbe dovuto, entro 7 giorni dalla comunicazione del primo licenziamento assolvere questo obbligo che non poteva parcellizzare in tante singole comunicazioni, ciascuna limitata ai lavoratori in quel momento licenziati ma doveva essere completa, così da esprimere l’assetto definitivo sull’elenco dei lavoratori da licenziare e sulle modalità di applicazione dei criteri di scelta.

La violazione della procedura ha comportato il diritto del lavoratore a percepire l’indennità risarcitoria, stabilita dalla Corte di Appello nella misura delle 18 mensilità di retribuzione, ma senza la reintegrazione nel posto di lavoro, che è prevista solo nel caso in cui vi sia violazione dei criteri di scelta.

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Biagio Cartillone

Avvocato, Giuslavorista del Foro di Milano - www.biagiocartillone.it

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