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La povertà in Italia, di Chiara Saraceno, David Benassi, Enrica Morlicchio. Edizioni Il Mulino

di Elettra Raffaela Melucci
15 Settembre 2023
in La biblioteca del diario
La povertà in Italia, di Chiara Saraceno, David Benassi, Enrica Morlicchio. Edizioni Il Mulino

La povertà è categoria universale e particolare dello spirito, logica ed economica, che entra in dialettica con le altre categorie per produrre la Storia dell’uomo e quindi del mondo. Per produrre il sapere, che una volta acquisito prepara all’azione. Quello che manca nella nostra contemporaneità, o forse è sempre mancato per una buona maggioranza della popolazione di ogni tempo, è proprio la consapevolezza della categoria povertà, delle sue strutture e sovrastrutture, delle sue definizioni e meccanismi interni che pure regolano i trascorsi, i corsi e i ricorsi della Storia, toccandoci tutti molti da vicino, direttamente e indirettamente. Questa consapevolezza è difficile da raggiungere, sebbene esperita quotidianamente da una larga fetta di popolazione, ma la ricerca sistematica e lo studio comparato, scevri dalle compromissioni personali e dagli apparati ideologici, hanno proprio la funzione di squarciare il velo della misconoscenza del fenomeno. Proprio su questa scia, il saggio La povertà in Italia, scritto a Chiara Saraceno, David Benassi ed Enrica Morlicchio, sociologi e studiosi di lungo corso, edito da Il Mulino nel 2022, ha proprio la funzione di analizzare la povertà in tutti i suoi aspetti, attraverso indagini statistiche, ricostruzioni storiche e riferimenti bibliografici armonizzati in una riflessione di ampio respiro sullo stato di un fenomeno più chiacchierato che efficacemente agito dagli attori politici.

Il libro è la traduzione dall’inglese di una ricerca iniziata nel 2018 e aggiornata per l’Italia nei suoi contenuti allo scoppio della pandemia da Covid-19, «che ha portato a una nuova crescita della povertà e delle diseguaglianze sociali ed economiche, approfondendo quelle esistenti e creandone di nuove» sulla scia della grande crisi cominciata nel 2008. Fondamentale per orientarsi in questo lungo ragionamento è la definizione di regime di povertà posta in apertura del primo dei sei capitoli che compongono il volume: «Una specifica combinazione di strutture familiare, sistemi di welfare, caratteristiche del mercato del lavoro formale e informale e dei sistemi di relazioni industriali, con le loro aspettative implicite ed esplicite relative alla solidarietà familiare, all’equilibrio tra responsabilità pubbliche e private (familiari, comunitarie e di volontariato), alla distribuzione dei carichi lavorativi e di cura in base al genere. L’incidenza della povertà, la sua composizione e le modalità e la frequenza con le quali si manifesta dipendono dalla peculiare combinazione e interazione di questi fattori in un determinato contesto e in uno specifico momento storico». È esattamente in queste righe che si concentra il cuore della ricerca, che prende le mosse dall’ampio perimetro del contesto europeo – fornendo una specifica cornice del fenomeno utilizzando proprio il regime di povertà come strumento analitico, ispirato alla “concettualizzazione delle forme di integrazione fra economia e società e elative istituzioni” – per concentrarsi in maniera più corposa – in quattro di sei capitoli totali – sulla situazione italiana. Proprio per quanto riguarda il contesto nostrano, gli autori rilevano e confermano quello che ormai è un leitmotiv delle indagini socio-economiche e antropologiche: l’ampio divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno del Paese, un divario che le politiche sociali e industriali, dal boom economico in poi, hanno provato a colmare ma che l’eccesso di prudenza, la frammentarietà e la discontinuità degli interventi e un certo grado di disattenzione hanno contribuito ad allargare in maniera drammatica e probabilmente irreversibile. Nel complesso, e quindi in maniera più drammatica al Sud, sono lavoratori poveri, minorenni e migranti a essere al centro del regime di povertà italiano, caratterizzato da «insufficiente domanda di lavoro in un’economia sempre più fragile e globalizzata, elevata incidenza di bassi salari in un quadro di indebolimento dei sindacati, forte divisione di genere all’interno del nucleo familiare sia nel lavoro retribuito che nel lavoro non retribuito (aggravata dalla scarsità delle politiche di conciliazione), bassi livelli di defamilizzazione tramite le politiche pubbliche, e un sistema di welfare frammentato che spesso non protegge se non minimamente le persone più povere».

In questo contesto, nel sesto capitolo del libro, gli autori parlano di uno «sviluppo tardivo delle politiche di contrasto della povertà». Innanzitutto perché «lo Stato gioca un ruolo limitato nella protezione contro tutti i tipi di rischi sociali, inclusa la povertà economica» per via del «fenomeno di forte incidenza delle pensioni sul totale della spesa sociale», lasciando poche risorse per la copertura di altri rischi sociali. Dalla crisi finanziaria alla pandemia da Covid-19, quindi, si è assistito a un cambiamento nella composizione demografica dei poveri, in cui sono i giovani e le famiglie straniere residente ad aver subito di più gli effetti negativi. Un altro aspetto significativamente negativo di questa strategia, benché negli anni ci sia stato un incremento di spesa per il sostegno alle famiglie con figli e ai redditi bassi, riguarda la ripartizione delle competenze tra lo Stato centrale e gli organi di governo locali, cui si sommano comunque calanti finanziamenti nel tempo e differenze territoriali in termini di reddito e ricchezza (per cui il gradiente regionale finisce col sovrapporsi al gradiente di povertà). Ma è proprio quell’eccessiva frammentazione ed eterogeneità delle misure di protezione sociale a incidere in maniera più significativa – il SIA, le varie Social Card, il Rei, il Rdc, il Rem, misre tra l’altro cancellate dall’attuale governo – che hanno così generato una categorizzazione di poveri “meritevoli” e poveri “non meritevoli” per l’eccesso di clausole e gli stringenti parametri all’accesso, con conseguenze di rabbia sociale e lotta tra ultimi e penultimi. «La vecchia tentazione di distinguere tra poveri “meritevoli” e “non meritevoli” e il timore che qualsiasi misura di sostegno sarebbe stata sfruttata da non meritevoli free riders hanno trovato nuovo carburante nel sentimento generale di insicurezza. In questa prospettiva, attingendo dal titolo del noto film western di Sergio Leone, Il buono, il brutto e il cattivo, si può dire che nel discorso pubblico sono emerse tre diverse categorie di poveri: i buoni, i poveri rispettabili le famiglie con bambini piccoli, gli instancabili lavoratori poveri che non chiedono nulla e i pensionati a basso reddito costretti a frugare nei cassonetti; i brutti, senzatetto alcolisti o tossicodipendenti, migranti maschi mal vestiti che vendono fazzoletti o puliscono i parabrezza delle auto ai semafori, e rom che chiedono soldi per le strade e vivono nelle baraccopoli; e, infine, i cattivi. Quest’ultima categoria comprende un gruppo eterogeneo di persone: i giovani “schizzinosi” (choosy), che non sono disposti ad accettare alcun lavoro a qualsiasi condizione (rimanendo così disoccupati e pesando sui bilanci dei propri genitori); gli imbroglioni dell’assistenza sociale, che non sono affatto poveri, o che lavorano nell’economia informale; e i pigri che, se non fosse loro concessa l’assistenza sociale, smetterebbero semplicemente di cercare un lavoro e passerebbero il loro tempo a non fare nulla, “sdraiati sul divano».

La conclusione è che «modificare i difetti del sistema fiscale e previdenziale è importante per raggiungere una crescita inclusiva, ma migliorare le condizioni di vita delle famiglie richiede, prima di tutto, ripristinare la crescita, il che significa concentrarsi sul funzionamento del sistema produttivo e del mercato del lavoro». Immersi in un contesto di grandi sconvolgimenti socio-economici non è più prorogabile l’inserimento nell’agenda governativa di un impegno concreto nella lotta e contrasto alla povertà, di ricomposizione della frammentazione dei poteri, di ripensamento del sistema di welfare, di strategia nel mercato del lavoro. Solo in questo modo, con una strategia universalistica e soprattutto a lungo termine, sarà possibile arginare la crescita delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali.

Elettra Raffaela Melucci

Titolo: La povertà in Italia. Soggetti, meccanismi, politiche

Autori: Chiara Saraceno, David Benassi, Enrica Morlicchio

Editore: Il Mulino

Anno di pubblicazione: 2022

Pagine: 256 pp.

ISBN: 978-88-15-29847-8

Prezzo: 24,00€

Elettra Raffaela Melucci

Elettra Raffaela Melucci

Redattrice de Il diario del lavoro

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