Nell’intero 2016, i volumi produttivi dell’industria metalmeccanica italiana “sono cresciuti del 2,4%” rispetto al 2015”. Nell’insieme dell’anno scorso, è quindi proseguita la “moderata fase espansiva” avviatasi a partire “dall’ultimo trimestre del 2014”. E’ questa la sintesi della 114° indagine trimestrale su La congiuntura nell’industria metalmeccanica che è stata presentata oggi, a Roma, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Federmeccanica.
Due le principali novità emerse nell’incontro stampa svoltosi oggi, come di consueto, in un albergo sito in piazza Montecitorio. La prima è costituita dalla presentazione dei dati relativi al quarto trimestre 2016. Tre mesi nel corso dei quali l’attività produttiva metalmeccanica “ha registrato un progresso dello 0,3%” rispetto al trimestre precedente. La seconda è costituita, invece, dalla disponibilità dei dati relativi all’intero 2016. Ed è appunto da questi dati che si vede che, nell’anno scorso, è proseguita quella fase moderatamente espansiva che, secondo Federmeccanica, è stata favorita, “oltre che da un recupero della domanda interna”, relativa in particolare ai beni di investimento, ovvero a macchinari e impianti industriali, anche da “un miglioramento dei flussi esportativi indirizzati”, in particolare, “verso i Paesi dell’Unione Europea”.
Il comparto che ha contribuito in modo più significativo a questa crescita, moderata ma comunque continua, è quello della costruzione di autoveicoli e rimorchi. Infatti, nonostante che questo stesso comparto, nel corso del 2015, avesse già compiuto un balzo in avanti pari a un + 27,8%, anche quest’anno ha messo a segno un + 6,2%. ovvero un risultato che è certo meno eclatante, ma consente al comparto di collocarsi ancora in testa alla classifica dei subsettori dell’industria metalmeccanica quanto a dinamicità della loro crescita.
Questo dato, aggiungiamo noi, può essere utilmente incrociato con un altro dato fornito ieri dall’Istat, secondo cui la Basilicata, con un robusto + 53,5%, guida la classifica delle Regioni italiane per quanto riguarda la loro esportazioni. Viene da pensare, infatti, che alla base sia dell’uno che dell’altro dato stiano i risultati confortanti conseguiti da Marchionne con la sua Fca e, in particolare, con lo stabilimento di Melfi, dove vengono fabbricate le Jeep Renegade e le 500X destinate a essere esportate negli Stati Uniti.
Al secondo posto, quanto a dinamicità della crescita, si colloca il comparto della metallurgia, con un discreto + 2,9%. Al terzo, con un + 2,5%, che è comunque sopra la media del settore (pari, come si è visto, a un + 2,4%), viene il comparto delle macchine e degli apparecchi meccanici. In sostanza, quello dei beni strumentali che costituiscono, da sempre, il cuore qualitativo della nostra industria meccanica.
Più indietro, appaiati a un + 2,4%, si collocano, da un lato, i prodotti in metallo e, dall’altro, l’insieme costituito da computer, apparecchi radio e tv, strumenti elettromedicali e di precisione. Modesta la performance degli “altri mezzi di trasporto” (+ 0,3%), negativa (- 2,0%) quella di “macchine e apparecchi elettrici”, che comprende anche gli elettrodomestici.
Complessivamente, ha affermato Alberto Dal Poz, vicepresidente di Federmeccanica, i risultati del 2016 “mostrano dei segnali positivi che ci auguriamo vengano confermati nei prossimi trimestri”. Senza però dimenticare, ha aggiunto, la “voragine” che “ancora ci separa dal periodo pre-crisi”. Infatti, come spiega Angelo Megaro, direttore del Centro studi di Federmeccanica, rispetto al 1° trimestre del 2008 la produzione metalmeccanica era scesa in Italia, nel punto più basso della crisi, ovvero nel 2° trimestre 2009, del 36,9%. Adesso è “risalita”, come ha ricordato ancora Dal Poz, a un – 26%.
Molto, quindi, rimane ancora da fare. Da questo punto di vista, ha aggiunto Dal Poz, Federmeccanica apprezza in modo particolare il piano presentato dal Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, a sostegno delle imprese che intendano affrontare i problemi della loro trasformazione verso l’obiettivo della cosiddetta Industria 4.0. Una trasformazione che, però, è certo più difficile per le imprese di minori dimensioni. Imprese che, come è noto, costituiscono gran parte dell’industria italiana, anche nel settore metalmeccanico.
Qualche miglioramento si è verificato, nel corso dell’ultimo biennio, anche per ciò che riguarda l’occupazione. Qui, però, la risalita è più lenta di quanto non accada con la produzione. Nel 2014, ha ricordato ancora Dal Poz, le ore richieste di Cassa integrazione erano equivalenti a più di 200mila lavoratori occupati a tempo pieno. Nel 2016, i lavoratori equivalenti alle ore di Cassa integrazione richieste dalle imprese sono scesi a 150mila. Insomma, la situazione è migliorata, ma siamo ancora lontani dal raggiungere una soglia non negativa.
Interessante può essere invece prendere nota di quanto osservato ancora da Megaro, ovvero dal mutamento in corso nella composizione della forza-lavoro occupata. Infatti, secondo l’indagine Federmeccanica, che in questa parte si basa sulla rielaborazione di dati forniti dall’Istat, prendendo l’anno 2010 come base uguale a 100, alla fine del 2016 gli operai occupati nel settore sono scesi a 88,6. Gli impiegati, invece, sono praticamente gli stessi di 6 anni fa (99,9). Prosegue, insomma, lo storico processo che porta a una diminuzione relativa, oltre che assoluta, dei lavoratori, cosiddetti, manuali, le mitiche tute blù, e quindi alla crescita relativa dei lavoratori non manuali, i non meno classici colletti bianchi.
Infine, va ricordato che Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, ha espresso fiducia nel fatto che il nuovo contratto nazionale della categoria, siglato il 26 novembre del 2016, potrà costituire un elemento che, coinvolgendo di più i lavoratori nella vita delle imprese, aiuterà le imprese stesse in questo percorso di ripresa economica, nonché di ammodernamento tecnologico e organizzativo. Da questo punto di vista, è significativo che, a proposito del contratto, Franchi abbia parlato di “via italiana alla partecipazione”.