Alenia Aeronautica, una grande azienda del gruppo Finmeccanica, è al centro di una difficile vertenza. Difficile perché ha deciso di ristrutturarsi, per darsi maggiore competitività e restare sul mercato internazionale investendo tre miliardi di euro e salvaguardando l’occupazione. Ma ha subito attacchi politici e sindacali. La trattativa adesso è avviata, forse su un piano di normalità. Ci sono problemi da risolvere, vengono affrontati. Ne abbiamo parlato con Nicola Montanari e Guido Mulè, i due capi del personale dell’azienda. Non capiscono questi attacchi che hanno ricevuto, ma sono determinati ad andare avanti per tutelare un settore strategico della nostra industria.
E’ in vista un accordo con i sindacati?
In vista no. Abbiamo bisogno di tempo. Del resto, la trattativa è iniziata da poco, finora abbiamo solo illustrato la nostra posizione, abbiamo colto i primi rilievi del sindacato. Il prossimo incontro, il 3 di novembre, presenteremo i capisaldi del nostro piano, gli investimenti, i riflessi sull’occupazione. Insomma, entreremo nel vivo.
Una vertenza nata da una situazione di difficoltà?
Dalla necessità di prevedere un riposizionamento del settore aeronautico rispetto al cambiamento dello scenario internazionale.
Cambiamento dovuto a cosa?
All’ingresso di nuovi players, cinesi, indiani, coreani, e alla forte riduzione della spesa per la difesa, in tutto il mondo, ma particolarmente in Europa. Oltre che dalla riduzione dei supporti del nostro governo alle attività di ricerca e sviluppo.
Insomma, vi siete trovati nella necessità di recuperare competitività.
Sì, il nostro livello di competitività era calato, dovevamo recuperare produttività e redditività.
Come vi siete mossi?
Abbiamo elaborato una strategia in due mosse. La prima ha aggredito il costo del lavoro. Avevamo molto da recuperare e abbiamo raggiunto il 27 novembre dello scorso anno un accordo con i sindacati, tutti i sindacati. Abbiamo messo in mobilità circa 1.000 persone, abbiamo azzerato quasi del tutto i contratti di collaborazione, abbiamo ridotto il numero dei dirigenti, abbiamo abbassato il tasso di assenteismo di oltre due punti.
E la seconda mossa?
E’ questa che stiamo facendo adesso, aggredendo la parte industriale, rivedendo l’efficienza dei processi, la politica di prodotto, il posizionamento competitivo, sottoponendo a verifica il rapporto tra diretti e indiretti, che ci penalizza. E soprattutto abbiamo deciso una razionalizzazione dei siti produttivi.
E’ il vostro piano industriale?
Sì, un piano di grande respiro, che guarda lontano, fino al 2020. Del resto, noi adesso abbiamo già ordini per far lavorare tutti i nostri siti fino al 2015, ma dobbiamo guardare più lontano, preoccuparci di cosa accadrà dopo, appunto fino al 2020. Questo è un piano che guarda a tutta l’aeronautica italiana nel lungo periodo.
Con investimenti importanti?
Prevediamo di investire un miliardi di euro nel settore militare e due miliardi in quello civile. E abbiamo ridisegnato per ogni stabilimento la missione produttiva individuando dei centri integrati per tecnologia e prodotto.
Avete previsto anche delle chiusure di stabilimenti?
Sì, di due stabilimenti. Quello di Casoria e quello di Venezia, ma sono due storie diverse. A Casoria prevediamo di spostare l’attività a un altro stabilimento, a Nola, che dista solo 20 chilometri, ha una tecnologia molto più avanzata e può espandersi liberamente perché è una zona industriale, mentre quello di Casoria è ormai al centro del paese, soffocato da abitazioni.
Qui avete incontrato difficoltà?
Molte, troppe, soprattutto incomprensibili. Il personale, 400 persone, è stato tutto spostato a Nola o a Pomigliano. Senza creare disagi a nessuno, anche considerando che di quelle 400 persone, solo 30 erano residenti a Casoria e altre 60 nell’hinterland, mentre tutte le altre erano sparse in Campania. Eppure, abbiamo avuto attacchi di ogni genere, politici per lo più, ma soprattutto immotivati, preconcetti. Non all’altezza di un piano che tenta di salvaguardare l’industria aeronautica del nostro paese.
A Venezia, invece?
Lo stabilimento di Venezia era in un segmento, le trasformazioni aeronautiche, dal quale stiamo uscendo. Tutto il personale comunque verrà riallocato in altre aziende Finmeccanica, sempre a Tessera.
Avete programmato la chiusura degli uffici di Roma.
Sì, sempre per migliorare il rapporto tra diretti e indiretti. Chiudiamo due uffici, dove opera solo personale di staff, e li trasferiamo a Caselle o a Pomigliano. 140 persone tra dirigenti e impiegati.
E siete state attaccati.
Si, troppo. Ci hanno detto che portavamo l’industria al Nord, che impoverivamo il Sud. Perché avevamo spostato la sede legale in provincia di Varese dopo la fusione con l’Aermacchi. Ma quello è solo un indirizzo, non corrisponde a nessun posto di lavoro, a nessun sito produttivo.
I sindacati come hanno reagito alle vostre indicazioni?
Il sindacato locale ha tenuto un atteggiamento radicale su Casoria. Ma in generale è una vertenza come le altre, più o meno dura, più o meno difficile. Adesso entriamo nel vivo del negoziato, speriamo di raggiungere al più presto un accordo perché il piano garantisce il mantenimento dei posti di lavoro.
Siete stati anche accusati di assistenzialismo, di usare troppo la cassa integrazione.
Questa accusa proprio non l’abbiamo capita. Abbiamo programmato di usare gli strumenti che la legge consente, gli ammortizzatori previsti per accompagnare le persone al pensionamento. Non è certo assistenzialismo, è politica industriale, a parte il fatto che prevediamo un nostro impegno diretto, molto oneroso, per sostenere il reddito di chi sarà in cassa integrazione. Ma molti parlano senza nemmeno conoscere le cose. Hanno detto che terremo 1.200 persone per nove anni in cassa integrazione, ma la gran parte uscirà entro il 2015. E poi il discorso con il ministero deve ancora iniziare, vedremo come si svilupperà. Quello che conta è che noi abbiamo deciso di investire 3 miliardi di euro, di ridare forza e competitività all’industria aeronautica del nostro paese, che non ci arrendiamo al mercato, che reagiamo, che vogliamo salvaguardare l’occupazione. Questa è la nostra mission e la portiamo avanti con forza e decisione.
Massimo Mascini