ArcelorMittal ha sua disposizione 60 giorni di tempo “per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo” nello stabilimento siderurgico di Taranto. Lo ha stabilito il Tar di Lecce respingendo il ricorso presentato da ArcelorMittal e dall’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva contro il Comune di Taranto che, con un’ordinanza del 27 febbraio 2020, imponeva alla proprietà dell’impianto di individuare e rimuovere le fonti più inquinanti del sito, pena la chiusura degli impianti.
Il problema, si legge in un passaggio della sentenza firmata dal giudice Antonio Pasca, presidente della prima sezione del Tribunale amministrativo di Lecce, è che “l’impianto siderurgico di Taranto non risulta in linea con le direttive dell’Unione Europea, che impongono di fare uso delle migliori tecniche disponibili, atteso che peraltro lo stabilmento ex Ilva è rimasto l’unico sul territorio nazionale con alimentazione a carbone”. Il risultato è che a Taranto c’è “situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa al probabile rischio di ripetizione dei fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetistità degli impianti tecnologici di produzione”. Una riconversione dello stabilimento in chiave green appare dunque un passaggio obbligato per il futuro dell’ex Ilva: “Un adeguamento tecnologico degli impianti e la conversione dell’alimentazione dei forni dal carbone all’elettrico – scrivono i giudici del Tar di Lecce – avrebbe probabilmente scongiurato un gran numero di decessi prematuri e un’incidenza così elevata di malformazioni e patologie oncologiche, anche in età pediatrica e infantile”.