Un mercato del lavoro sempre più povero quello delle Marche, dove si assiste a una perdita di professionalità, a una riduzione delle tutele e dei salari. È questo lo scenario descritto al Diario del lavoro da Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, sulla base dei dati diffusi dall’Inps.
Barbaresi qual è lo stato di salute del mercato del lavoro marchigiano?
Nel complesso non buono. È vero che nell’ultimo anno c’è stata una crescita dei dipendenti privati, del +2,8%, in linea con il trend nazionale e delle altre regioni del centro. Quello che preoccupa è che le Marche non sono riuscite ancora a eguagliare i livelli pre-crisi, con un calo dell’1,5% rispetto al 2008.
Un dato che però non è in linea con le altre regioni del centro e la media nazionale.
Assolutamente. Al livello nazionale si è avuto un +5,8% e nelle regioni del centro un +8,5%.
Come spiega questi dati?
Ci sono diverse dinamiche in atto. La prima è che si sta verificando un impoverimento del settore manifatturiero, che era il motore della nostra economia. Negli ultimi dieci anni il manifatturiero ha perso circa 33mila lavoratori, con ripercussioni in tutti i comparti, soprattutto nel mobile, nel calzaturiero e soprattutto nella meccanica. Parallelamente c’è stato uno spostamento dell’occupazione in altri settori.
Quali?
Soprattutto nel terziario e nei servizi.
Secondo lei come va letta questa tendenza?
Bisogna capire prima di tutto che tipo di occupazione abbiamo davanti. C’è stato un incremento turismo, servizi alla persona e alle imprese. Un dato molto positivo perché crescono i lavorati, ma si tratta di settori accumunati da una crescita del part time involontario.
Dunque qual è lo scenario che si sta delineando?
Un depauperamento delle professionalità, lavoratori meno tutelati e salari più bassi.
Ci sono altri fattori che confermano queste criticità?
Certamente. L’analisi delle tipologie contrattuali ci dice molte cose.
Nello specifico?
È diminuito il numero dei lavoratori con un contratto a tempo indeterminato e full time. È cresciuto il part time involontario e sono scese le retribuzioni. Nel complesso un lavoratore su tre ha un contratto part time, soprattutto se è donna e lavora nei servizi, mentre uno su quattro è a tempo determinato.
Una situazione dunque non positiva.
No. Oggi parlare unicamente di occupazione non ha senso se non si analizza la natura dell’occupazione. Abbiamo un lavoro sempre più povero, disarticolato, discontinuo e con poche tutele. Le Marche, che in passato erano assimilate alle altre regioni del centro, ora, invece, per certi indicatori sono più simili a quelle del Mezzogiorno.
Come si può uscire da questa situazione?
Prima di tutto aumentando i salari, attraverso la contrattazione o il taglio del cuneo fiscale. Nelle Marche le retribuzioni medie lordo si aggirano sulle 19mila euro, molto al di sotto del dato nazionale e delle altre regioni del centro. Riprendere in mano il tema salariale non è solo una questione di giustizia sociale, ma diviene anche uno strumento per dare slancio ai consumi interni, e non scommettere unicamente sull’export per il rilancio dell’economia. E poi il rilancio di una seria politica industriale.
In che modo?
Una politica industriale che dia una strada e una visione a tutto il sistema produttivo. È un deficit nazionale ma anche della nostra regione. Le Marche hanno sistema di piccole e micro imprese che faticano a mettere in campo investimenti ampi e strutturati. Il pubblico può dare un aiuto indicando anche il percorso da seguire con una politica di sviluppo.
Le misure si qui adottate dall’attuale esecutivo vanno nella strada giusta?
Alcune iniziative sono positive, come la volontà di ridurre il cuneo fiscale. Ovviamente sono tante le cose nelle quali si può intervenire, a partire dalla necessità di rilanciare gli investimenti.
Tommaso Nutarelli