Propongo in questa nota una ricostruzione di alcuni momenti iniziali della vicenda della Fiom-Cgil di questi ultimi anni, anche basandomi su episodi vissuti personalmente in qualità, all’epoca, di segretario provinciale Uilm Chieti/coordinatore regionale Uilm Abruzzo, oltre che ricordandone altri che ritengo significativi.
Il seminario Fim, Fiom, Uilm sulla contrattazione dell’11 e 12 aprile 2000
L’ultimo atto unitario che merita di essere ricordato prima che cominci, a fine 2000, la cavalcata selvaggia della Fiom, è il seminario Fim, Fiom, Uilm sulla contrattazione dell’11 e 12 aprile 2000. Relazione unitaria di Giorgio Caprioli, segretario generale della Fim-Cisl: propone il rafforzamento della contrattazione aziendale, da realizzarsi anche riportando a 4 anni la cadenza del contratto nazionale. Giorgio Cremaschi, in aperto disaccordo, ipotizza, al contrario, una ri-centralizzazione della contrattazione. Quella di Cremaschi non è però al momento, almeno apparentemente, la posizione della Fiom: Claudio Sabattini, concludendo il seminario, non smentisce l’impostazione della relazione sulla contrattazione. Poco tempo dopo, però, a settembre e ottobre 2000, Sabattini farà scelte diametralmente opposte, nella forma (nessun accordo preventivo con Uilm e Fim, a differenza del precedente rinnovo contrattuale del 1999, vissuto unitariamente in tutti i passaggi) e nei contenuti (la produttività rivendicata a livello del contratto nazionale, il cosiddetto “andamento di settore”, proprio nei termini già sostenuti da Cremaschi). A dicembre 2000 fu raggiunta una faticosa mediazione per presentare unitariamente una richiesta di 135.000 lire di aumento.
Un convegno a Pescara
9 febbraio 2001. Claudio Sabattini e Gabriele Polo a Pescara per presentare il loro libro, “Restaurazione italiana. Fiat, autunno ’80: alle origini della svolta liberista”. Sala riunioni della Cgil, in platea delegati Fiom da tutta la regione. Decido di andare ad ascoltare. Sono il solo non Fiom o Cgil. Riguardo i miei appunti di allora. Apre Paolo Castellucci, segretario regionale Fiom. Le motivazioni reali della sconfitta del 1980: Fiat voleva ristabilire l’unilateralità del comando, rompendo la cultura sindacale anni ’70, che aveva prodotto il sindacato dei consigli e il controllo operaio. In questi vent’anni, non siamo riusciti a recuperare il potere contrattuale perduto, ma siamo rimasti sulla difensiva. Di qui, l’attualità del libro. Dobbiamo contrastare lo snaturamento del sindacato. Castellucci procede poi alla premiazione di Antonio Viterritti, delegato di una piccola azienda di Chieti Scalo che va in pensione, da sempre su posizioni di estrema sinistra e critico delle scelte del sindacato. Viterritti ringrazia per il premio; ricorda il referendum sulla scala mobile del 1985, perso, dice, anche per colpa dei socialisti della Cgil, che volevano abolirla; apprezza la “specie di autocritica” fatta da Castellucci, con il quale tante volte in passato ha polemizzato. Parla il Professor Adolfo Pepe, Scienze Politiche, Università di Teramo, che con il suo intervento aggiunge un piccolo episodio ai tanti della lunga storia del “tradimento dei chierici”, accarezzando per il verso del pelo una Fiom che avrebbe avuto tanto bisogno di contropelo. Propone una lettura che nutre la vena sconfittista, l’amore per le gloriose sconfitte, che si va affermando nell’organizzazione. La storia della Fiom, dice lo studioso, è segnata da tre sconfitte: l’occupazione delle fabbriche a Torino nel 1919-20; le elezioni della Commissione Interna Fiat del 1955; l’epilogo dei 35 giorni Fiat del 1980. Cadono in momenti topici della storia nazionale: il passaggio dal liberalismo al fascismo; la fine dello stato democristiano e l’inizio di quello democratico; la fine (sic) dello stato democratico. L’importante è la qualità della sconfitta (le vittorie e i pareggi non interessano troppo Pepe, NdR). Nel 1919-20 e nel 1980, il sindacato si è messo contro i lavoratori, mentre nel 1955 la sconfitta è stata patita nell’unione con i lavoratori (come se chi non vota Fiom perda la qualifica di vero lavoratore, NdR). Ed ecco che dalle sconfitte maturate contro i lavoratori vengono esiti disastrosi (il fascismo dopo l’occupazione delle fabbriche; la restaurazione dopo i 35 giorni), mentre dalla sconfitta del 1955, sofferta in comunione con i lavoratori, verrà la ricostruzione del potere sindacale. La colpa della sconfitta del 1980 viene attribuita da Pepe alle confederazioni. Infine, prende la parola Claudio Sabattini. Quello che Fiat voleva era espellere le forze antagonistiche: su questo si è consumata la divergenza tra la Flm e le confederazioni. Risponde al delegato Viterritti: l’autocritica non è da oggi che la facciamo. Conclude parlando del contratto dei metalmeccanici: si va verso una fase di inevitabile conflitto e scontro, che ci vengono imposti, ci tiene a rimarcare Sabattini.
2001: l’anno del rinnovo del biennio economico del contratto nazionale senza la Fiom
13 maggio 2001, elezioni politiche: vittoria con amplissimo margine della Casa delle Libertà (centrodestra). 18 maggio 2001: sciopero generale dei metalmeccanici per il rinnovo del biennio economico del contratto. In Abruzzo, la manifestazione regionale si svolge a Lanciano, e riesce molto bene. Mentre per Uilm e Fim lo sciopero del 18 maggio aveva l’obbiettivo sindacale di smuovere Federmeccanica per rendere possibile il rinnovo del contratto, e di conseguenza si intendeva capitalizzarne la riuscita riaprendo subito, da posizioni di maggiore forza, il tavolo negoziale, Sabattini non aveva alcuna fretta perché lo vedeva come l’anticipo di un autunno caldo da sviluppare dopo le ferie. 3 luglio 2001: rinnovo del biennio economico del contratto dei metalmeccanici, con accordo Uilm-Fim/Federmeccanica. Ottenute 130.000 lire (67,14 €) su 135.000 chieste (96.3% della richiesta) e 450.000 lire di una tantum.
6 luglio 2001, sciopero generale Fiom contro il rinnovo del biennio economico del contratto firmato da Uilm e Fim, con manifestazioni in diverse città: per la Fiom, la vertenza contrattuale è ancora aperta. A Bologna, parla Claudio Sabattini, che esordisce con un: “Finalmente, compagni!”. Sul quotidiano “il Manifesto” si parlerà di Fiom-Pride. La giornalista Manuela Cartosio racconta il comizio di Milano e cita la frase con cui il segretario regionale della Fiom, Tino Magni, dà il via ai comizi: “Oggi abbiamo realizzato un grande atto di unità sindacale”. Pausa di sospensione. “Con i lavoratori” . Infatti, si teorizza, in Fiom, che l’ unità da costruire non è più quella con gli altri sindacati, come se questi fossero gusci vuoti, e come se lavoratori fossero solo quelli che seguono la Fiom: “Tutti si possono rendere conto che la mancanza di elementi minimi di unità fra le tre confederazioni in questa fase non è un dato puramente transitorio; la ricostruzione di una strategia unitaria che riguardi l’insieme del lavoro dipendente non passa necessariamente nel rapporto tra Cgil, Cisl e Uil .” Il quotidiano La Stampa riferisce dell’incontro del 31 luglio, il primo di una serie, presso la sede della Flm nazionale a Corso Trieste 36, tra Sabattini, Luca Casarini e Vittorio Agnoletto, esponenti del movimento cosiddetto no-global: sono questi alcuni dei nuovi interlocutori che la Fiom privilegerà, al posto della vecchia unità sindacale.
Un nuovo sciopero generale Fiom sul contratto, con manifestazione a Roma, avrà luogo il 16 novembre 2001. Nel frattempo, è successo di tutto: le giornate del 19-22 luglio a Genova in occasione del G8; l’attacco terrorista dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York; l’inizio delle operazioni militari USA in Afghanistan (7 ottobre). Il 3 ottobre, il Ministro del Welfare Roberto Maroni presenta il Libro Bianco sul mercato del lavoro, cui seguirà il disegno di Legge Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro N.848 (con parte dei contenuti del Libro Bianco e in più previsioni di interventi sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Nei giorni 16-18 novembre si celebra a Pesaro il congresso DS. Il grosso della Cgil si impegna nel sostegno al cosiddetto “correntone”, che ottiene un risultato modesto. L’azione politica di Cofferati nel corso dell’anno successivo va letta probabilmente anche come rivincita nei confronti del gruppo dirigente vincitore del congresso.
Dall’articolo 18 al rinnovo del contratto dei metalmeccanici del 2003, senza la Fiom
Il 2002 è l’anno dell’articolo 18. Il 19 marzo Marco Biagi viene assassinato dalle Brigate Rosse. Il 23 marzo si svolge la manifestazione a Roma della sola Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18. Il 16 aprile lo sciopero generale unitario per lo stralcio dell’articolo 18 dalla legge delega sul mercato del lavoro. Il 5 luglio, Uil e Cisl sottoscrivono con il Governo il Patto per l’Italia, soprattutto per bloccare, con successo, l’offensiva del governo e della Confindustria sull’articolo 18. Cofferati lo definisce “patto scellerato”. Il miglior commento all’azione di Cofferati è la prima intervista da segretario generale Cgil di Guglielmo Epifani . Massimo Giannini – “Lei deve sostenere la linea dura. Eppure nella Cgil si nota un atteggiamento diverso, almeno nei toni. Nell’ultimo Cofferati c’è stato un antagonismo esagerato?” Guglielmo Epifani – “Può darsi che Sergio usi toni un po’ più aspri dei miei. Le faccio un esempio: io non considererò mai Cisl e Uil come miei nemici”. Nei mesi successivi, Epifani parlerà di necessità di una risindacalizzazione dell’azione della Cgil. Cofferati, formalmente rientrato al lavoro presso la Pirelli, proseguirà una forte azione politica di contrasto alla maggioranza del suo partito, in rapporto con movimenti quali i girotondi, i pacifisti, i no-global, dando in più occasioni la sensazione di preparare una scissione dei DS. Il 18 ottobre 2002 c’è lo sciopero generale della Cgil contro il Patto per l’Italia, proclamato quando Cofferati era ancora il segretario generale e lasciato in eredità ad Epifani. Il 30 ottobre la Fiom, da aprile guidata da Gianni Rinaldini, subentrato a Claudio Sabattini, decide di non fare una piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto, ma di inviare a Federmeccanica la propria. Il 5 dicembre 2002 esce il documento Per una nuova rappresentanza politica del mondo del lavoro, appello per la costituzione di un nuovo “partito del lavoro”, firmato da Claudio Sabatini; Fulvio Perini; Gianni Rinaldini; Gian Paolo Patta; Paola Agnello. Successivamente, si avranno momenti di convergenza in questa prospettiva di quest’area sindacale con esponenti politici come Cesare Salvi.
Il 7 maggio 2003 viene siglata da Uilm-Fim l’ipotesi d’accordo con Federmeccanica per il rinnovo del contratto. Aumenti del 5,7% (90 € medi, 23 oltre l’inflazione programmata), più 220 € di una tantum. Cremaschi al Manifesto : “Noi, la Fiom, diventeremo il principale problema politico e sociale di questo paese.” Il 9 maggio 2003 si svolge al Palazzetto dello Sport di Brescia l’assemblea nazionale Uilm-Fim; la Fiom tiene una contro-assemblea sempre a Brescia, a Piazza della Loggia. Il 16 maggio c’è lo sciopero generale della Fiom contro il contratto firmato da Uilm e Fim.
Il 26 maggio Rinaldini, ispirato da Sabattini, propone al Comitato Centrale Fiom di convocare il congresso anticipato. La proposta viene respinta e Sabattini si dimette dal comitato centrale e dalla direzione della Fiom (mantenendo la carica di segretario Fiom della Sicilia e componente del direttivo Cgil). Secondo Massimo Mascini (Il Sole 24 Ore), la proposta del congresso anticipato era “tutta tesa a esasperare in qualche modo la politicizzazione della Fiom, soprattutto in vista della messa a punto di una forza politica che, poggiando direttamente sulle forze del lavoro, spostasse gli equilibri interni alla sinistra.” La proposta Rinaldini-Sabattini viene battuta da un’inedita alleanza tra la “destra” e la “sinistra” della Fiom. Secondo Mascini: “Quelli più a destra combattendo l’ipotesi di una politicizzazione, quelli a sinistra perché organici a Rifondazione Comunista, che non sarebbe certo stata favorita dal rafforzarsi dell’ipotesi del Partito del lavoro.”
Il 15 giugno 2003 si vota per il referendum sull’articolo 18, promosso da Rifondazione Comunista e dalla Fiom. Nullo perché vanno a votare solo il 25% degli aventi diritto. È una dimostrazione della fragilità dell’ipotesi referendaria quale linea di difesa dell’articolo 18. Epifani ha schierato la Cgil per il Sì. L’interpretazione più diffusa è che lo abbia fatto per conquistare autonomia da Cofferati, di cui era nota la contrarietà al referendum, pur figlio della sua impostazione. Due giorni prima del referendum, Cofferati aveva chiuso la fase della sua attività politica svolta da impiegato della Pirelli, dando la disponibilità alla sua candidatura a sindaco di Bologna.
Il 2 settembre 2003 muore improvvisamente Claudio Sabattini.
Il 7 novembre 2003 ha luogo un nuovo sciopero generale della Fiom sul contratto.
Da quanto sopra ricordato, emerge a mio giudizio come sin dall’inizio di quella che ho chiamato “cavalcata selvaggia della Fiom”, cominciata a fine 2000 e giunta oggi forse almeno a un punto di svolta, siano presenti tutti gli elementi che l’hanno caratterizzata per oltre un decennio. L’idea che con Cisl e Uil si sia giunti ad una rottura non episodica, ma strategica e per sempre; che l’unità sindacale di Cgil, Cisl, Uil non servirà più; che l’unità cui dedicarsi sia piuttosto quella con formazioni politico-sociali antagoniste, i no-global e le tute bianche all’inizio, i No Tav e i centri sociali dopo Pomigliano e Mirafiori (i miei appunti sull’intervento di Sabattini presso la Cgil di Pescara sono espliciti: parla di “forze antagonistiche”); la scelta di giocare direttamente anche e soprattutto una partita politica, sia pure con una divisione tra l’ipotesi della creazione di una nuova forza, il partito del lavoro, e quella di fare sponda a forze esistenti, da Rifondazione Comunista a SEL; la propensione a sottrarsi ai propri doveri contrattuali inseguendo gloriose sconfitte, preparatorie di un grande, ancorché indefinito, riscatto. L’episodio che ho ricordato con il Professor Adolfo Pepe è in rappresentanza di un ben più generale atteggiamento di benevolenza nei confronti di questa deriva da parte di intellettuali, studiosi, giornalisti, personaggi pubblici, che invece di svolgere un ruolo critico, hanno giulivamente fiancheggiato una rotta che dieci anni dopo si verifica non essere approdata da nessuna parte.
L’avvento del bipolarismo ha messo tutto il sindacato davanti a problemi inediti, cui spesso la Cgil ha fatto fronte privilegiando la propria unità interna a scapito di quella con Uil e Cisl, anche a costo della paralisi o della rottura, ma a mio giudizio non si vede negli strappi della Cgil un disegno organico come quello perseguito dal gruppo dirigente della Fiom: mi pare che contino molto, nelle dinamiche Cgil, anche elementi contingenti, come abbiamo visto. Alla fine, Epifani non riesce a realizzare l’opera di risindacalizzazione che si era proposto e che lascia a Susanna Camusso, mentre la Fiom riesce per oltre dieci anni a praticare la sua linea antagonista e a condizionare pesantemente la Cgil.
Roberto Campo

























