La burocrazia italiana schiaccia le imprese artigiane, micro, piccole e medie con un costo di circa 22miliardi l’anno, per una media di 5mila euro l’anno a impresa, 16 euro al giorno, due euro all`ora È questa la pesante sentenza che risulta dall’indagine “Piccole imprese e Pubblica amministrazione: un rapporto (im)possibile” condotta dal Centro studi Cna su un campione di 1.035 imprese associate alla Confederazione . Lo studio è stato diffuso in occasione di un dibattito sulla riforma della Pubblica amministrazione con la ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, nella sede della Cna.
Al dato, già preoccupante di per sé, si sommano anche gli alti sprechi di risorse e di tempo. Per compiere tutti gli adempimenti richiesti dalla Pubblica amministrazione, infatti, secondo l’indagine nel 41,3% delle imprese coinvolte si bruciano fino a tre giorni lavorativi al mese, nel 32,2% fino a cinque, nel 9,1% fino a dieci e nel 6,8% oltre dieci, mentre nel 10,7% s’impiega meno di una giornata lavorativa. Il risultato è che l`89,7% delle imprese (quasi nove su dieci) ritengono che la cattiva burocrazia costituisca un ostacolo serio alla competitività.
Ma il principale problema sofferto è la complessità delle norme. Secondo l’elaborazione del Centro studi della Cna, il 67,8% delle imprese boccia la qualità legislativa italiana sia per la scarsa chiarezza sia per la stratificazione, nel tempo, di provvedimenti spesso motivati dall’urgenza.
A livello settoriale sono le imprese edili (74,3%) e i fornitori di servizi alle imprese (71,4%) a patire maggiormente la complessità delle norme. Tra i problemi più acuti, la quantità elevata di informazioni (43,8%) chieste dall’amministrazione pubblica e la lentezza della macchina burocratica (27,5%).I ritardi della Pubblica amministrazione sono sentiti come grave problema nel Mezzogiorno (48,2% delle imprese) ben più che nelle regioni settentrionali (24%).
Tuttavia, dalla ricerca emerge che i cambiamenti introdotti nella legislazione negli ultimi due anni, e in particolare Delega fiscale, Jobs Act, Riforma della Pubblica amministrazione, sono giudicati in maniera positiva da quasi un’impresa su tre (29,5%), più di quante esprimono un parere negativo (22,4%), con una fetta di poco inferiore alla metà degli intervistati che non percepisce cambiamenti evidenti.
Nel campione di imprese coinvolte nell’indagine, la conoscenza delle semplificazioni introdotte è diversificata, con l`89,1% delle imprese che hanno partecipato all`indagine che si dichiara a conoscenza delle novità Il tema fisco rimane il più caldo e anche il più noto. Seguono le nuove norme sul lavoro (61,4%), la riforma della Pubblica amministrazione (41,5%), le nuove disposizioni in tema di appalti (27,9%), che però interessano prevalentemente il settore costruzioni, e di ambiente (25,6%).
La conoscenza delle semplificazioni non è sinonimo di apprezzamento: più di due terzi delle imprese ritengono che le procedure, in realtà, non siano state semplificate. Con il picco negativo del 72,8% per le norme ambientali, seguito dal 72,3% di bocciature per la riforma della Pubblica amministrazione, dal 71,3% per il nuovo Codice degli appalti, dal 62,4% per le novità nel mercato del lavoro, dal 60,7% per le modifiche introdotte in materia fiscale.
Utilizzati in maniera diffusa e molto apprezzati sono alcuni strumenti di semplificazione. Il 66,9% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio ha usato il Durc online, il 34,9% lo sportello unico di interlocuzione tra impresa e Pubblica amministrazione, il 34,8% la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), il 19% il “silenzio-assenso”, il 9,7% la Conferenza dei servizi.
Intanto le imprese sono sempre più telematiche. Ormai un`azienda su tre (33,4%) riesce a sbrigare più della metà delle pratiche burocratiche online, contro il 28,7% di tre anni fa. Il 95% degli intervistati usa abitualmente i siti della Pubblica amministrazione. Ma l`83,7% ritiene che le informazioni siano accessibili solo dopo una lunga ricerca (con il 5,7% che lamenta l`assoluta irreperibilità delle notizie utili). Il 62,2% delle imprese non ritiene adeguato il livello di informatizzazione del settore pubblico. Una maggiore e migliore informatizzazione porterebbe a risposte più chiare e tempestive da parte del 41% delle imprese, a una riduzione dei costi per il 34% e a una maggiore certezza nei tempo di conclusione dei procedimenti amministrativi per il 25%.
Tuttavia, tra le priorità delle imprese svetta la maggiore qualificazione del personale pubblico (61,3%), seguita dall’adozione di modulistica standard sull’intero territorio nazionale (49,2%), dalla facilità di ottenere informazioni sullo stato di avanzamento delle procedure già avviate (34,7%) e dalla possibilità di pagare online tutti gli oneri connessi a servizi e/o adempimenti chiesti dall’amministrazione pubblica alle imprese (22,5%).
E. M.