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Confartigianato, i vizi dell’Italia rallentano le Pmi

redazione
Giugno26/ 2018

C’è un’Italia di vecchi vizi mai sconfitti che frena le virtù delle piccole imprese. A dirlo è un rapporto che Confartigianato ha presentato alla propria Assemblea in corso al centro congressi La Nuvola a Roma.

Gli artigiani e le piccole imprese si sforzano di agganciare la ripresa con numeri di tutto rispetto. Nel 2017 sono nate 311 imprese artigiane al giorno. Negli ultimi 12 mesi, le piccole imprese hanno esportato nel mondo 125 miliardi di prodotti, la performance migliore di sempre, e hanno aumentato del 5,9% gli investimenti, a fronte di un aumento medio dell’1,9%. Tra il 2015 e il 2017 hanno creato 219.000 posti di lavoro, rispetto ai 115.000 creati dalle aziende medie e grandi.

Ma alle virtù delle piccole imprese si oppongono ostacoli e zavorre che rallentano la loro corsa verso la ripresa e confinano l’Italia al 46° posto della classifica mondiale per le condizioni favorevoli a fare impresa. La pressione fiscale è sempre il nemico numero uno: nel 2018 il carico fiscale in Italia arriva al 42,3% del Pil, rispetto al 41,3% della media dell’Eurozona. In pratica paghiamo 18,6 miliardi di tasse in più rispetto alla media europea, pari ad un maggior prelievo di 308 euro per abitante.

Sulla competitività delle imprese pesa anche il cuneo fiscale sul costo del lavoro dipendente, pari al 47,7%, vale a dire 11,8 punti superiore al 35,9% della media Ocse. Siamo tra i peggiori d’Europa anche per la tassazione sull’energia: paghiamo 16 miliardi in più rispetto alla media europea.

Le cose non vanno meglio per il credito: nel 2017 i finanziamenti alle imprese artigiane sono diminuiti di 3,3 miliardi (-7,9%) e addirittura, rispetto al 2012, il calo è stato di 13,7 miliardi (-26,1%).

Ritardi anche sul fronte dell’efficienza della pubblica amministrazione: i Comuni italiani gestiscono on line soltanto il 3,1% dei servizi richiesti da cittadini e imprenditori. Di conseguenza soltanto il 28% degli italiani si dichiara soddisfatto dei servizi pubblici, contro la media europea del 53%. Un dato che ci colloca al penultimo posto nell’Ue.

Nel frattempo gli Enti pubblici hanno accumulato un debito commerciale verso le imprese fornitrici di beni e servizi pari a 56,7 miliardi e si fanno aspettare in media 95 giorni per saldare le fatture agli imprenditori. Siamo quindi ancora lontani dai 30 giorni imposti dalla legge del 2013. E per quanto riguarda il peso del debito commerciale della Pubblica amministrazione sul PIL siamo addirittura al secondo posto nell’Unione europea, superati soltanto dalla Croazia.

Tra i nemici delle piccole imprese vi è la corruzione indicata come un problema dal 52% degli imprenditori, una percentuale di 15 punti superiore al 37% della media europea.

Annalisa Buccellato

redazione