Le imprese femminili in Italia ad oggi sono 1,3 milioni, in aumento del 2,7% rispetto a 5 anni fa.
Questo “motore rosa” genera occupazione per oltre 3 milioni di addetti. Le aziende guidate da donne “vivono” meno anni rispetto a quelle maschili. E’ esattamente il contrario di ciò che accade in demografia, dove le donne hanno una speranza di vita di ben 4,5 anni superiore a quella degli uomini. Tra le imprese femminili, quelle definite giovanili, under 35, incidono di più rispetto alle maschili (12,4% contro 8,6% per il totale economia). Questi in sintesi i punti principali che emergono dall’analisi realizzata da Confcommercio in collaborazione con Unioncamere dal titolo “Donne imprenditrici in una economia e in una società che cambia”.
Il 47% delle donne che fanno impresa nel terziario sono spinte dal desiderio di valorizzare le proprie competenze e puntano al successo personale più che economico contro il 38% degli uomini.
Il 14% delle imprenditrici soffre la conciliazione lavoro e famiglia e il 55% investe nella relazione con i clienti. Il 52% delle donne a capo di un’impresa ha a cuore il benessere dei dipendenti. Le donne che diventano imprenditrici hanno un effetto moltiplicativo sui consumi più degli uomini che diventano imprenditori: 2,2 volte rispetto a 2,1. Inoltre se le potenziali imprenditrici diventassero effettive genererebbero 1 miliardo in più di consumi rispetto all’analogo caso per gli uomini.
“Dalla ricerca emerge che la spinta a intraprendere per le donne è dettata più dalla voglia di valorizzare le proprie competenze e le proprie idee innovative quindi più dall’opportunità che dalla necessità. Quando le motivazioni sono più forti più forte è la probabilità di avere successo personale ed economico perché laddove c’è motivazione c’è maggiore possibilità di successo.
Possiamo dire che non solo riteniamo che la donna possa essere il motore della ripresa ma che lo è anche per l’economia visto che rappresenta un volano anche dei consumi superiore rispetto agli uomini”, è il commento di Patrizia Di Dio, presidente di Terziario Donna Confcommercio.
“L’impresa al femminile continua a diffondersi nel nostro Paese e ha un peso sempre più importante nella nostra economia. I dati presentati oggi mostrano l’impatto del fare impresa al femminile: più di 1,3 milioni di attività condotte da donne e 3 milioni di addetti pari ad oltre il 14% dell’occupazione del settore privato. Numeri importanti, anche grazie al contributo di tante giovani donne che attraverso l’impresa desiderano realizzare le proprie aspirazioni”, ha sottolineato Tiziana Pompei, vice segretario generale di Unioncamere.
I divari del nostro Paese rispetto alla media europea in termini di quota di persone a rischio povertà o esclusione sociale sono ancora elevati: siamo al 5° posto in Europa nel 2017 (28,9%, la media europea è 22,4%). Le donne presentano ancora oggi maggiori difficoltà rispetto agli uomini, con quote superiori sia in Italia (29,8% vs 27,8%) sia in Europa (23,3% vs 21,6%).
In questo contesto assume ancor più valore lo spazio che le donne ricoprono nel nostro Paese all’interno delle imprese. Secondo i dati Unioncamere, in Italia, a fine 2018, il 21,9% delle imprese sono femminili (ovvero condotte o a prevalenza di conduzione da parte di donne): 1,3 milioni in termini assoluti, in aumento del 2,7% rispetto al 2014. Nelle attività commerciali e turistiche si arriva al 24,9% (alloggio e ristorazione 29,4%), quasi 500.000 unità, cifra costante rispetto al 2014, con una crescita però della dimensione media da 2,1 a 2,2 addetti per impresa.
Una indagine diretta realizzata da Confcommercio-Gruppo Terziario Donna su un campione di 369 imprenditrici e imprenditori del commercio, del turismo e dei servizi ha consentito di approfondire motivazioni distintive alla base del fare impresa. Dall’indagine emerge come la spinta a intraprendere per le donne sia dettata più da opportunità che da necessità, ovvero dalla voglia di valorizzare le proprie competenze e le proprie idee innovative puntando al successo personale ed economico (47% per le donne vs 38% uomini) piuttosto che dalla necessità di trovare lavoro o insoddisfazione per un precedente lavoro (indifferente dal punto di vista del genere). E tutto ciò evidenziando segnatamente anche il ruolo del passaggio generazionale (27% per le donne vs 23% uomini).
Le donne dichiarano di aver incontrato meno difficoltà nel fare impresa nel commercio, nel turismo e nei servizi rispetto agli uomini (58% vs 70%), evidenziando problemi analoghi a quelli citati dalla componente maschile (fisco e burocrazia in primis), ma aggiungendo in modo particolare anche i fattori legati al mercato (complessità, concorrenza sleale, ecc.) e la conciliazione lavoro-famiglia.
TN