La lettera firmata da 500 rider di tutta Italia ha messo in discussione la vulgata che in questi mesi era circolata sul mondo dei ciclofattorini. Rivendicazione della propria autonomia e possibilità di guadagnare, questi i punti principali della lettera. In merito a questo gruppo di rider Michele De Rose, segretario nazionale della Filt-Cgil, spiega al Diario come questi rappresentino solo una parte del frammentato mondo dei rider, che devono comunque essere ascoltati. Inoltre sottolinea che è solo il contratto nazionale con la contrattazione decentrata, che si possono garantisce i diritti e tutele collettive a tutti e quindi anche al singolo.
De Rose come giudica la lettera firmata da 500 rider?
Le posizioni espresse da una parte dei rider devo dire che sono “originali”. Naturalmente bisogna tenere conto di tutte le opinioni e le sensibilità che possono essere presenti all’interno di un mondo così variegato e a volte rarefatto. Ma questo non vuol dire che rappresentino la totalità dei lavoratori. Quello che posso dire è che noi abbiamo parlato, in questi mesi, con molti rider e il desiderio che li accumunava era quello di avere un lavoro che fosse tutelato.
Nella lettera i rider dicono l’introduzione di un minimo orario prevalente gli impedirebbe di guadagnare. Come risponde?
Come detto ci possono essere sensibilità diverse che vanno rispettate, ma il contratto nazionale offre tutta una serie di tutele, come il Tfr, la tredicesima e la quattordicesima, che permangono e che sono a beneficio di tutti i lavoratori. Certamente con la contrattazione decentrata si può e si deve tenere conto anche dei bisogni dei singoli. Ne è un esempio Firenze dove è stato introdotto il premio di risultato. Ma con una retribuzione minima oraria si crea una rete di sicurezza per tutti.
Dunque chi vorrà guadagnare di più potrà continuare a farlo?
Assolutamente sì.
Altra criticità per i rider firmati è l’obbligo di estendere alle piattaforme la stipula di un’assicurazione con l’Inail, perché i costi potrebbero avere effetti negativi sul lavoro. Cosa ne pensa?
Che è molto strano pensare che dei soldi spesi per la sicurezza, soprattutto in un lavoro come quello dei rider, possano avere un effetto negativo.
Ma i rider non contestano le tutele, anzi chiedono di migliorare le assicurazioni offerte dalle piatteforme. Contestano, semmai, l’obbligatorietà di questa misura, sostenendo che si tratta di una soluzione vecchia per un lavoro nuovo.
Anche qui si tratta di dare una rete di protezione universale per tutti i lavoratori. Sicuramente le piattaforme più grandi hanno la possibilità di offrire ai propri lavoratori delle forme assicurative, ma questo non è detto che avvenga nelle realtà più piccole. Attraverso l’Inail offriamo una base di sicurezza per tutti.
Il contratto collettivo nazionale rimane la vostra stella polare?
Certamente. È solo così che si può dare al lavoratore un ampio ventaglio di tutele, ed è solo grazie alla contrattazione che è possibile soddisfare le esigenze del singolo in un contesto collettivo.
Il decreto, così come è scritto, vi soddisfa?
No. Ci sono dei punti da rivedere, come il pieno riconoscimento della subordinarietà del rapporto di lavoro. C’è poi la questione del ranking che deve essere affrontata. Siamo comunque in una fase di riscrittura del testo.
In questi mesi è mutato il rapporto del sindacato coi rider?
Ci sono stati dei cambiamenti e dei miglioramenti. Sicuramente ci sono degli aspetti sui quali il sindacato deve ancora fare dei passi avanti. Non è facile intercettare i veri bisogni di un mondo cosi disomogeneo e frammentato come quello dei rider, così come per tutti i lavori della gig economy. C’è stato un avvicinamento, grazie anche a numerose iniziative messe in campo dalle camere del lavoro, sia come categoria che come confederazione, ma di strada da farne c’è ancora.
E il rapporto con le piattaforme?
Nullo. Le piattaforme sfuggono.
Come dovrebbe muoversi la politica?
Facendo meno proclami e più fatti. I vari tavoli indetti da Di Maio, quando era Ministro del Lavoro, sono stati un nulla di fatto.
Non crede che le piattaforme sfuggano anche per questo motivo?
Sicuramente la conduzione politica della vicenda rider non è stata positiva. La politica deve dare quella cornice di norme entro la quale operare, poi dovrebbe lasciare spazio alla contrattazione e ai suoi attori di giocare la partita.
Tommaso Nutarelli